Associazioni professionali – per i dividendi piena equiparazione alle società semplici

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Come noto, il legislatore ha introdotto nel 2019 un regime del tutto innovativo, ma non privo di incertezze applicative, in materia di utili percepiti dalle società semplici; uno degli aspetti dubbi è rappresentato dall’applicazione di tale regime ai soggetti fiscalmente assimilati a tali società. In tale quadro normativo si inserisce un interessante documento di prassi emanato dall’Agenzia delle Entrate in materia di dividendi percepiti dalle associazioni professionali; vediamone quindi i passaggi chiave e gli adattamenti, indicati dall’Agenzia, ai fini dell’applicazione di tale regime alle predette associazioni.

La disciplina fiscale in materia di dividendi percepiti da società semplici

L’articolo 32-quater, comma 1, del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124, prevede che i dividendi percepiti da società semplici s’intendono percepiti per trasparenza ai rispettivi soci, rendendosi così applicabile il corrispondente regime fiscale in base alla natura dei medesimi.

Così, ad esempio, qualora il socio della società semplice sia una persona fisica residente, che detiene la partecipazione al di fuori dell’eventuale attività d’impresa svolta, l’emittente che eroga il dividendo applica la ritenuta a titolo d’imposta del 26% prevista dall’articolo 27, comma 1, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, sulla quota-parte del dividendo, imputato per trasparenza al socio della società semplice percettrice, sulla base delle indicazioni fornitegli dalla stessa società semplice.

Ciò posto, il legislatore fiscale nulla ha stabilito in merito ai soggetti che, ai sensi dell’articolo 5, comma 3, lett. c), del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, sono equiparati alle società semplici, ossia le associazioni senza personalità giuridica costituite tra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti o professioni.

Da qui il dubbio interpretativo afferente all’estensione del nuovo regime fiscale anche agli utili distribuiti a tali associazioni e la loro correlata imputazione per trasparenza ai professionisti partecipanti.

Il quesito posto dall’emittente dei dividendi “trasparenti”

In tale contesto normativo si inserisce un recente interpello, presentato da una società partecipata da un’associazione tra professionisti, finalizzato alla determinazione del corretto trattamento fiscale dei dividendi erogati a favore della predetta associazione.

In particolare, l’istante ha ritenuto che i dividendi distribuiti dovrebbe essere tassati secondo le seguenti modalità:

  • la quota imputabile per trasparenza ai soci persone fisiche residenti nel territorio nazionale andrebbero assoggettati a ritenuta a titolo d’imposta con aliquota del 26%, ai sensi dell’articolo 27, comma 1, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600;
  • la quota imputabile per trasparenza ai soci persone fisiche non residenti nel territorio nazionale, da assoggettare a ritenuta a titolo d’imposta con aliquota del 26%, ai sensi dell’articolo 27, comma 3, primo periodo, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, o nella misura stabilita dalle convenzioni contro le doppie imposizioni eventualmente applicabili.

Per quanto attiene il criterio da adottare nella determinazione delle quote di partecipazione agli utili da distribuire, l’emittente ha ritenuto che lo stesso debba essere individuato avendo riguardo agli associati che effettivamente percepiscono questi utili e, segnatamente, a coloro che risultano associati al momento in cui la società effettua il pagamento degli utili in favore dell’associazione professionale, secondo le quote di ripartizione individuate dall’ultimo atto notarile in ordine di tempo e comunicate dall’associazione percettrice.

L’Agenzia certifica l’applicazione del nuovo regime anche alle associazioni professionali

Ciò premesso, l’Agenzia delle Entrate, nella Risposta n. 486 del 2022, ha preliminarmente chiarito che il predetto regime fiscale, sebbene espressamente riferito ai dividendi corrisposti alle società semplici, trova pacifica applicazione anche in caso di distribuzione a favore di associazioni tra professionisti, sia per effetto della richiamata equiparazione contenuta nel TUIR, che in ragione della ratio che ha ispirato il nuovo regime fiscale.

Venendo poi ai profili più strettamente operativi, l’Amministrazione ha sostanzialmente assentito al trattamento fiscale proposto dalla società istante, sopra delineato.

Con riferimento al criterio da adottare per individuare i beneficiari dell’erogazione e delle rispettive quote di partecipazione agli utili, l’Agenzia ha precisato che il criterio debba essere individuato avendo riguardo agli associati, che risultano tali al momento in cui la società effettua il pagamento del dividendo all’associazione, e sulla base delle quote di ripartizione, individuate nella più recente scrittura notarile e comunicate dall’associazione medesima alla società emittente.

Infine, in merito agli adempimenti dichiarativi e certificativi, secondo quanto stabilito nel documento di prassi in esame, la società erogante i dividendi, sulla base delle informazioni ricevute dall’associazione:

  • presenta il Mod. 770 relativo al periodo d’imposta in cui sono stati erogati i proventi, inserendo, nel Quadro SI, il dato complessivo dei dividendi pagati, nonché, nel Quadro SK, i dati relativi ai soggetti non residenti nei cui confronti gli utili sono stati assoggettati a ritenuta a titolo d’imposta, anche in misura convenzionale;
  • rilascia la certificazione relativa agli utili e a agli altri proventi equiparati (c.d. CUPE) agli associati non residenti che hanno percepito utili assoggettati alla ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, per consentire ad essi di ottenere, nel Paese di residenza, il credito d’imposta per le imposte pagate in Italia.

Normativa

Art. 32-quater, comma 1, lett. c) e c-ter), decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124.

Art. 5, comma 3, lett. c), D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.

Art. 27, commi 1 e 3, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.

Prassi amministrativa

Risposta Agenzia delle Entrate n. 486 del 2022.

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