Bonus abbonamenti al trasporto pubblico – un lieto ritorno

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Torna, dopo un lungo periodo di latitanza, il bonus abbonamento ai mezzi pubblici.

La disposizione, che era stata spiaggiata a partire dal 2000 con la Legge di bilancio 2018, è stata ripristinata, a decorrere dal 2018, in tutto il suo splendore: una detrazione Irpef del 19% calcolata su un limite massimo di € 250,00. Fatti i debiti calcoli un risparmio di ben 47 euro!!

Guarda caso 250 euro è il costo dell’abbonamento intera rete (metro+ autobus) per la città di Roma.

Dunque, l’articolo 4 della Legge /2017 introduce la detraibilità ai fini IRPEF del 19% delle spese sostenute per l’acquisto di abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico:

  • locale;
  • regionale;
  • interregionale,

per un importo delle spese stesse non superiore a 250 euro annui.

La disposizione, in sostanza, è da ritenersi che sarà concretamente utilizzata dai lavoratori pendolari (treni, pullman, funivia, traghetto,) ovvero da persone cha abitano in città dove sono presenti mezzi pubblici (metro, autobus, tram, funicolare) e siano utilizzati con frequenza, al punto da utilizzare una formula di abbonamento (es., annuale, mensile, settimanale).

L’abbonamento pagato dal datore di lavoro

La norma dispone inoltre che le somme rimborsate dal datore di lavoro o direttamente sostenute da quest’ultimo per l’acquisto dei titoli di viaggio per il trasporto pubblico locale, regionale e interregionale del dipendente e dei familiari non concorrano a formare reddito di lavoro dipendente. La relazione tecnica che stima l’impatto della agevolazione sul gettito Erariale ritiene che il 5% degli abbonamenti detraibili sia relativo a rimborsi effettuati dal datore di lavoro (circa 14 milioni di euro).

Va da se che se l’abbonamento è a carico del datore (sotto forma di rimborso al lavoratore) la relativa spesa è deducibile ai fini delle imposte sui redditi dal datore medesimo.

I dubbi

La disposizione fa riferimento al trasporto pubblico, locale, regionale e interregionale talché non è chiaro se sia detraibile la spese sostenuta laddove il trasporto non sia di pertinenza di un soggetto pubblico (normalmente il Comune o la Regione) posto che il servizio di trasporto (esempio, pulmann) è magari gestito da privati. Al riguardo, a parere di chi scrive, deve essere senz’altro valorizzata la funzione pubblica del servizio a prescindere dal soggetto che lo eroga che potrebbe anche essere un privato.

Va detto che per quanto anche il servizio di taxi sia un trasporto pubblico, non è possibile svolgerlo tramite un abbonamento che sono cosa diversa dalle convenzioni magari stipulate dalle aziende per il tramite della cooperativa o carovana cui aderisce il taxi, mentre per il noleggio con conducente ove tale possibilità in astratto sarebbe possibile non svolge un servizio pubblico.

Il car sharing

Si osserva che la spesa per car sharing è stato equiparato dall’Agenzia delle entrate alla spesa di taxi e dunque interamente deducibile senza limitazioni ai fini delle imposte sui redditi ove la spesa è inerente all’attività svolta, ovvero venga riconosciuto al dipendente il relativo rimborso nell’ambito di una trasferta anche all’interno del comune sede di lavoro. L’equiparazione ai taxi esclude però la possibilità di detrarre la spesa per il car sharing in misura pari al 36% ai fini Irpef, dove l’abbonamento potrebbe essere intravisto nel caso di pagamento della tessera di iscrizione, metodologia adottata ad esempio dal Comune di Roma che mette a disposizione tale innovativo criterio di trasporto.

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