Danno da reato ed evasione fiscale – per le Sezioni Unite nessun automatismo

Download PDF

Uno dei aspetti più controversi del sistema fiscale italiano è senz’altro rappresentato dai rapporti tra l’evasione fiscale penalmente rilevante e le conseguenze di carattere sanzionatorio: tra queste, infatti, oltre alle pene detentive, tipiche delle fattispecie di reato, il codice penale prevede, in via generalizzata, l’obbligo di risarcire il danno eventualmente cagionato dalla condotta illecita. Proprio su tali profili è giunta una recente pronuncia delle Sezioni Unite che ci ha fornito un rigoroso inquadramento di carattere teorico, ma non privo di importanti riflessi concreti per i soggetti che incappano nelle maglie della giustizia penale.

Il danno da reato nel sistema penaltributario

Come noto, l’articolo 185, secondo comma, del codice penale stabilisce che ogni reato obbliga il colpevole al risarcimento del danno patrimoniale o non patrimoniale eventualmente cagionato. La norma trova pacifica applicazione anche nell’ambito del diritto penaltributario e, in particolare, alle fattispecie di reato contenute nel D.Lgs 10 marzo 2000, n. 74, in materia di imposte sui redditi e di IVA. Ciò posto, tuttavia, il legislatore non ha previsto nessuna disposizione di coordinamento del regime di responsabilità civile da reato tributario con la disciplina tributaria di riscossione del tributo, lasciando pertanto agli interpreti l’arduo compito di colmare tale lacuna.

L’ordinanza di rimessione alle SSUU fissa i quesiti da chiarire

In tale quadro di incertezza, si inserisce l’ordinanza del 6 dicembre 2021, n. 38711, con cui la Sezione III della Cassazione ha rimesso alle Sezioni Unite tre importanti questioni in merito ai rapporti tra la disciplina tributaria di riscossione coattiva del tributo e quella, appena richiamata, di stampo penalistico volta a garantire il ristoro del danno causato.

In particolare, è stato chiesto:

  1. quali siano le condizioni al ricorrere della quali il danno causato da un’evasione fiscale coincida con l’imposta evasa;
  2. se, in una tale ipotesi, l’Amministrazione finanziaria abbia l’onere di procedere all’accertamento e alla riscossione coattiva del tributo o possa scegliere di agire, ai sensi dell’articolo 2043 del codice civile, esercitando quindi l’azione civile nel processo penale;
  3. se nel giudizio di risarcimento del danno, proposto dall’Amministrazione finanziaria debba essere la predetta Amministrazione a dover dimostrare di aver perduto senza colpa il proprio credito, in conseguenza del fatto illecito, o se debba essere il convenuto, a dimostrare che il credito non sia perduto o sia stato perduto per colpa dell’ente titolare dell’obbligazione tributaria.

Le SSUU chiariscono natura, presupposti e limiti del danno da reato tributario

Con riferimento al primo quesito, le Sezioni Unite, nella recentissima sentenza n. 29862 del 12 ottobre 2022, hanno stabilito che il debito d’imposta:

  1. è un’obbligazione che scaturisce direttamente dalla legge, ai sensi dell’articolo 1173 del codice civile;
  2. è un’obbligazione pecuniaria, poiché ad oggetto una somma di denaro;
  3. in caso di suo inadempimento, lascia inalterato il diritto per il creditore pubblico di esigere, in via coattiva, il proprio diritto e affianca ad esso quello di chiedere il risarcimento del danno.

L’evasione fiscale costituisce una mancata prestazione

Pertanto, il danno in senso tecnico si differenzia dalla prestazione dovuta, poiché esso è il pregiudizio causato dall’inadempimento e non la prestazione dovuta, e infatti nelle obbligazioni pecuniarie il creditore, che domandi la condanna del debitore, non esercita un’azione di danno, ma un’azione di adempimento. Da ciò deriva un fondamentale corollario: l'imposta non versata dall'evasore non costituisce, di norma, per l'erario un danno nell’accezione appena chiarita, in quanto il capitale dovuto a titolo d’imposta rappresenta l’oggetto dell’obbligazione tributaria e non un danno da inadempimento, risarcibile ai sensi dell’articolo 1218 del codice civile. Conseguentemente, nei casi in cui l’Amministrazione non abbia perduto il diritto ad agire esecutivamente nei confronti del debitore, il danno causato dal reato non può ravvisarsi nel tributo evaso.

L’evasione si traduce in danno solo patrimoniale

In merito al secondo punto, la Cassazione ha puntualizzato come l’evasione costituisca inadempimento dell’obbligazione tributaria e tale inadempimento può generare solo un tipo di danno patrimoniale, ossia quello disciplinato dall’articolo 1224 del codice civile, a mente del quale nelle obbligazioni pecuniarie sono dovuti dal giorno della mora gli interessi legali, anche se non erano dovuti precedentemente e anche se il creditore non prova di aver sofferto alcun danno. Con particolare riferimento all’ordinamento tributario, tali interessi di mora sono oggetto di una disciplina ad hoc (articolo 13, comma 3, del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 159), sia in merito al saggio applicabile che in merito alla decorrenza di tali interessi. Tuttavia, tale credito risarcitorio deve essere liquidato e riscosso, secondo le forme proprie della riscossione delle imposte: da tale obbligo deriva, quindi, l’impossibilità di chiederne la liquidazione in sede penale, a titolo di risarcimento del danno da reato.

Il maggior danno deve essere provato dall’amministrazione finanziaria

Venendo poi all’ultimo quesito, la Cassazione ha precisato che non possa, almeno in astratto, escludersi che l’evasione possa causare all’erario un pregiudizio ulteriore e diverso, rispetto a quello ristorato dagli interessi di mora, e per il quale non possano quindi attivarsi le ordinarie procedure di riscossione coattiva. Tale ipotesi rappresenta il maggior danno cui il secondo comma dell’articolo 1224 del codice civile allude e che, state la sua portata generale, trova applicazione anche alle obbligazioni tributarie. Questa peculiare forma di danno può verificarsi, ad esempio, in presenza di fasi, come quella attuale, caratterizzate da un’alta inflazione, o in presenza di condotte del soggetto passivo che abbiano causato l’impossibilità giuridica o materiale di riscuotere il credito erariale.

L’evasione non può mai causare danno funzionale

Infine, la Suprema Corte ha escluso che il maggior danno possa essere rappresentato nel c.d. "danno funzionale", vale a dire nel turbamento dell'attività amministrativa: tale attività è infatti una delle funzioni per le quali gli uffici dell’Amministrazione finanziaria sono costituiti. Ebbene, secondo il giudice di legittimità, un maggior danno, derivante dalla commissione d'un reato tributario, può ammettersi solo a condizione che la predetta Amministrazione deduca e dimostri l'esistenza d'uno specifico pregiudizio che, secondo il disposto dell’articolo 1223 del codice civile, sia conseguenza immediata e diretta dell'illecito e che si palesi come ulteriore o diverso rispetto a quello costituito dal costo della propria normale attività istituzionale.

Normativa

Art. 185, secondo comma, codice penale.

Artt. 1173, 1218, 1223 e 1224 codice civile.

Art. 13, comma 3, decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 159.

Giurisprudenza

Cassazione, Sezioni Unite, 12 ottobre 2022, sentenza n. 29862.

Download PDF

Nessun commento ancora


Lascia un commento

E' necessario autenticarsi per pubblicare un commento