I FINANZIAMENTI ALLE AZIENDE PORTANO IN DOTE L’ESENZIONE

Download PDF

I finanziamenti a medio e lungo termine erogati dagli istituti di credito alle aziende scontano solo l’imposta sostitutiva dello 0,25%.

L’articolo 15, primo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, recante disciplina delle agevolazioni tributarie, stabilisce espressamente che le operazioni relative ai finanziamenti a medio e lungo termine e tutti i provvedimenti, atti, contratti e formalità inerenti alle operazioni medesime, alla loro esecuzione, modificazione ed estinzione, alle garanzie, effettuate da aziende e istituti di credito e da loro sezioni o gestioni che esercitano il credito, e quelle effettuate dalla Cassa Depositi e Presiti S.p.A., ai sensi dell’articolo 5, comma 7, lettera b), del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, per le quali è stata esercitata l'opzione di cui all'articolo 17, sono esenti:

  • dall'imposta di registro;
  • dall'imposta di bollo;
  • dalle imposte ipotecarie e catastali;
  • dalle tasse sulle concessioni governative.

Il successivo comma 3, poi, definisce il concetto di finanziamento a medio-lungo termine, stabilendo che si considerano a medio e lungo termine le operazioni di finanziamento la cui durata contrattuale è superiore ai 18 mesi.

Condizione per imprescindibile per godere della descritta agevolazione è l’esercizio dell’opzione di cui all’articolo 17 del medesimo decreto, il quale prevede, in sostituzione dei tributi elencati, l’applicazione di un’imposta sostitutiva, con aliquota ordinaria pari allo 0,25%.

L’incerta individuazione del soggetto finanziatore

Storicamente, tale regime fiscale di favore ha posto gli interpreti davanti ad un dubbio interpretativo correlato al suo presupposto soggettivo di applicabilità: ossia stabilire se enti diversi dagli istituti bancari (SIM, SGR etc.) possano essere parimenti considerati beneficiari della disciplina in parola.

Sul punto, dal canto suo, l’Amministrazione finanziaria ha sempre tenuto, in sede di interpello diretti a far luce sul predetto quesito, un atteggiamento di netta chiusura rispetto alla possibilità di ritenere estensibile, in chiave interpretativa, tale regime. Così, infatti, nei più recenti documenti di prassi, nei quali l’Agenzia delle Entrate (Ris. 28 febbraio 2002 n. 62, con riferimento all’INPDAI; Ris. 10 giungo 2003 n. 131, in merito all’attività dell’INPDAP; Ris. 14 giugno 2007 n. 137, relativa alla Cassa Depositi e Presiti) ha costantemente ribadito l’applicabilità esclusiva dell’agevolazione in parola ai soli istituti di credito (ossia, banche).

 La Corte costituzionale allarga il perimetro dell’agevolazione

In questo quadro di incertezza si è innestata la decisione del Giudice delle leggi, che è stato chiamato a pronunciarsi direttamente sulla questione di legittimità costituzionale della descritta disciplina, per chiarire se la stessa, nella parte in cui esclude l’applicabilità alle operazioni di finanziamento poste in essere dagli intermediari finanziari, si ponga in contrasto con i parametri, contenuti:

  1. nell’articolo 3 (principio di uguaglianza);
  2. nell’articolo 41 (libertà dell’iniziativa economica privata).

In particolare, nella sentenza n. 242 del 20 novembre 2017, la Corte ha stabilito che la limitazione, ivi contenuta, non può essere considerata conforme ad entrambi i parametri evocati. Sotto il profilo del rispetto della ragionevolezza dell’applicabilità esclusiva alle banche, il Giudice ha rilevato come le situazioni messe a confronto appaiano rispondere ad una stessa ratio, attinente il favore che il legislatore tributario ha accordato agli investimenti produttivi: pertanto, tale scelta non può che confliggere con il suddetto canone di legittimità costituzionale; inoltre, la discriminazione, nel conferimento dell'agevolazione fiscale, pone obiettivamente in essere immotivata deroga alla contestuale violazione dell’articolo 41 della Costituzione, sotto il profilo della libertà di concorrenza, intesa come una delle manifestazioni della libertà d'iniziativa economica privata.

A sostegno di tali tesi, per la Corte, è stato sufficiente evocare il nono "considerando" della direttiva 15 marzo 1993, n. 93/6/CEE (Direttiva del Consiglio relativa all'adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi), il quale afferma che "in un mercato comune finanziario gli enti, a prescindere dal fatto che siano imprese di investimento o enti creditizi, sono direttamente concorrenti tra di loro".

La coincidenza oggettiva dei prodotti offerti, quindi, accompagnata dall'esclusività del beneficio fiscale attribuito alle operazioni di finanziamento poste in essere dalle banche, costituisce, secondo il ragionamento della Corte, una palese discriminazione a danno degli intermediari finanziari e una conseguente distorsione della concorrenza in tale specifico settore.

Le Sezioni Unite pongono il loro sigillo

Da ultimo, su tale questione è arrivata la decisione della Suprema Corte che, in conformità con quanto appena stabilito dalla Corte costituzionale, ha posto la parola fine a tale disputa interpretativa.

Anche in seno alla giurisprudenza della Cassazione, infatti, si era determinata una spaccatura tra pronunce di stampo restrittivo, secondo le quali, quanto ai presupposti, l’agevolazione non è applicabile ad operazioni poste in essere da intermediari finanziari, che, in quanto iscritti nell'elenco di cui all'articolo 107 del D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385, relativo ai soggetti abilitati al solo esercizio delle funzioni di cui al precedente art. 106, non esercitano la funzione creditizia (Cassazione, Sez. V, 20 aprile 2012, n. 6234); e quelle favorevoli ad un’estensione, poiché le agevolazioni fiscali, previste per le diverse tipologie di finanziamenti, devono intendersi accordate in funzione dell'attività di erogazione del credito e non anche in relazione alla natura giuridica del soggetto erogatore (Cassazione, Sez. V, 11 marzo 2011, n. 5845).

Ciò posto, la Cassazione non ha potuto far altro che prendere atto della nuova pronuncia, come risultante dalla sentenza del Giudice delle leggi, per stabilire come l’agevolazione debba essere pacificamente riconosciuta non solo agli istituti creditizi, ma anche agli intermediari finanziari, iscritti nell'elenco di cui all'articolo 107 del testo unico bancario.

Legislazione:

  • Articoli 15 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601.

 Prassi amministrativa:

  • Agenzia delle Entrate, Risoluzione 28 febbraio 2002, n. 61;
  • Agenzia delle Entrate, Risoluzione 10 giungo 2003, n. 131;
  • Agenzia delle Entrate, Risoluzione 14 giugno 2007, n. 137.

 Giurisprudenza:

  • Corte costituzionale, sentenza 20 novembre 2017, n. 242;
  • Cassazione, Sez. V, 11 marzo 2011, n. 5845;
  • Cassazione, Sez. V, 20 aprile 2012, n. 6234;
  • Cassazione, Sezioni Unite, 18 luglio 2018, n. 19106.
Download PDF

Nessun commento ancora


Lascia un commento

E' necessario autenticarsi per pubblicare un commento