L’accertamento firmato digitalmente e notificato su carta è valido

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E' valido l’atto di accertamento sottoscritto con firma digitale anziché con firma autografa e notificato in copia cartacea, anziché a mezzo PEC. sono queste le conclusioni a cui è approdata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 1150, depositata lo scorso 21 gennaio.

L’atto impugnato era stato notificato in data 15 novembre 2016 e l’eccezione di nullità proposta dal ricorrente, in ordine all’avviso firmato digitalmente, aveva riguardo alle modifiche dell’art. 2 comma 6 del DLgs. 82/2005, il quale nella formulazione vigente ratione temporis prevedeva che “le disposizioni del presente Codice non si applicano limitatamente all’esercizio delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale”.

Secondo l’Agenzia delle Entrate, che riteneva legittimo il proprio operato, nel periodo in cui si sono svolti i fatti, in forza della disposizione richiamata, il Codice dell’Attività amministrativa (DLgs. 82/2005) si poteva applicare all’attività istituzionale di accertamento dell’Agenzia delle Entrate, essendo esclusa dall’ambito applicativo della norma solo l’attività di verifica e di controllo rappresentata dagli accessi, ispezioni e verifiche. Viceversa, il contribuente riteneva non applicabile il CAD e conseguentemente, nullo l’avviso di accertamento ricevuto, per difetto di sottoscrizione.

I Giudici hanno accolto la tesi delle Entrate. Nella limitazione della norma non devono essere inclusi gli avvisi di accertamento che nel periodo compreso tra il 14 settembre 2016 e fino al 26 gennaio 2018 potevano, quindi, essere emessi nella forma del documento informatico e sottoscritti digitalmente. Nello specifico, per la Suprema Corte  “gli atti impositivi non rientrano tra gli atti emessi nell’esercizio delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale, a cui sono certamente riconducibili gli atti adottati in occasione di indagini e verifiche ispettive propedeutiche all’esercizio del potere di accertamento e di irrogazione di sanzioni, bensì tra gli atti eventualmente emessi «all’esito» delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale, attività che potrebbero concludersi (..) senza l’emissione di un atto impositivo”.

L’esclusione degli atti propedeutici dall’applicazione del CAD viene ricondotta al fatto che nell’ambito delle attività di verifica è richiesta la partecipazione del contribuente che potrebbe non essere munito dello strumento necessario per firmare digitalmente, ragione per la quale applicare il CAD in questa fase determinerebbe un aggravio del diritto alla difesa.

Gli Ermellini hanno poi rilevato come le modifiche che hanno riguardato l’art. 2 comma 6, mediante l’aggiunta del comma 6-bis ad opera dell’art. 2 lett. d) ed e) del DLgs. 217/2017 entrato in vigore il 27 gennaio 2018, hanno previsto esplicitamente l’applicabilità del CAD “agli atti di liquidazione, rettifica, accertamento e di irrogazione delle sanzioni di natura tributaria”. Secondo i giudici tale modifica normativa conferma “l’impostazione esegetica che distingue l’attività di accertamento da quella di controllo fiscale”.

Infine, i giudici hanno ritenuto legittima la notifica dell’atto con modalità cartacea, anziché a mezzo PEC come richiesto per gli atti sottoscritti digitalmente, in quanto comunque l’atto ha raggiunto il proprio scopo, ritenendo sufficiente la circostanza che sull’atto notificato era stata apposta l’attestazione di conformità della copia cartacea all’originale ex art. 23 del CAD, a mente del quale “le copie su supporto analogico di documento informatico, anche sottoscritto con firma elettronica (...) hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale da cui sono tratte se la conformità all’originale in tutte le sue componenti è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato”.

Inoltre, in data 15 novembre 2016 non era prevista la notifica a mezzo PEC degli atti impositivi, essendo stata introdotta solo a decorrere dal 1° luglio 2017.

Ricordiamo, invece, come la sentenza della CTR Piemonte n. 842/4/2019 avesse, tra le altre, considerato nullo l’avviso di accertamento sottoscritto digitalmente e notificato a mezzo posta prima del 27 gennaio 2018, data dell’entrata in vigore del nuovo art. 2 comma 6 del DLgs. 82/2005 (Codice dell’amministrazione digitale o CAD) che, come detto, ha definitivamente sancito la possibilità di sottoscrivere digitalmente gli atti dell’Amministrazione finanziaria.

Quindi, anche il filone giurisprudenziale relativo alla nullità dell’avviso di accertamento sottoscritto digitalmente, prima dell’entrata in vigore dell’ultima versione del CAD, del gennaio 2018, si avvia probabilmente ad un inesorabile declino.

Invero, era stato un filone che su questi temi ed altri temi affini era stato piuttosto nutrito (C.T. Prov. Campania n. 3848/26/19, C.T. Prov. Treviso n. 55/2018, C.T. Prov. Vicenza n. 113/3/18, C.T. Prov. Pescara n. 926/2017) e che, pur con varie differenze, aveva visto sanzionare con la nullità gli atti impositivi notificati a mezzo posta e sottoscritti digitalmente.

Simili atti, difatti, si sarebbero posti in violazione dell’art. 42 del DPR 600/73, a mente del quale la sottoscrizione del capo ufficio o di altro impiegato alla carriera direttiva da questi delegato costituisce uno degli elementi imprescindibili (assieme alla motivazione e all’indicazione dell’imponibile e dell’imposta accertata) per la legittimità dell’avviso di accertamento. Ma ancora una volta, invece, vita grama per la difesa tributaria...

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