Cosa succede se il lavoratore part time non ha firmato il contratto di lavoro?

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Come è noto il D. Lgs. 81/2015, detto anche “il Codice dei Contratti” ha riscritto le regole contenute di tutte le tipologie contrattuali, spesso – naturalmente – riprendendo i contenuti delle norme che regolavano le tipologie contrattuali in precedenza al Jobs Act.

In particolare, il Capo II del D. Lgs. 81/2015, definisce negli artt. 4 e successivi il contratto di lavoro a tempo parziale. Come dispone il dettato normativo, riprendendo per molti versi il precedente D. lgs. 61/2000, tale tipologia di rapporto di lavoro subordinato è compatibile sia con i contratti a tempo indeterminato che con quelli a tempo determinato.

Un ruolo centrale, quando si parla di “contratti atipici” è la questione della forma scritta: è previsto un obbligo di forma scritta (trattasi, nella definizione tecnica, del caso di forma scritta “ad sustantiam”)? Oppure invece la forma scritta è da intendersi ad probationem (e quindi considerata solo ai fini della prova)?

E’ l’art. 5 del D. Lgs. in commento, che risponde ai quesiti posti, prevedendo che il contratto di lavoro a tempo parziale è stipulato in forma scritta ai fini della prova. Per dovere di cronaca, va sottolineato che anche tale previsione (forma scritta ad probationem) era già stata prevista nel nostro ordinamento con il D. Lgs. 61/2000.

Lo stesso art. 5 D. Lgs. 81/2015, oltre ad introdurre la forma scritta ai fini della prova, precisa che nel contratto di lavoro debba essere contenuta una puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell'orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all'anno.

Pertanto, nei contratti di lavoro a tempo parziale, non sarà sufficiente indicare la percentuale part time e/o il numero di ore settimanali previste, ma è previsto l’obbligo di indicare la precisa indicazione della collocazione temporale delle prestazioni.

Viene anche (finalmente) chiarita la compatibilità del contratto di lavoro part time con la gestione di “turni di lavoro”, infatti è sempre il legislatore a stabilire che se l’organizzazione del lavoro è articolata in turni, debba essere data l'indicazione della collocazione temporale della prestazione lavorativa mediante rinvio a turni programmati di lavoro articolati su fasce orarie prestabilite.

Tornando alla questione oggetto del presente articolo, in materia di forma scritta ad sustantiam / ad probationem, si ricorda che - precedentemente all'entrata in vigore del D.Lgs. n. 61/2000 che, si rammenta, ha stabilito per la prima volta che la forma scritta è richiesta ad probationem e che in difetto di tale prova potrà essere dichiarata la sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo pieno, la Corte di cassazione con numerose sentenze (Cass. 28 maggio 2003, n. 8492; Cass. 14 giugno 1995, n. 6713; Cass. 18 marzo 2004, n. 5518), aveva affermato che la mancata stipulazione per iscritto del contratto a tempo parziale comportasse la nullità del contratto stesso, con la residua applicazione della norma di cui al comma 1 dell'art. 2126 cod. civ.

Nello specifico, l’inosservanza della forma scritta, avrebbe consentito al lavoratore solo il diritto alla retribuzione e alla tutela previdenziale per il periodo in cui il contratto stesso aveva avuto esecuzione, e non la conversione del contratto di lavoro a part-time in un contratto a tempo pieno.

Ora, che dal 2000 (con il D. Lgs. 61/2000), trasferito nel successivo D. Lgs. 81/2015 artt. 4 e ss., con la previsione della forma scritta ad sustantiam, viene completamente ribaltata la tesi giurisprudenziale.

E’ proprio la recentissima sentenza della Corte di Cassazione, n. 14797 del 30 maggio 2019, a prevedere che, in caso di vizio di forma nel contratto part time, il rapporto di lavoro sottostante rimane valido e si considera un contratto di lavoro a tempo pieno. Per avere diritto alle differenze retributive si applicherà tuttavia il principio di corrispettività delle prestazioni, e pertanto che, secondo anche i richiami dell’art. 1470 cc, va valutato in funzione delle effettive prestazioni di lavoro effettuate dal lavoratore. Secondo questa linea, il risarcimento del danno può essere commisurato alle differenze retributive rispetto all’orario full time, solo se il lavoratore dimostra di essersi reso disponibile per il maggior orario e il datore ha ingiustificatamente rifiutato la prestazione.

Se da un lato il lavoratore potrà pretendere la trasformazione in full time, dall’altro dovrà dimostrare le effettive prestazioni (o l’effettiva “messa a disposizione”) per poter sostenere il diritto alle differenze retributive.

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