È meglio non istituire le scritture contabili che gettarle nel fuoco

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In una recente pronuncia, la Suprema Corte è tornata ad affrontare il tema del trattamento sanzionatorio dell’omessa istituzione delle scritture contabili, ponendo in luce un’evidente distorsione disciplinare del sistema punitivo fiscale.

Con la sentenza n. 7646 del 2019, infatti, la Cassazione ha assolto l’imputato dal reato di occultamento e distruzione di scritture contabili in quanto nel giudizio era mancato l’accertamento di una circostanza-chiave, ossia la pregressa redazione dei documenti medesimi, che rappresenta il presupposto di fatto per l’applicazione della norma incriminatrice.

L’occasione è quindi “ghiotta” per fare il punto sulla disciplina sanzionatoria dagli illeciti documentali posti in essere dai soggetti passivi delle imposte sui redditi e IVA, e delineare, alla luce del diritto vivente, i confini tra i fatti penalmente rilevanti e quelli che, al contrario, rimangono confinati nella sfera amministrativa.

Partiamo, quindi, dal sistema penale e dalla fattispecie oggetto del richiamato giudizio di legittimità.

 Il sistema penale delineato dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74

Come noto, l’articolo 10, comma 1, del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, punisce con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l'evasione a terzi, occulta o distrugge in tutto o in parte le scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari.

Sotto il profilo materiale, pertanto, il legislatore ha inteso punire:

  • l’occultamento delle scritture contabili;
  • la distruzione, in qualsiasi mezzo, delle medesime.

Vi è poi un elemento ulteriore collegato, sotto il profilo causale, con le descritte condotte: l’occultamento o la distruzione devono infatti determinare l’impossibilità per gli organi dell’Amministrazione di determinare il reddito o il volume d’affari del contribuente: in assenza di tale evento, quindi, il reato non può dirsi perfezionato.

L’apparato sanzionatorio amministrativo

Nel sistema sanzionatorio tributario la disciplina è contenuta nell’articolo 9, comma 1, del D.Lgs. 17 dicembre 1997, n. 471, il quale dispone che chi non tiene o non conserva le scritture contabili, i documenti e i registri previsti dalle leggi in materia di imposte dirette e di imposta sul valore aggiunto ovvero i libri, i documenti e i registri, la tenuta e la conservazione dei quali è imposta da altre disposizioni tributarie, è punito con la sanzione amministrativa da euro 1.000 a euro 8.000.

Dalla lettera della legge si evince chiaramente come la condotta punibile è rappresentata dalla mancata tenuta, ossia dalla mancata istituzione, delle scritture contabili o dall’omessa conservazione delle medesime: pertanto, il legislatore ha chiaramente inteso sanzionare l’omissione iniziale, a prescindere da eventi successivi, diretti a rendere la medesime non utilizzabili in sede di controllo fiscale, da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Peraltro, l’Amministrazione finanziaria ha chiarito come l'ipotesi di omessa tenuta delle scritture contabili, oltre al caso in cui le stesse non siano state materialmente istituite ab origine, ricorre anche quando si sia in presenza di irregolarità gravi, numerose e ripetute da far risultare inattendibili, nel loro complesso, le scritture medesime (cfr. Circ. n. 23 del 25 gennaio 1999, cap. terzo, par. 2.1).

Secondo la Cassazione per l’omessa istituzione la sanzione è “light”

Tornando, ora, al caso sottoposto al vaglio della Cassazione, in esso i giudici di legittimità hanno rilevato l’assenza, in capo all’accusa, di qualsiasi accertamento in merito all’effettiva istituzione delle scritture contabili, asseritamente distrutte o occultate: in sostanza, quindi, il giudice di merito aveva ricollegato, in via presuntiva, alla mancata esibizione delle scritture l’avvenuta realizzazione di una condotta di occultamento o di materiale distruzione della documentazione.

La logica conseguenza è quindi quella per cui, nelle ipotesi di impossibilità di reperire le scritture contabili e in assenza di prove in merito all’avvenuta eliminazione o al nascondimento delle stesse, il fatto contestato rimane punibile sono in ambito amministrativo.

Pertanto, applicando tale principio di diritto, il sistema sanzionatorio chiaramente attribuisce all’ipotesi di mancata istituzione delle scritture un trattamento sanzionatorio più mite (sanzione pecuniaria da euro 1.000 a euro 8.000), ancorché tale fattispecie determini una messa in pericolo dell’interesse erariale certamente non meno grave rispetto a condotte successive, quali la distruzione o l’occultamento, punite con pene detentive che possono arrivare nel massimo a sei anni di reclusione.

Normativa

Art. 10, comma 1, decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74.

Art. 9, comma 1, decreto legislativo 17 dicembre 1997, n. 471.

Giurisprudenza

Cassazione, Sez. III penale, 16 gennaio 2019, sent. n. 7646.

Prassi amministrativa

Circolare ministeriale del 25 gennaio 1999, n. 23.

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