Quella follia della proroga automatica dei contratti a termine e di apprendistato!

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Si era già parlato in precedenti articoli del blog di “quel Decreto”. Quel decreto che doveva chiamarsi “Decreto Aprile” diventato poi, a maggio ben inoltrato, il “Decreto Rilancio” (DL 34 del 19 maggio). Quello stesso Decreto Legge, modificato ancor prima di essere convertito in Legge dal successivo Decreto n. 52 del 16 giugno, partorito nei periodi della tanto discussa Conferenza degli Stati Generali tenutasi nella suggestiva cornice di Villa Pamphili a Roma. Quel Decreto Rilancio, è stato recentemente convertito (mi perdonino i superstiziosi!) nella Legge venerdì 17 luglio 2020 n. 77.

In sede di conversione, tuttavia, sono state poste delle modifiche non particolarmente significative, sul piano degli ammortizzatori sociali. Chi, come il sottoscritto, si aspettava un’estensione degli ammortizzatori sociali è rimasto decisamente a bocca asciutta. In luogo di questo, il legislatore ha riservato una “sorpresa” per niente facile da risolvere per gli operatori del settore, aziende o consulenti che siano: il comma 1-bis, Art. 93, del DL convertito.

Come si ricorderà, l’art. 93 già si riferiva ai contratti a termine. Per gli stessi era stata prevista, per far fronte al riavvio delle attività in conseguenza all'emergenza epidemiologica da COVID-19, la possibilità di rinnovare o prorogare (NON ASSUMERE!) fino al 30 agosto 2020 i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato (ma solo quelli in essere al 23 febbraio!) anche in assenza delle tanto pericolose causali contenute all’articolo 19 comma 1 del D Lgs. 81/2015.

Su questo si è già scritto molto, e credo che ulteriori commenti siano superflui nell’argomentare l’inutilità di un provvedimento che salverebbe l’obbligo delle causali solo per taluni contratti, solo con effetto sino al 30/08/2020 (data in cui dovrebbe terminare il rapporto, non entro cui sottoscrivere il contratto di rinnovo o proroga!).

A completare l’elenco delle stravaganze arriva il comma 1-bis del già citato art. 93, secondo il quale il termine dei contratti di lavoro degli apprendisti e dei contratti di lavoro a tempo determinato, anche in regime di somministrazione, è prorogato di una durata pari al periodo di sospensione dell'attività lavorativa, prestata in forza dei medesimi contratti, in conseguenza dell'emergenza epidemiologica da COVID-19.

Sugli apprendisti, ad onor del vero, non si aggiunge assolutamente nulla di nuovo. Forse il Legislatore non ricordava che già l’articolo 2 c. 4 del D. Lgs. 148/2015 (Decreto per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro) prevedeva che alla ripresa dell'attività lavorativa a seguito di sospensione o riduzione dell'orario di lavoro, il periodo di apprendistato fosse prorogato in misura equivalente all’ammontare delle ore (ORE!) di integrazione salariali fruite. Ciò significava (e significa tuttora) che, tanto per gli ammortizzatori sociali ordinari quanto per quelli per “Causale Covid-19”, la proroga fosse automatica. Occorrerà tenere conto di tutte le ore di assenza effettuate durante il periodo formativo e, una volta terminate le riduzioni / sospensioni di attività, quantificarne in giornate per calcolare conseguentemente la proroga contrattuale.

La domanda che, in recenti convegni continuo a proporre a colleghi è la seguente: Cosa succede se non procedo secondo queste indicazioni? Quali sono le conseguenze nel voler ignorare questa previsione?

DIPENDE!

Dipende se l’azienda intende qualificare l’apprendista o – invece – esercitare il potere di recesso alla fine del periodo formativo.

Nel primo caso, nessuno (né lavoratore né INPS /organi ispettivi in generale) potrà mai contestare la scelta di non “avvalersi” di una proroga (termine che non amo molto utilizzare nell’apprendistato) del contratto formativo. Per il lavoratore si tratterrebbe di una qualificazione anticipata, così come per l’INPS che si troverebbe anticipato il pagamento dei contributi in misura piena.

Cosa ben diversa invece è l’ipotesi di recesso (datoriale) del contratto di apprendistato. In questo caso il diritto di recesso, previsto dall’art. 42 c. 4 del D. Lgs. 81/2015 si può esercitare esclusivamente “Al termine del periodo di apprendistato”. Come insegna il buon John Wayne, occorre prendere bene la mira (tradotta per noi: occorre fare bene i calcoli!) poiché un licenziamento effettuato anche un solo giorno prima o un solo giorno dopo rispetto alla qualificazione del lavoratore, porterebbe automaticamente come conseguenza l’illegittimità del licenziamento.

Quanto al rapporto a termine ed ai contratti di somministrazione, la stessa disposizione opera come obbligo normativo: vengono prolungati automaticamente in funzione delle sospensioni dell'attività lavorativa in conseguenza dell'emergenza epidemiologica da COVID-19.

Restano aperti ancora molto dubbi, ma ormai siamo abituati ad un legislatore impreciso ed incompleto:

  • Quando si parla di “proroga” in funzione alle sospensioni dell’attività lavorativa” si intende solo per le sospensioni o anche per le riduzioni? Si ricorda che per l’apprendistato erano anche le sole ORE (anche quindi di riduzione) a prorogare l’apprendistato. Questa norma invece parrebbe riferirsi alle sole sospensioni delle attività lavorative;
  • Quando si parla di “proroga”, questa va a sommarsi alle proroghe massime previste dall’art. 21 del DL 81/2015? E se il contratto fosse già stato prorogato per quattro volte (limite massimo) comporterebbe una trasformazione automatica dello stesso a tempo indeterminato? Risponderei in senso negativo ad entrambi i quesiti, ma sarebbe stato opportuno scriverlo e non lasciare questo dubbio agli operatori del settore o a futuri interventi giurisprudenziali!
  • Se il contratto avesse già raggiunto la durata massima dei 12 mesi (acausale) o 24 mesi, come ci si potrebbe relazionare con questa “proroga” che, in molti casi, farebbe sforare i limiti massimi sopra indicati? Comporterebbe una trasformazione automatica del contratto stesso a tempo indeterminato?
  • L’assenza delle causali o lo sforamento dei periodi di stagionalità in contratti stagionali che, in relazione a queste proroghe, vengono superate comportano, per il lavoratore, un diritto ad una conversione automatica del rapporto di lavoro?

I dubbi che questo provvedimento, scritto in modo così generico lascia, sono oggettivamente molti.

Resta l’amarezza nelle considerazioni già fatte: forse sarebbe stato più opportuno non lasciare così tanti dubbi interpretativi agli operatori del settore o, ancora meglio, non introdurre provvedimenti così gravosi atti solo a mettere a repentaglio la continuità aziendale obbligando le stesse aziende, spesso senza lavoro, a farsi carico di retribuzioni e contribuzioni non supportate da effettive esigenze produttive.

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