A volte, perdono pure i falchi: l’infedele dichiarazione assorbe l’omesso versamento

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Con la sentenza n. 27963/2020, la Corte di Cassazione ha preso posizione su un tema che da molto tempo dilaniava il dibattito tra falchi e colombe. Un confronto non solo dottrinale, ma interno anche alla stessa Agenzia delle Entrate.

Dal punto di vista sanzionatorio, che rapporto c'è tra omessa/infedele dichiarazione e omesso versamento?

Come noto, nel momento in cui il contribuente omette di presentare la dichiarazione annuale, oppure la presenta indicando un imponibile inferiore a quello reale e, quindi, realizza una violazione disciplinata dagli artt. 1 e 5 del DLgs. 471/97, viene punito con una sanzione proporzionale calcolata sull’imposta che sarebbe stata dovuta qualora la dichiarazione fosse stata presentata correttamente (ordinariamente, per l'infedele dichiarazione, la sanzione spazia dal 90 al 180%).
Diversamente, se il contribuente non versa quanto ha fedelmente dichiarato concretizza una violazione punita nella misura del 30% dell’imposta. In caso di "lieve" tardività dell'omesso versamento (tardivo versamento contenuto nei 90 giorni), la sanzione è del 15%. in caso, invece, di "lievissima" tardività del versamento (se il ritardo non supera i 14 giorni), la sanzione è del 15% ridotto a 1/15 per ogni giorno di ritardo.

Risolvendo, allora, la questione in senso sfavorevole ai falchi, la Suprema Corte ha statuito che se vengono dichiarati imponibili inferiori a quelli reali, è irrogabile la sola sanzione da infedele dichiarazione, che, in quanto più grave, assorbe quella da omesso versamento, atteso il fatto, come le colombe sostenevano da tempo, l’ipotesi sanzionatoria per omesso versamento presuppone che le imposte vengano regolarmente dichiarate.
Secondo gli Ermellini, l’infedeltà dichiarativa “copre non solo la violazione formale dell’infedele dichiarazione (...), recante un importo inferiore a quello realmente dovuto, ma anche il conseguente ed inevitabile mancato versamento dell’imposta effettivamente dovuta, non potendo ovviamente, in tal caso, la parte contribuente provvedere materialmente al versamento dell’importo corretto, atteso che il pagamento corrisponde al dato indicato nella stessa dichiarazione”.

Con un atteggiamento diffuso in molti uffici periferici del Nord, in un Paese geograficamente diviso anche per interpretazioni accertatrici variabili su base territoriale, un contribuente, dopo aver ricevuto un accertamento con irrogazione della sanzione da dichiarazione infedele, aveva deciso di prestare acquiescenza. A quel punto, però, in un ufficio dell’Agenzia delle entrate, ove a prevalere era stata la visione dei falchi, aveva notificato anche un atto di contestazione per pretendere pure l'irrogazione delle sanzioni da omesso versamento di quelle imposte da versare qualora la dichiarazione fosse stata presentata correttamente.
Sul punto, però,  i giudici del Palazzaccio non mostrano incertezze: si ha omesso versamento solo se non si versano le imposte dichiarate, una circostanza che peraltro aprirebbe la strada del Fisco per procedere non già ad un accertamento sostanziale, ma alla liquidazione automatica della dichiarazione ex art. 36/bis del DPR 600/1973 ed art. 54/bis del DPR 633/1972, funzionale alla produzione sia del cd. avviso bonario (in questi casi, sempre secondo giurisprudenza, da ritenere non obbligatorio), che alla eventuale e successiva cartella di pagamento.

Invero, un paio d'anni fa (Cass. 14 novembre 2018 n. 29299), i giudici si erano pronunciati in senso opposto diametralmente opposto sul tema della relazione tra sanzione da omessa/infedele fatturazione (art. 6 del DLgs. 471/97) e omesso versamento (art. 13 del DLgs. 471/97), affermando che le due violazioni fossero da ritenere autonome.
Poiché, però, anche nel descritto caso siamo in analoga situazione in cui il versamento non può che presupporre una corretta fatturazione, i principi espressa dalla sentenza in commento ben potrebbero ritenersi applicabili anche per le ipotesi di violazione in tema di fatturazione.

Nondimeno, i principi di legittimità affermati in una sentenza che affronta una questione IVA potranno ovviamente estendersi alle imposte sui redditi ed IRAP e possono essere anche applicati al caso della dichiarazione omessa e anche alle ipotesi in cui da un'eventuale dichiarazione infedele il Fisco pretendesse di sanzionare l'utilizzo in F24 di credito indebitamente compensato, poiché le violazioni sui versamenti/compensazioni presuppongono necessariamente imposte dichiarate.

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