DATORI DI LAVORO: SENZA SCUDO PENALE “NON APRITE QUELL’AZIENDA”…

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Mentre i governatori di alcune Regioni continuano a chiedere una riapertura anticipata di tutte le attività, per alcuni imprenditori che stanno riavviando i motori si sta prospettando un paradossale dubbio, cioè che possa essere preferibile rimanere chiusi anche dopo l’eventuale via libera del governo alla riapertura. Infatti, le misure di sicurezza imposte avrebbero un impatto economico tale da rendere antieconomico l’esercizio dell’attività, non risultando conveniente riaprire. Per bar e ristoranti, ad esempio, l’ipotesi di una distanza di almeno 4 metri da tenere tra i tavoli per ridurre al minimo i contatti tra i clienti rappresenterebbe uno scenario desolato che, parafrasando Keynes in maniera meno ottimistica, li farebbe fallire già nel breve periodo.

Ma vi è anche un'altra ragione che potrebbe indurre molti imprenditori a non riaprire le saracinesche ed a ponderare bene che non sia prudente aprire l’azienda, onde evitare che la voglia di ripartire si possa trasformare nel sequel del film horror “Non aprite quella porta”.

L’INAIL, infatti, ha diffuso regole e misure per assicurare una tutela assicurativa ai lavoratori che contraggano l’infezione da Covid-19 e in molti si prodigano a fornire raccomandazioni sanitarie nei confronti dei datori di lavoro dei settori produttivi e delle attività professionali.

Si fa presto, però, a dire obblighi di sanificazione dei luoghi di lavoro, rielaborazione della valutazione dei rischi, rispetto distanza interpersonale di un metro e dispositivi di protezione individuale (DPI), rispetto rigoroso delle disposizioni aziendali dei dipendenti, limitazione a spostamenti e accesso agli spazi comuni, protocolli di sicurezza anti-contagio.

Nonostante, però, tutte le raccomandazioni-obblighi introdotti per evitare il contagio in ambiente di lavoro, nessuno potrà garantire che un dipendente non si ammali in azienda ma, ancor di più, nessuno potrà mai impedire che un lavoratore contragga l’infezione da Covid-19 durante un’apericena milanese sui Navigli o sulla spiaggia palermitana di Mondello. Considerando, però, che il lungo periodo di incubazione non permette di avere certezza sul luogo e sulla causa del contagio, vi sarà inevitabilmente chi proverà a sostenere la presunzione, oltre ogni ragionevole dubbio, che quel contagio sia avvenuto proprio sul luogo di lavoro.

A quel punto, pur in assenza di elementi certi e in presenza di ipotesi di reato fondate su evidenze ambigue, l’imprenditore rischierebbe comunque di essere penalmente travolto.

L’equiparazione fatta dall’art. 42 del D.L. n. 18/2020 tra infortunio sul lavoro e contagio da Covid-19, accordando la copertura assicurativa Inail, potrebbe infatti condurre a sanzionare l’imprenditore sul piano penale per i reati di lesioni e, nel caso di decesso, di omicidio colposo o per colpa grave.

Impossibile, peraltro, individuare od escludere dai luoghi di lavoro i soggetti asintomatici che, come noto, ben potrebbero veicolare nei locali aziendali l’epidemia virale all’insaputa anche di loro stessi.

Naturale, quindi, appare la necessità di introdurre uno scudo legislativo per le responsabilità penali dei datori di lavoro sempre che, ovviamente, abbiano diligentemente posto in essere tutte le misure necessarie per contrastare e contenere la diffusione del Covid-19 nei luoghi di lavoro dettate dai protocolli di sicurezza.

Inammissibile, invece, che la pur torrenziale legislazione emergenziale non abbia ancora concepito una norma che escluda la responsabilità di quel datore di lavoro che avesse dotato i propri dipendenti di protezioni individuali, mantenuto i luoghi di lavoro sanificati, vigliato sulle distanze interpersonali e assicurato il contingentamento, così come previsto dalla normativa e dai protocolli.

Ad oggi, affrettare una riapertura senza scudo penale e in presunta sicurezza, pensando che possa essere semplicemente sufficiente un idoneo distanziamento, un gel igienizzante per le mani e l'obbligo di indossare la mascherina, potrebbe purtroppo far ritrovare qualche imprenditore alla Procura della Repubblica.

Se, allora, l’allentamento delle restrizioni del lockdown deve cedere il passo alla cautela comportamentale da parte dei cittadini sia in situazioni lavorative che durante le ore di svago, anche il buon senso legislativo deve fare la sua parte, dovendosi sempre rammentare che dipenderà da quanto veloce sarà il ritorno degli F24 di chi ha già subito gravi conseguenze economiche dalla pandemia che discenderà larga parte del futuro del nostro Paese.

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