(ANCORA) CANCELLAZIONE DELLE IMPRESE, E I DEBITI?

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Per chi non l'avesse fatto, consiglio innanzitutto di leggere l'ultimo interessante intervento di Giuseppe Mercurio pubblicato su questo blog. Ai più attenti non mancherà certamente di cogliere la sottile ironia dell'articolo nell'accostamento tra la livella di Totò e l'ormai ricorrente (o forse sarebbe meglio dire, famigerato) Decreto Semplificazioni.

Periodicamente il legislatore si dedica con solerzia a scrivere questo provvedimento, spesso riproponendo in tutto o almeno in parte "semplificazioni" già adottate in passato (con l'unico risultato di appesantire ulteriormente il nostro apparato normativo, *vd. nota in calce all'articolo). Tra le tante, basta leggere il riferimento ai 5 anni (vd. immagine) di inattività di un'impresa per legittimare lo scioglimento, ripreso praticamente uguale da uno dei precedenti Decreti Semplificazioni (...D.Lgs. 174/2004).

Fatta questa premessa, il tema della cancellazione delle imprese, di assoluta rilevanza, è lo spunto per fare il punto sugli aspetti relativi alla sorte dei debiti e crediti aziendali in caso di estinzione della società. Cerchiamo di fare un po' di chiarezza.

La cancellazione delle imprese. Debiti, crediti e sopravvenienze.

Una precisazione terminologica per evitare confusione: cancellazione o estinzione? Il dubbio non è infondato, in passato si distingueva infatti tra cancellazione (liquidazione formale) ed estinzione (liquidazione sostanziale, ossia effettiva estinzione di tutti i rapporti attivi e passivi). Per l'orientamento oramai prevalente, invece, cancellazione ed estinzione sono concetti che coincidono (...e, si noti, tale coincidenza garantisce la fissazione del momento preciso, conoscibile ai terzi, a partire dal quale la società cessa di esistere).

Per la giurisprudenza (tra le ultime sentenze, Ctr di Milano,20.5.2020, n. 789; Trib. Roma, sez. XIV , 14.2.2020 , n. 6074), se a seguito dell'estinzione della società, sia essa di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta (ndr: ossia la cessazione di tutti i rapporti, attivi e passivi, preesistenti), si determina un fenomeno di tipo successorio.
In altre parole, l’obbligazione della società non si estingue, - anche perché se così fosse i creditori sociali vedrebbero sfumare ingiustamente i propri diritti -, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, durante la vita della società, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali.
Dunque, se dopo la cancellazione della società residuino ancora debiti, a risponderne saranno esclusivamente gli ex soci, in qualità di “successori” della disciolta società, o i liquidatori (se il mancato pagamento è dipeso da loro colpa).

Inoltre, per quanto riguarda i diritti ed i beni non compresi nel bilancio di liquidazione, ovvero compresi nel bilancio ma non liquidati, essi si trasferiscono ai soci in regime di contitolarità o comunione indivisa mentre non sono oggetto di trasferimento ai soci le mere pretese ed i diritti di credito incerti o illiquidi, per i quali l’inerzia del liquidatore consente di presumere una rinunzia ad essi da parte della società.

Se questa è la disciplina relativa ai debiti, altra problematica frequente in materia di cancellazione della società è quella relativa alla disciplina delle “sopravvenienze”, ossia quelle attività e passività che si manifestano dopo l’estinzione della società stessa.
In particolare, si è posto il dubbio se l’esistenza di sopravvenienze potesse in qualche modo determinare il venire meno degli effetti della cancellazione, dando origine ad una sorta di reviviscenza della società, non essendo stati ancora definiti tutti i rapporti.

Le Sezioni Unite della Cassazione hanno invece precisato che affinché possa verificarsi tale situazione (in applicazione dell’art. 2191 c.c.), non è sufficiente l’esistenza di pendenze in capo alla società (c.d. dato statico), ma è necessario che, oltre ad esse, la società abbia continuato la propria attività (c.d. fatto dinamico).
In tal senso, è stato recentemente affermato che la cancellazione di una società a seguito del trasferimento della stessa all’estero (e, dunque, a seguito di un processo non di tipo “liquidatorio”) non determini l’estinzione della società stessa (Cass. 6388/2014).

*è notizia di questi giorni, pubblicata su La Stampa, che il Presidente dell'Ordine degli Avvocati di Roma abbia pesato, letteralmente, tutti i provvedimenti, regolamenti, circolari, ecc... emanati  dal Ministero della Giustizia e dal Tribunale di Roma per far fronte all'emergenza sanitaria. Più di 10 chili! Cos'altro aspettarsi? Magari un Decreto Semplificazioni Bis?

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