Carried interest: la remunerazione di amministratori e dipendenti di OICR

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L’articolo 60 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, ha disciplinato, per la prima volta nel nostro Paese, il trattamento fiscale del c.d. carried interest, ossia dei proventi derivanti dalla partecipazione, diretta o indiretta, ad organismi di investimento collettivo del risparmio, percepiti da dipendenti e amministratori di tali organismi, e relativi ad azioni, quote, o altri strumenti finanziari, aventi diritti patrimoniali rafforzati.

Nella relazione illustrativa del citato decreto, infatti, si può chiaramente leggere come l’obiettivo della riforma sia stato quello di “allineare la disciplina italiana alle analoghe previsioni normative già in essere nelle principali giurisdizioni europee come Francia e Germania e rendere il Paese più competitivo attraverso la definizione di un quadro normativo più chiaro”.

In questo approfondimento cercheremo, quindi, di illustrare i capisaldi di tale riforma, con l’imprescindibile ausilio di un recente documento di prassi pubblicato dall’Agenzia delle Entrate.

I requisiti soggettivi di accesso al regime

Vediamo in primis quali sono i presupposti di operatività di tale peculiare regime fiscale sotto il profilo soggettivo.

In relazione a tale aspetto, è necessario che il reddito sia prodotto da:

  1. dipendenti; o
  2. amministratori;

di società, di enti e di organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) o di soggetti che controllano i primi.

Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che devono ritenersi invece compresi nella disciplina in commento anche i manager e i dipendenti di società di consulenza finanziaria (c.d. advisory company): tali società, infatti, benché non abbiano capacità decisionali sugli investimenti, e quindi responsabilità diretta, intervengono sulle strategie di investimento, fornendo quindi un supporto alla gestione che, di fatto, ne condiziona le decisioni.

La mera assunzione all’interno di un organismo di investimento collettivo del risparmio di una tale veste non è però sufficiente: affinché trovi applicazione il regime in parola è necessario che i redditi, percepiti da

Secondo l’Agenzia delle Entrate il diritto patrimoniale è “rafforzato” qualora il medesimo attribuisca un diritto a ricevere una parte dell’utile complessivo, generato dall’investimento, in misura più che proporzionale all’investimento stesso e, nella prassi operativa, presuppone che la generalità dei soci abbiano ottenuto il rimborso del capitale investito oltre ad un rendimento adeguato, definito con un inglesismo hurdle rate.

Le condizioni di operatività del regime

Ciò posto, l’articolo 60 del predetto decreto ha previsto tre condizioni di operatività della disciplina:

  1. l’impegno di investimento complessivo di tutti i dipendenti e gli amministratori, comporti un esborso effettivo pari ad almeno l’1% dell’investimento complessivo effettuato dall’organismo di investimento collettivo del risparmio o, nel caso di società o enti, del patrimonio netto;
  2. i proventi delle azioni, quote, o strumenti finanziari, maturino solo dopo che tutti i soci o partecipanti all’organismo di investimento collettivo del risparmio abbiano percepito un ammontare pari al capitale investito e ad un rendimento minimo ovvero, nel caso di cambio di controllo, alla condizione che gli altri soci o partecipanti dell’investimento abbiano realizzato con la cessione un prezzo di vendita almeno pari al capitale investito e al predetto rendimento minimo (c.d. hurdle rate);
  3. le azioni, le quote, o gli strumenti finanziari, siano detenuti dai dipendenti e amministratori o, in caso di decesso, dai loro eredi, per un periodo non inferiore a cinque anni o, se precedente al decorso di tale periodo quinquennale, fino alla data di cambio di controllo o di sostituzione del soggetto incaricato della gestione (c.d. holding period).

Nella sostanza, grazie alle condizioni di cui alle lettere a) e c) si è inteso garantire che il collegamento del management con l’investimento nel fondo sia di entità tale da creare un allineamento di interessi con gli altri partecipanti all’organismo, ossia che tali figure abbiano effettivamente una doppia veste: quella di gestore del patrimonio e quella di investitore diretto nel medesimo. Inoltre, con la previsione di un holding period di detenzione della partecipazione nell’OICR, si è cercato di assicurare che le remunerazioni “privilegiate”, scaturite dal possesso di tali strumenti finanziari, siano derivanti dall’attività di gestione effettuata dall’amministratore.

Quanto alla condizione di cui alla lettera b), la ratio di una tale previsione va ricercata nel necessario bilanciamento interessi con gli investitori “semplici” ossia che non partecipano attivamente alla gestione del patrimonio; è stato così previsto che il carried interest scatti solo dopo che la generalità dei partecipanti al fondo abbia conseguito una remunerazione minima dell’investimento.

Il regime agevolativo

Qualora ricorrano i suddetti presupposti, soggettivi e oggettivi, i diritti patrimoniali rafforzati “si considerano in ogni caso redditi di capitale o redditi diversi”. In tal modo, il legislatore ha introdotto ope legis una presunzione assoluta di qualificazione reddituale del provento (da reddito di lavoro dipendente o autonomo a reddito di capitale o diverso di natura finanziaria) che, conseguentemente, sarà assoggettato al regime sostitutivo alla fonte, con applicazione di un’aliquota proporzionale pari al 26%, in luogo del concorso alla formazione del reddito complessivo imponibile con tassazione IRPEF ordinaria per scaglioni di reddito.

Normativa
Art. 60 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50.

Prassi
Agenzia delle Entrate, Circolare n. 25 del 16 ottobre 2017.

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