L’esito della sentenza ancorché appellabile guida il reddito imponibile

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La risposta fornita dall’Agenzia delle entrate all’interpello presentato da una ente di categoria, in materia di competenza temporale riferita agli esiti di un contenzioso civilistico non ancora definitivo, non meraviglia più di tanto, ma risulta certamente contraddittoria rispetto a precedenti pronunce ancorché riferite alla (in)certezza della perdita su crediti.

Il ribaltamento della decisione nei gradi successivi del contenzioso

Il quesito attiene all’interpretazione degli articoli 83 (Determinazione del reddito complessivo) e 109 (Norme generali sui componenti del reddito d’impresa) del Tuir. In particolare, l’istante ha rappresentato che, come spesso accade, in base ad una sentenza di primo grado che riconosce un risarcimento del danno, la parte vittoriosa, sia essa micro impresa che OIC adopter, imputa in tale momento il componente positivo a reddito, assolvendo le relative imposte.

Successivamente, in caso di sentenza di appello o di Cassazione che riforma la sentenza di grado precedente, si verifica una situazione in cui la predetta parte processuale deve restituire l’importo incassato sul quale ha versato imposte e dunque su un reddito al quale ha contributo un componente positivo rivelatosi “incerto” nell’an e nel quantum.

L’istante osserva che nel caso specifico in cui un componente reddituale emerga a seguito di condanna a un risarcimento del danno, accertato con lodo arbitrale, l’Amministrazione Finanziaria ha affermato in passato che il lodo, essendo definitivo e irrevocabile, fa si che esso individui il d’imposta di riferimento del reddito che ne scaturisce.

La proposta interpretativa dell’istante

Tuttavia, secondo l’istante, il requisito della “certezza” del credito, deve essere riferito alla definitività di una sentenza o di un lodo arbitrale che accerta nell’an e/o nel quantum il componente medesimo. La sentenza può essere appellata e anche il lodo per quanto definitivo e irrevocabile può essere oggetto di impugnazione per nullità, revocazione e per opposizione di terzo.

A tale riguardo l’istante fa presente che la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con sentenza n. 23225 del 2016, ha stabilito che un credito può essere considerato certo se il titolo non può essere contestato in sede giurisdizionale e la sua esistenza risulti assolutamente certa in virtù di una sentenza passata in giudicato. Secondo l’istante tali conclusioni sono peraltro coerenti con il principio di prudenza espresso al paragrafo 48 dell’OIC 31.

Dunque, la certezza nei casi rappresentati (primi gradi di giudizio) si ha, ma non si ha la definitività. D’altronde, anche l’Agenzia delle Entrate (Risposta n. 119 del 2018), con specifico riguardo ai soggetti OIC Adopter che adottano il principio di derivazione rafforzata, ha utilizzato il termine “definitivo” per affermare che il componente positivo del reddito fissato con sentenza, partecipa alla determinazione del reddito d’impresa se il lodo che lo ha stabilito è definitivo.

In definitiva, secondo l’Istante, per imputare a reddito l’importo del risarcimento occorre attendere il passato in giudicato.

La risposta dell’Agenzia

L’agenzia delle entrate nel dichiararsi non d’accordo con la proposta interpretativa dell’istante, richiama il comma 1 dell’articolo 109 del TUIR, il quale dispone che “I ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi, per i quali le precedenti norme della presente Sezione non dispongono diversamente, concorrono a formare il reddito nell'esercizio di competenza; tuttavia i ricavi, le spese e gli altri componenti di cui nell'esercizio di competenza non sia ancora certa l'esistenza o determinabile in modo obiettivo l'ammontare concorrono a formarlo nell'esercizio in cui si verificano tali condizioni”.

Fin qui nulla questio.

Ciò che un po’ sorprende (a prescindere dall’esito della risposta) e che l’Agenzia richiamando la relazione dell’On. Mario Usellini all’articolo 75 (ora 109) del TUIR, afferma che in coerenza con i princìpi della legge delega, si deve ritenere che la ragionevole certezza circa i ricavi e i costi si verifichi nel momento in cui le tecniche aziendali ritengono definitivamente formato il componente di reddito, affidando al meccanismo delle sopravvenienze attive e passive le successive, pur sempre possibili, correzioni di importo.

Senonché, non risulta a chi scrive che esistano tecniche aziendali codificate se non quelle, citate dall’istante, riferite ai principi OIC che invitano alla prudenza quando si tratta di contabilizzare i ricavi. A meno che non si voglia riesumare i principi contabili IRI (si proprio l’Istituto Ricostruzione Industriali) che erano reperti archeologici già quando il sottoscritto aveva i calzoncini corti. E di tempo ne è passato, purtroppo: comunque non ricordo se sul caso specifico si esprimessero.

Per completezza riporto anche l’ulteriore passaggio della risposta dell’agenzia che sintetizza la propria presa di posizione. Per quanto concerne i componenti di reddito derivanti da provvedimenti giurisprudenziale, l’agenzia richiama la R.M. 27 aprile 1991, n. 9/174 nella quale è stato chiarito che “esaminato il caso specifico e gli elementi emergenti dalla causa, dai quali risulta che il debito è direttamente connesso all'attività svolta dall'ente nell'esercizio del credito industriale e configura un onere certo ed oggettivamente determinabile, in quanto discende da una sentenza avente efficacia esecutiva, si ritiene che detto onere è deducibile per competenza e cioè, ai sensi dell'art. 75, comma 1, (oggi, articolo 109, comma 1) del Testo Unico delle imposte sui redditi, nell'esercizio in cui la sentenza medesima è venuta a  giuridica esistenza, indipendentemente dalla circostanza che esso sia stato pagato o meno”.

Le medesime considerazioni devono intendersi riferibili ai componenti positivi di reddito relativi alla sottoscrizione di un lodo arbitrale. L'indennizzo stabilito con lodo arbitrale, indipendentemente dal trattamento contabile, dunque, rappresenta un provento fiscalmente rilevante ai fini del reddito di impresa relativo all'anno d’imposta in cui il lodo è sottoscritto, ai sensi dell’articolo 109, comma 3, del TUIR, suscettibile di essere rettificato nel caso in cui eventi giuridici successivi non confermassero l’entità dell'indennizzo riconosciuto nel lodo.

Quindi, non incide sul momento in cui deve avvenire l’imputazione fiscale, né il passaggio in giudicato della sentenza né, tanto meno, l’iter del contenzioso stesso, poiché, qualora la decisione fosse modificata nei successivi gradi di giudizio, si realizzerebbe una sopravvenienza passiva, che concorre alla formazione del reddito, ai sensi dell’articolo 101 del TUIR.

Due pesi, due misure

Peccato che tale principio non valga in senso inverso, vale a dire quello della perdita su crediti. Infatti, nella Risoluzione n. 16 del 23 gennaio 2009 l’Agenzia ebbe a esaminare un’istanza prodotta da una società di ristrutturazioni edili che aveva realizzato importanti opere nei confronti di due ASL e vantava conseguentemente rilevanti crediti verso le stesse. Nel caso di specie:

  • il creditore non aveva potuto presentare istanza di fallimento nei confronti dei due soggetti posto che le ASL essendo enti pubblici non possono fallire;
  • la Regione aveva costituito una comunione di beni immobili spogliando le Asl e facendo confluire gli immobili in un fondo comune di investimento di tipo chiuso, rendendo i beni impignorabili e non ipotecabili;
  • la società creditrice aveva emesso decreto ingiuntivo verso l’ASL maggiore debitrice, tentando di aggredire i conti correnti bancari, con conseguente pignoramento, ma infruttuoso.

Ebbene, nonostante tutto ciò, l’Agenzia delle entrate ha ritenuto che tali elementi non fossero utili per attestare fiscalmente la perdita del credito: ancorché il Tribunale abbia emesso un decreto ingiuntivo cui ha fatto seguito un atto di precetto e il conseguente pignoramento presso terzi, rimasto infruttuoso, tale situazione non può “ritenersi di per sé rivelatrice dell’esistenza di una definitiva perdita sui crediti … non potendosi escludere l’eventualità che, anche nel breve termine, il debitore riesca, in tutto o in parte, ad assolvere le proprie obbligazioni”.

Dunque, quando si tratta di dedurre la perdita su crediti la certezza richiede la definitività della perdita. Il meccanismo perequativo della sopravvenienza attiva laddove poi si dovesse miracolosamente incassare, non è concesso.

Conclusioni

Vi prego cortesemente di apprezzare la sostanza e di non perdervi in sottili e dotte disquisizioni volte alla lettura logico sistematica della norma, onde affermare che i principi OIC per la perdita su crediti richiedono lo stralcio dal bilancio e, dunque, l’abbandono del tentativo di recupero del credito.

D’accordo.

Allora anche Jonny lo zingaro, la licenza premio, in base alla legge, se la meritava.

E allora W la legge! Che è uguale per tutti.

..forse.

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