Gli ultimi chiarimenti dell’Ispettorato del lavoro sul rispetto dei contratti collettivi, benefici contributivi e Welfare Aziendale

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L’Ispettorato Nazionale del lavoro è tornato (ancora) a fornire dei chiarimenti sull’ostica e delicata materia del DURC interno.

La disciplina, come noto, è regolata dal famigerato art. 1, comma 1175, L. n. 296/2006 che molto spesso abbiamo visto accompagnato alle note di rettifica, nel recupero dei benefici contributivi dell’Ente previdenziale.

In particolare, la Circolare in commento (la n. 7 del 6 maggio 2019, per gli amanti dei riferimenti) si riferisce all’altro requisito necessario ai fini del godimento dei benefici normativi e contributivi: il rispetto della contrattazione collettiva.

Si ricorda anzitutto la disposizione normativa, che stabilisce che “a decorrere dal 1° luglio 2007, i benefici normativi e contributivi previsti dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale sono subordinati al possesso, da parte dei datori di lavoro, del documento unico di regolarità contributiva, fermi restando gli altri obblighi di legge ed il rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”.

Come si diceva, è sull’ultimo passaggio della norma che l’Ispettorato fornisce i propri chiarimenti con la circolare in commento che, giova ricordare, completa quanto già illustrato dallo stesso Ispettorato con Circolare n. 3/2018: il “rispetto degli accordi e contratti collettivi (…)”.

In un complesso periodo di deregolamentazione contrattuale e di incertezza di definizione della rappresentatività comparativa delle parti sociali, l’Ispettorato si trova nuovamente costretto ad affrontare il tema, risolvendo sicuramente una questione che – in realtà - era già stata chiarita dalla dottrina e dalla giurisprudenza.

Risulta comunque apprezzabile l’intervento dell’Ispettorato, mediante il quale si precisa che, al fine di verificare se il datore di lavoro possa o meno fruire dei benefici, il personale ispettivo dovrà svolgere un accertamento sul merito del trattamento economico/normativo effettivamente garantito ai lavoratori e non un accertamento legato ad una formale applicazione del contratto sottoscritto dalle “organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”.

Si torna quindi a ribadire (e confermare) un principio che, ancora nel 2004, era già stato affrontato dal Ministero del Lavoro con circolare n. 4. Anche in quel contesto normativo (articolo 3 del DL 71/93, convertito in L. 151/93, modificato dall’articolo 10 della L. 30/2003) esistevano disposizioni che subordinavano il riconoscimento di benefici normativi e contributivi all'integrale rispetto degli accordi e contratti collettivi.

Nella storica Circolare, in merito alla definizione di "integrale rispetto degli accordi e contratti collettivi" si era concepita la nozione secondo la quale il riconoscimento dei benefici normativi e contributivi fosse subordinata alla integrale applicazione della sola parte economica e normativa degli accordi e contratti collettivi, e non anche della parte obbligatoria di questi ultimi.

L’altra parte del contratto collettivo, quella “obbligatoria” impegna invece le sole parti firmatarie (e naturalmente anche gli aderenti alle sigle sottoscriventi) di quest’ultimi. Per completezza e memoria si ricorda che la parte obbligatoria oggetto di approfondimento della storica Circolare del 2004 fu quella dell’adesione agli enti bilaterali.

Nonostante i quindici anni di anzianità, come vediamo, i principi generali di questa Circolare possono definirsi ancora attuali!

Tornando ai giorni nostri, ciò che dovrà appurare l’accertamento ispettivo non sarà quindi una formale (e completa, aggiungo) adesione ad un contratto collettivo, ma al rispetto dei principi retribuitivi contenuti nell’art. 36 della Costituzione oltre, ovviamente, all’applicazione integrale delle disposizioni normative e Costituzionali.

A confermare questa tesi, è proprio l’Ispettorato ricordando che la disposizione in parola chiede il “rispetto” degli “accordi e contratti collettivi stipulati da organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale” e precisando che anche il datore di lavoro che si obblighi a corrispondere ai lavoratori dei trattamenti economici e normativi equivalenti o superiori a quelli previsti da tali contratti, possa legittimamente fruire dei benefici normativi e contributivi indicati dall’art. 1, comma 1175, della L. n. 296/2006.

La sostanza che prevale sulla forma.

Non solo quindi è confermato il principio generale, secondo il quale, l’integrale applicazione dei contratti collettivi deve rispettare la sola parte economica e contributiva di questi ultimi, ma per verificare il “rispetto” si dovrà tenere conto a quanto effettivamente corrisposto dal datore di lavoro, a prescindere di quale sia il contratto collettivo “applicato” o, addirittura, a prescindere da una formale indicazione, abitualmente inserita nei contratti di lavoro, circa la “applicazione” di uno specifico contratto collettivo.

Attenzione però: il rispetto delle condizioni retributive dovrà essere rispettato con retribuzioni ordinarie, assoggettate ad imposizione contributiva e fiscale, e non potrà invece tenere conto di quei trattamenti previsti in favore del lavoratore che siano sottoposti, in tutto o in parte, a regimi di esenzione contributiva e/o fiscale (come ad es. avviene per il c.d. welfare aziendale).

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