IL CONTRADDITTORIO NEGLI ACCERTAMENTI PARZIALI? NON OBBLIGATORIO MA SOLO “CONSIGLIATO”

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Da luglio è entrato in vigore nel sistema dell'accertamento tributario un nuovo paradossale istituto: il contraddittorio "consigliato". Infatti, il nuovo art. 5-ter del D.Lgs. n. 218/97 introduce per legge un “invito obbligatorio”, ma spesso non necessario per l'Ufficio.

Il previo confronto rimane sicuramente previsto, con sanzione di nullità dell'atto, ogniqualvolta sia espressamente la legge stessa ad imporlo (per tutte, Cass. 15.1.2019 n. 701), come, ad esempio, per gli studi di settore (art. 10 co. 3-bis della L. 146/98), abuso del diritto (art. 10-bis della L. 212/2000), redditometro (art. 38 del DPR 600/73) e poco altro.

Per gli accertamenti parziali, invece, è ora previsto non già un vero obbligo generalizzato di contraddittorio preventivo, ma una sorta di impegno d’onore del Fisco all’audizione preventiva del contribuente nel procedimento di adesione.

Ad esempio, non vi sarà obbligo di convocare il contribuente nei casi in cui sia stata rilasciato un PVC di chiusura delle operazioni di verifica da parte degli organi di controllo e sono altresì esclusi, ex art. 5-ter co. 2 del DLgs. 218/97, gli accertamenti parziali (artt. 41-bis del DPR 600/73 e 54 co. 3 e 4 del DPR 633/72): praticamente più della metà degli accertamenti "a tavolino" notificati dall'agenzia delle Entrate.

Peraltro, anche nei casi in cui è previsto dalla nuova legge, il mancato avvio del contraddittorio ad opera dell'Ufficio comporterà l'invalidità dell'avviso di accertamento solo qualora, a seguito di impugnazione, il contribuente dimostri in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere se il contraddittorio fosse stato attivato (art. 5-ter co. 5 del DLgs. 218/97).

Come noto, fino ad oggi il contraddittorio è stato spesso vissuto dalle Entrate più come fastidio che come un’opportunità e sono rari i casi in cui il contribuente riesce a modificare in contraddittorio le granitiche convinzioni delle istruttorie con le quali i funzionari contestano ipotetiche basi imponibili evase.

Invero, nelle loro circolari le Entrate formulano spesso dichiarazioni di principio con le quali affermano la loro astratta volontà di “garantire l’effettiva partecipazione del contribuente al procedimento di accertamento” in senso non puramente formale, ma il contraddittorio preventivo è da ormai da troppo tempo una fase in cui le parti, rimanendo sulle loro posizioni, si danno spesso solo atto con un verbale di essersi fisicamente incontrate.

Cosa cambierà, allora, d’ora in avanti? Il comma 3 dell’art. 5-ter stabilisce che “in caso di mancata adesione, l’avviso di accertamento è specificatamente motivato in relazione ai chiarimenti forniti e ai documenti prodotti dal contribuente nel corso del contraddittorio”.

In buona sostanza, ora vi dovrà essere una rigorosa connessione tra le risultanze del contraddittorio e la motivazione del futuro avviso di accertamento, in quanto gli uffici fiscali avranno l’obbligo di argomentare “le ragioni del relativo mancato accoglimento” degli elementi offerti dal soggetto “controllato” durante le convocazioni. Ma questo sarà vincolante solo per gli accertamenti "non" parziali.

In altri termini, per gli atti che ricadranno all’interno dell’applicazione del nuovo 5-ter, sarà ora specificatamente eccepibile in giudizio anche l’eventuale svogliatezza argomentativa dei funzionari delle Entrate e, all’esito di un contraddittorio negativo, il Fisco non potrà più semplicemente dare atto nei verbali “di aver valutato ma di non aver accolto le ragioni del contribuente”.

D’ora in avanti, nelle motivazioni degli avvisi l’Ufficio non potrà più dire di “non aver accolto le obiezioni del contribuente”, ma dovrà spiegarne analiticamente le ragioni nell’ambito di una motivazione definita “rafforzata”, la cui genericità potrà essere sottoposta al vaglio della giurisprudenza.

Il problema fondamentale, tuttavia, risiede nel fatto che rimangono fuori da questo nuovo obbligo di rafforzamento della motivazione tutti gli avvisi di accertamento parziale (e non solo, quindi, quelli “automatizzati”).

E' pur vero che la recente circ. 17/E delle Entrate ha invitato gli Uffici, in caso di determinazione della pretesa basata su elementi presuntivi, ad attivare comunque un contraddittorio preventivo, ma tale indicazione ovviamente non basta per poter attrarre nei nuovi obblighi formali di contraddittorio obbligatorio, a pena di nullità, anche gli accertamenti parziali.

Ma vi è di più. Se, infatti, il nuovo obbligatorio contraddittorio previsto dall’art. 5-ter addirittura non venisse attivato, il comma 5 della norma in commento prevede un ulteriore paracadute per gli Uffici: il suo omesso avvio, infatti, determinerà l’invalidità dell’avviso di accertamento solo qualora, “a seguito di impugnazione, il contribuente dimostri in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere se il contraddittorio fosse stato attivato”.

In sostanza, la legge richiama espressamente il principio giurisprudenziale della c.d. “prova di resistenza”, la quale si traduce nella necessità di allegazione di prove (da parte del ricorrente) da depositare all’interno del contenzioso tributario, volte a dimostrare “in concreto le ragioni che il contribuente avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato” (Cass. SS. UU. n° 24823/15).

A chi scrive, come noto, è molto caro lo sport e sarà allora utilizzata una metafora calcistica per aiutare a comprendere meglio la singolarità di questa previsione. Si ipotizzi che nel mondo del calcio una partita tra Inter e Juventus non venga disputata per colpe imputabili a quest’ultima. Tuttavia, quale effetto di una norma incredibile, si preveda che l’Inter debba subire a tavolino la sconfitta in quella gara non disputata, qualora essa non riuscisse a dimostrare al giudice sportivo che quella partita, se fosse stata giocata, i nerazzurri l’avrebbero potuta vincere. Nel mondo del calcio scoppierebbe sicuramente una sommossa dei tifosi, in quello dell’accertamento tributario, invece, nulla ormai sembra impossibile in questa progressiva deriva legislativa (di ispirazione giurisprudenziale) pro-Fisco.

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