Cashback, compliance e lotteria degli scontrini: il contrasto all’evasione fiscale diventa “psicologico”

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Attraverso un utilizzo massiccio delle banche dati, nell'imminente futuro si passerà dalle modalità di accertamento basata su selezione digitale dei contribuenti da sottoporre a controllo.
Vi sarà una profilazione del grado di rischio di evasione del contribuente basata su strumenti fortemente tecnologici. Per difendersi sarà sempre più necessaria la conoscenza delle tecniche di accertamento. Mentre, tuttavia, l'Agenzia delle entrate sta apparecchiando un simile futuro, per indurre i contribuenti a un comportamento sempre più in linea con un corretto adempimento, sta potenziando anche nuovi fronti di “contrasto psicologico” all’evasione fiscale.

E, da ultimo, con la legge di Bilancio 2021 (art. 1, commi da 2 a 7, legge n. 178 del 30 dicembre 2020), è nato il Fondo per la fedeltà e le risorse necessarie per alimentarlo saranno costituite dalle maggiori entrate derivanti dal miglioramento dell’adempimento spontaneo, la compliance fiscale. Per la prima volta nella storia il legislatore, anziché ascrivere nella legge di Bilancio maggiori entrate relative alle attività di contrasto all’evasione fiscale, preferisce dare rilievo ai maggiori incassi che possono essere stimati come frutto dell’attività di tax compliance e di persuasione all’adempimento da parte dei contribuenti, un'attività enormemente cresciuta negli ultimi anni.
E' un cambio di prospettiva ovviamente importante.
I dati più recenti indicano infatti che negli ultimi anni le attività ascrivibili alla compliance fiscale sono notevolmente cresciute.

La Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2020 evidenzia come - dal 2015 al 2019 - il numero delle comunicazioni di irregolarità inviate ai contribuenti sia cresciuto in maniera esponenziale passando dalle circa 500.000 comunicazioni del 2015 agli oltre due milioni del 2019.
All’interno delle comunicazioni di irregolarità, la parte preponderante è rivestita dalle comunicazioni di anomalia LIPE, ovvero sulle liquidazioni periodiche IVA, di cui all’art. 4 del D.L. n. 193/2016.
Alla crescita esponenziale delle comunicazioni di compliance nell’ultimo quinquennio si contrappone invece una decrescita, costante, del numero di accertamenti effettuati dall’Agenzia delle Entrate.

La relazione annuale della Corte dei Conti ci dice che nel quinquennio 2015-2019 il numero di accertamenti effettuati dall’Agenzia delle Entrate è sceso di circa 100 mila unità, passando dai 631.985 accertamenti del 2015 ai 531.711 del 2019 (-16,5% circa).
Se le due tendenze evidenziate dovessero continuare anche nei prossimi anni - e la disposizione della legge di Bilancio 2021 sembra spingere proprio in tale direzione - ci potremmo trovare di fronte a uno scenario in cui il rischio di subire un accertamento sarà ridotto al lumicino, mentre l’azione di pressione psicologica da parte del fisco sarà elevata alla massima potenza.

Ovviamente, oltre all’azione finalizzata all’adempimento, il legislatore sta cercando di ridurre l’evasione fiscale aumentando il conflitto di interessi fra le parti contrapposte delle operazioni economiche.
Il concetto si basa sul fatto che se una parte (acquirente) riceve un beneficio, diretto o indiretto, dalla circostanza che il suo acquisto sia correttamente certificato dal punto di vista fiscale, è assai probabile che la tentazione di non emettere fattura o scontrino tenda a ridursi.

Vanno in questa direzione le due operazioni che l’Amministrazione finanziaria sta sponsorizzando, conosciute come cashback e lotteria degli scontrini.
Attraverso uno sconto sugli acquisti e la possibilità di una vincita in denaro, il fisco spera che i consumatori italiani siano i primi guardiani dissuasivi per le controparti nel non certificare le singole operazioni.

Peraltro, nei confronti dell’esercente reticente nell’emissione del documento fiscale e che impedisse al consumatore la partecipazione alle due operazioni a premio, vi sarà la possibile segnalazione di tale comportamento attraverso apposite funzionalità presenti sul sito dell’Agenzia delle Entrate.
Prendiamo allora atto della speranza del legislatore con la quale si crede che ampliando il conflitto di interessi fra le parti si ridurrà l’evasione fiscale.
I dati, in realtà, ci dicono che mentre in alcuni comparti tale esperimento ha dato risultati importanti (es. agevolazioni fiscali nell’edilizia), in altri ha avuto minore capacità.

L’esempio di un settore in cui il conflitto di interessi è da sempre presente, senza che allo stesso si possano ascrivere concreti risultati in chiave antievasione, è quello degli oneri e delle spese che danno diritto ad una detrazione IRPEF del 19% (si pensi, ad esempio, all'odontoiatra). Per molte di esse, infatti, il contribuente preferisce gli sconti, spesso ben più allettanti e immediati, proposti dal committente, contribuendo ad alimentare quella “evasione consensuale” che ha un’incidenza non certo trascurabile sull’ammontare complessivo annuo del sommerso fiscale. Ma il contrasto di interessi funziona benissimo solo quando l'aliquota della detrazione è alta, ovvero quando alla fin fine a rimetterci economicamente è tendenzialmente l'Erario. Ovviamente, però, c'è un non trascurabile aspetto etico di cui tener conto in questi ragionamenti.

In ogni caso, le attività di compliance hanno sicuramente contribuito alla crescita del gettito annuale perché, anche in materia fiscale, prevenire è sempre meglio che curare. Mentre il successo del cashback o del nuovo fondo fedeltà, lo scopriremo solo vivendo...

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