Crisi di impresa e amministrazione delle società di persone

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Il Codice della Crisi di impresa e dell'insolvenza di cui al D.lgs. 12 gennaio 2019 n. 14 è intervenuto anche in tema di società di persone e di amministrazione delle stesse.
In particolare:
- il nuovo art. 2086 c.c. ("Gestione dell'impresa") stabilisce, al secondo comma, che l’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”;
- l'art. 2257 c.c. (applicabile a tutte le società di persone) prevede che l’istituzione degli assetti di cui all’art. 2086 c.c., secondo comma, spetta esclusivamente agli amministratori. Salvo diversa pattuizione, l’amministrazione della società spetta a ciascuno dei soci disgiuntamente dagli altri.

Società semplici agricole e stp
Un primo dubbio riguarda la possibilità o meno che la necessità dell'assetto, organizzativo, amministrativo e contabile di cui parla l'art. 2086 c.c. si applichi anche alla società semplice avente per oggetto l’esercizio di attività agricola e alle società tra professionisti. La prima tipologia di società, infatti, non è soggetta alle disposizioni in tema di liquidazione giudiziale e sul concordato preventivo, mentre le altre non svolgono attività di impresa e pertanto, a rigor di logica, non rientrerebbero tra gli imprenditori che operino in forma societaria di cui al novellato art. 2086 c.c.
Il dubbio in questione è risolto dall'art. 1 del CCII, che prevede l'applicazione di tale normativa per situazioni di crisi (...) del debitore, sia esso consumatore o professionista, ovvero imprenditore che eserciti, anche non a fini di lucro, un’attività commerciale, artigiana o agricola (...).
Le società semplici aventi ad oggetto l'esercizio di attività agricolo e le stp sono dunque ricomprese nel campo di applicazione della nuova disciplina.

La predisposizione di un adeguato assetto organizzativo
In considerazione dell'applicabilità delle norme di cui si è detto anche alle società di persone, anche queste ultime sono tenute a dotarsi di un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa.
Al di là di quella che sarà l'applicazione concreta di tali disposizioni, o meglio di come le società di persone intenderanno adempiere a tale prescrizione normativa, quel che è importante notare è la natura dell'impegno, o più precisamente, della diligenza richiesta agli amministratori.
Infatti, se da un lato, la mancata osservanza dell'obbligo imposto dall'art. 2086 c.c., II co., potrebbe determinare per gli amministratori il sorgere responsabilità sia di natura civile che penale in caso di dissesto della società (ndr: ed in questo sono evidenti i punti di collegamento con quanto previsto dal D.Lgs. 231/2001 per quanto riguarda la "responsabilità amministrativa e penale"), dall'altro se ne ricava che l'attività cui sono tenuti gli amministratori, proprio in considerazione della sua rilevanza, deve essere improntata ad una diligenza "qualificata", o meglio professionale, prevista dagli artt. 1176 c.c., II comma e 2392 c.c., I comma (e non quindi a quella, che impropriamente potremmo definire più blanda, del buon padre di famiglia).

La gestione organizzativa
Fatte le premesse di cui sopra, la questione di natura operativa che si pone è quella di individuare chi siano i soggetti concretamente tenuti all'adempimento degli obblighi previsti dall'art. 2086 c.c.
La domanda sembrerebbe mal posta, considerando quanto detto sopra, ossia che l’istituzione degli assetti di cui all’art. 2086 c.c., secondo comma, spetta esclusivamente agli amministratori.
Ma il riferimento è a tutti gli amministratori, diciamo, anche qui impropriamente, "in solido" tra loro, o è possibile demandare tale incombenza ad uno solo?
Per quanto il tema sia ancora molto recente perché i tribunali possano essersi già espressi a riguardo, la dottrina ritiene che la definizione degli assetti societari sia una decisione da assumere all'unanimità o, al limite, a maggioranza calcolata per teste sulla base del numero degli amministratori.
Al contrario, è da ritenere non ammessa la possibilità di affidare ad un amministratore estraneo la predisposizione di quanto previsto dall'art. 2086 c.c., e ciò in considerazione della necessaria visione complessiva e unitaria della società che un terzo non potrebbe garantire.

Come accennavamo poco fa, si tratta di questioni assolutamente rilevanti ma ad oggi ancora esaminate principalmente in dottrina.
Per i professionisti chiamati ad occuparsene è però importante tenere conto delle posizioni sin qui emerse, solo considerando le responsabilità civili e penali che potrebbero derivare agli amministratori in caso di mancato o non adeguato adempimento agli obblighi di cui si è detto.

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