ACCANTONAMENTO TFM, DEDUCIBILITA’ SENZA LIMITI

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Pur essendo sostanzialmente assimilabile all’indennità di fine rapporto prevista per i lavoratori dipendenti, l'indennità di fine mandato (Tfm) corrisposta a favore degli amministratori, deve essere considerato un costo deducibile nell’ammontare senza i limiti posti dalla normativa civilistica e fiscale per il trattamento di fine rapporto dei lavoratori subordinati. sono queste le conclusioni a cui è recentemente approdata anche la sentenza della Ctr Lombardia 3749/16/2018.

La vicenda ivi esaminata si riferisce al contenzioso instaurato da una Sas e relativi soci nei confronti di un avviso di accertamento con il quale l’agenzia delle Entrate recuperava a tassazione l’indebita deduzione dell’accantonamento a titolo di Tfm per i compensi corrisposti agli amministratori della società.
I giudici della Ctp di Lecco avevano accolto integralmente il ricorso, motivando che il rinvio contenuto nell’articolo 105 del Tuir al Tfr, contrariamente a quanto sostenuto dall’amministrazione finanziaria, ha esclusivamente il significato di ammettere anche l’accantonamento dell’indennità di fine mandato degli amministratori alla pari dei lavoratori dipendenti e che tale indennità rappresenta un costo fiscalmente deducibile, deliberato dalla società e previsto dallo statuto, che non prescrive alcun particolare ed ulteriore adempimento.
L’Ufficio appellava quella che, a suo parere, era un'interpretazione erronea data dalla Ctp sul comma 4 dell’articolo 105, ribadendo che il rinvio del legislatore fiscale alle leggi applicabili per il Tfr doveva considerare che anche l’accantonamento al Tfm soggiace ai precisi limiti di deducibilità previsti per il Tfr, ovvero non in misura superiore alla retribuzione annua divisa 13,5. Nel caso di specie, peraltro, per gli amministratori della società accertata sarebbe stato assai complicato procedere a determinare tale quota del compenso annuo quale quota deducibile, in quanto non era stato previsto un emolumento su base annua.
Il Collegio regionale meneghino, allora, ha deciso di confermare la sentenza di primo grado, ritenendo che la detraibilità dell’accantonamento dei compensi degli amministratori non deve essere determinata con le stesse regole previste per i lavoratori dipendenti. Il legislatore fiscale, infatti, non ha dettato una normativa derogatoria per tali accantonamenti, ma ha operato un richiamo alla disciplina civilistica prevista per i lavoratori dipendenti, ammettendo parimenti quale costo deducibile nel conto economico della società anche l’accantonamento di fine mandato, ma per la cui determinazione è necessario far riferimento alle diverse disposizioni legislative e contrattuali che regolano il rapporto tra amministratori e società e non alle disposizioni relative ai lavoratori dipendenti.
La disciplina di riferimento, proseguono i giudici milanesi, è data dagli articoli 2364 e 2389 del Codice civile dove viene chiaramente stabilito che il compenso spettante agli amministratori viene fissato dall’assemblea dei soci se non è stato stabilito all’atto della nomina e/o nello statuto della società e, nel caso di specie, l’accantonabile era stato espressamente stabilito nel verbale di assemblea.
In ragione, quindi, del principio fiscale della deducibilità per competenza, in base al quale il diritto alla percezione deve derivare da un atto con data certa anteriore all’inizio del rapporto, non vi era alcun dubbio che sul verbale si fosse a suo tempo stabilito il quantum e da ciò la Ctr ne fa discendere la conseguenza che il Tfm è deducibile per quota stabilita per anno in base al principio di competenza ed il parallelo compiuto dall’Ufficio con il Tfr «è da ritenersi inconferente stante il fatto che il rapporto dell’amministratore con la società è inquadrabile come mandato e non come rapporto di lavoro subordinato».
Nel sistema attuale, quindi, la spettanza e la deducibilità degli emolumenti a favore degli amministratori è determinata dal consenso che si forma tra le parti, senza che all’ufficio sia riconosciuto un potere specifico dì valutazione di congruità. Il principio che viene pertanto affermato è che l’indennità di fine mandato, pur essendo sostanzialmente assimilabile all’indennità di fine rapporto prevista per i lavoratori dipendenti, si differenzia da essa in quanto non ha limitazione alcuna nell’ammontare, non esistendo alcuna norma di riferimento, dovendosi, tuttavia, ribadire come, ai fini della deducibilità in argomento, che il diritto a percepire l’indennità derivi da un atto avente data certa, anteriore all’inizio del rapporto è un presupposto ritenuto dirimente.
Secondo l'Agenzia delle Entrate, infatti, per effetto del richiamo operato dall'art. 105 co. 4 all'art. 17 del TUIR, la deducibilità degli accantonamenti per indennità di fine mandato degli amministratori è subordinata alla circostanza che il diritto all'indennità risulti da atto di data certa anteriore all'inizio del rapporto (ris. Agenzia delle Entrate 22.5.2008 n. 211 e ris. 13.10.2017 n. 124; in senso conforme Cass. 20.7.2018 n. 19368; Cass. 5.9.2014 n. 18752 e Cass. 14.5.2007 n. 10959), con la conseguenza che, qualora detta condizione non vi sia, l'accantonamento è indeducibile.
In senso contrario si è, invece, espressa la norma di comportamento AIDC 7.4.2011 n. 180, secondo la quale la deducibilità dell'indennità avviene per competenza a prescindere dalla data certa (cfr. anche C.T. Prov. Brescia 21.6.2012 n. 90/1/12).
Ad ogni buon conto, gli importi accantonati rimangono rimessi alla libera volontà delle parti, non essendo riconosciuto all'Amministrazione finanziaria uno specifico potere di valutazione sulla congruità degli stessi (C.T. Reg. Venezia 3.2.2016 n. 196/1/1 e C.T. Prov. Lecco 11.7.2017 n. 164/2/17 e 4.10.2017 n. 242/1/2017, ovvero proprio quella sentenza, appellata senza successo dal Fisco in Ctr Lombardia, dalla cui conferma è sorta l'ispirazione per questo commento.

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