Bonus locazioni e riduzione del canone – l’inghippo

Download PDF

E’ noto che il decreto Cura Italia ha previsto a favore delle attività economiche sospese per emergenza Covit-19, svolte in locali C1, un bonus per il mese di marzo 2020 pari al 60% del canone di locazione, da utilizzare in compensazione in F24. Fortunatamente il decreto Rilancio è decisamente meno restrittivo e amplia a tutte le attività e a tutti gli immobili strumentali condizionando il bonus per i mesi di marzo, aprile e maggio solo al decremento del fatturato.

Tornando al Cura Italia, una prima criticità al di là della stretta limitazione riferita alla categoria catastale (negozi e botteghe) che ha escluso tra gli altri i negozi di grandi dimensioni (categoria D8 – tipico dei grandi negozi in edificio autonomo) è data dalla circostanza che per individuare i soggetti potenzialmente beneficiari del credito d’imposta si è fatto riferimento per esclusione ai codici ATECO di cui agli allegati 1 e 2 del DPCM 11/3/2020, che elencano le attività non soggette a chiusura (farmacie, generi alimentari, etc.).

I locali “mezzi aperti o mezzi chiusi”

Senonché, molte attività viceversa soggette a chiusura (ristoranti, bar, gelaterie, etc.) in quanto non comprese nell’elencazione del D.P.C.M. 11/3/2020 hanno comunque continuato la loro attività con servizi a domicilio. Ci si chiede se questi soggetti hanno diritto al bonus: concluderei in senso favorevole sia in forza del tenore letterale della norma (tesi oggettivamente deboluccia) sia soprattutto perché che, è ovvio, pur continuando l’attività questa è stata di molto ridotta.

I riaperti per successiva concessione

Altro aspetto critico è che con il successivo D.P.C.M. 22/3/2020 sono state individuate altre attività che potevano rimanere aperte (esempio, ricambi auto e officine) con la conseguenza che in via di principio non potevano fruire del bonus: senonché l’articolo 65 del Cura Italia (in Gazzetta 17/3/2020) certamente non poteva prevedere cosa sarebbe successo il 22 marzo. Sono del parere che le predette attività non precluse individuate tardivamente con il suddetto D.P.C.M. hanno comunque diritto al bonus posto che hanno potuto riaprire solo a decorrere dal 22 marzo, con evidenti danni economici.

La ricontrattazione del canone

Comprensibilmente molti conduttori di immobili commerciali hanno chiesto al proprietario una riduzione del canone di locazione e spesso questa è stata accordata.

Nella maggior parte dei casi l’orientamento è stato il seguente: dal momento che a fonte del canone contrattuale (1.000 euro) lo stato ti riconosce un bonus di 600 euro, ti riduco temporaneamente il canone di 400 euro. Senonché l’agenzia delle entrate con la Circolare n. 8 del 3/4/2020, a dispetto del tenore letterale della norma (ma del tutto condivisibilmente), ha chiarito che il bonus del 60% richiede che il canone sia pagato.

Se così è, ne consegue che a fronte del pagamento del canone (600 euro) il bonus si riduce a 360 euro (600*60%).

Or dunque, il locatario ha pagato 600 euro (che essendo fiscalmente deducibile fa risparmiare il 24% di Ires e il 3,9% di Irap) con un conseguente costo effettivo residuo di 600-167= 433 euro. Ma ha anche ottenuto un credito d’imposta (non tassato ai fini delle imposte sui redditi e Irap) di 360 euro (600*60%).

Alla fine dei conti abbiamo 433-360 = 72 euro (costo del fitto del mese di marzo 2020). Se poi si tratta di un soggetto Irpef, per via dell’eventuale aliquota a scaglione superiore al 24%, non si può escludere che quei 72 euro vengano addirittura ad azzerarsi.

Direi che non ci si può lamentare (almeno del fitto, poi sul resto glisso!).

Che ne dite?

Download PDF

Nessun commento ancora


Lascia un commento

E' necessario autenticarsi per pubblicare un commento