Il Decreto Trasparenza e la struttura del contratto di lavoro alla luce delle disposizioni del D.Lgs. n. 104/2022

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Sembra quasi di tornare indietro nel tempo, come un deja vù.

Esattamente due anni fa, e più precisamente il 14 agosto 2020 entrava in vigore il decreto legge   104/2020 il quale prevedeva, per chi non ricorda, “Misure urgenti connesse all’emergenza epidemiologica”. La coincidenza ha voluto che il Governo Italiano, due anni dopo, emanasse il D. lgs. 27 giugno 2022, n. 104 entrato in vigore il 13 agosto 2022. Chiaramente nulla hanno a che fare l’uno con l’altro e le circostanze sono decisamente diverse, ma è da sottolineare la coincidenza con il periodo di “ferie agostane” cui dovrebbe corrispondere un periodo di riposo ed allontanamento dalle attività lavorative per tutti, professionisti compresi.

Tornando al tema in esame, il D.Lgs. n. 104/2022 è entrato in vigore il  13 agosto ma con effetto ‘’retroattivo’’, nel senso che la sua applicazione è stata estesa anche ai rapporti di lavoro in essere al 1° agosto 2022.  Il testo normativo enuncia le nuove regole sulla trasparenza delle informazioni sul rapporto di lavoro e sulle condizioni di lavoro subordinato (e non), in Italia e all’estero. Il decreto in esame non è un provvedimento qualunque: esso è il decreto attuativo della Direttiva Comunitaria 2019/1152 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019 relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell’Unione europea. Quest’ultima sostituisce ed abroga la Direttiva 1991/533 relativa all’obbligo del datore di lavoro di informare il lavoratore delle condizioni applicabili al contratto o al rapporto di lavoro, che a suo tempo fu recepita mediante il D.Lgs. 26 maggio 1997 n. 152.

La direttiva summenzionata sancisce il diritto del lavoratore di essere informato in merito alle condizioni contrattuali applicabili al proprio rapporto di lavoro, ed ha lo scopo di “stabilire a livello dell’Unione prescrizioni minime” nella comunicazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro e sulle condizioni applicabili al fine di “garantire che tutti i lavoratori dell’Unione fruiscano di un livello adeguato di trasparenza e di prevedibilità”. Oltre a questo obiettivo primario, la Direttiva interviene modificando alcuni elementi che caratterizzano il contratto di lavoro:

  • Informazioni obbligatorie per i lavoratori relative al rapporto di lavoro
  • Periodo di prova
  • Cumulabilità degli impieghi
  • Prevedibilità minima dell’orario di lavoro
  • Transizione a forme di lavoro più prevedibili, sicure e stabili
  • Formazione obbligatoria
  • Meccanismi di protezione e risoluzione rapida nel caso di violazioni dei diritti previsti e relative sanzioni.

Purtroppo l’attività normativa di trasposizione della Direttiva in un testo legislativo non è stata del tutto fedele alla Direttiva stessa; infatti, chi avrà modo di leggerla, potrà confermare che il Decreto Legislativo tradisce tale spirito di semplificazione introducendo una serie di complicazioni burocratiche non richieste dalla normativa europea, inappropriate e del tutto contrastanti con gli obiettivi di digitalizzazione e de-burocratizzazione tra PA, datore di lavoro e lavoratore.

Infatti, mentre la direttiva richiamata elenca una serie di elementi minimi che il datore di lavoro è obbligato a comunicare al lavoratore, realizzando anche un processo di semplificazione della burocrazia in quanto prevede che tali elementi vengano forniti attraverso un rinvio alle disposizioni di legge, ai regolamenti, alle norme amministrative o statutarie o, ancora, ai Ccnl che li disciplinano,  internamente, il decreto attuativo aggrava le fasi di redazione e di consegna dei contratti di assunzione.

Passando all’analisi in concreto della normativa, il testo del decreto attuativo si compone di 17 articoli suddivisi in 4 Capi:

Capo 1 – Finalità e ambito di applicazione (artt. 1-3)

Capo 2 – Informazioni sul rapporto di lavoro (artt. 4-6)

Capo 3 – Prescrizioni minime relative alle condizioni di lavoro (artt. 7-11)

Capo 4 – Misure di tutela (artt. 12-17).

Il decreto disciplina il diritto all’informazione sugli elementi essenziali del rapporto di lavoro, sulle condizioni dello stesso e la relativa tutela. Dunque, esso trova applicazione nei confronti dei datori di lavoro privati ma anche pubblici e, in particolare, nei confronti dei rapporti di lavoro subordinato, ivi compreso quelli di lavoro agricolo, a tempo indeterminato e determinato, anche a tempo parziale, ma anche a ulteriori tipologie di rapporti e contratti di lavoro ovvero,

  • contratto di lavoro somministrato;
  • contratto di lavoro intermittente;
  • collaborazioni etero-organizzate di cui all'articolo 2, comma 1, D.Lgs. 81/2015;
  • collaborazioni coordinate e continuative ai sensi dell'articolo 409, n. 3, c.p.c.;
  • contratti di prestazione occasionale di cui all'articolo 54-bis, D.L. 50/2017 (convertito da L. 96/2017).

Inoltre, le disposizioni operano anche con riguardo ai rapporti di lavoro marittimo e della pesca, domestico e con le P.A.

Sono invece esclusi dall'applicazione del decreto:

  • i rapporti di lavoro autonomo di cui al titolo III del libro V del codice civile e quelli di lavoro autonomo di cui al D.Lgs. 28 febbraio 2021, n. 36;
  • i rapporti di lavoro caratterizzati da un tempo di lavoro predeterminato ed effettivo di durata pari o inferiore a una media di tre ore a settimana in un periodo di riferimento di quattro settimane consecutive;
  • i rapporti di agenzia e rappresentanza commerciale;
  • i rapporti di collaborazione prestati nell'impresa del datore di lavoro dal coniuge, dai parenti e dagli affini non oltre il terzo grado, che siano con lui conviventi;
  • i rapporti di lavoro del personale dipendente di amministrazioni pubbliche in servizio all'estero.

Le informazioni al lavoratore possono essere rese in formato cartaceo oppure elettronico, pertanto il datore di lavoro può trasmettere tali documenti anche a mezzo mail o posta elettronica certificata. La normativa enuncia che l'obbligo di informazione è assolto mediante la consegna al lavoratore, all'atto dell'instaurazione del rapporto di lavoro e prima dell'inizio dell'attività lavorativa, alternativamente:

  1. a) del contratto individuale di lavoro redatto per iscritto;
  2. b) della copia della comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro.

Le informazioni non contenute nei suddetti documenti, devono invece essere fornite per iscritto al lavoratore entro i sette giorni successivi all'inizio della prestazione lavorativa. Infine, le informazioni su CCNL, enti previdenziali, formazione, ferie e preavviso possono invece essere fornite al lavoratore entro trenta giorni dall'inizio della prestazione lavorativa. È rilevante precisare, qualora si verifichi l’estinzione del rapporto di lavoro entro il termine di un mese dalla data dell'instaurazione dello stesso, che la consegna al lavoratore delle informazioni obbligatorie deve avvenire al momento della cessazione. Il datore di lavoro ha altresì l’obbligo di conservare e rendere accessibili al lavoratore tali informazioni, nonché ne dovrà conservare la prova della trasmissione o della ricezione per la durata di cinque anni dalla conclusione del rapporto di lavoro.

In caso di mancata esibizione della prova di trasmissione o della ricezione delle informazioni troverà applicazione la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 750 euro. Mentre in caso di inadempimento della consegna di quanto sopra, verrà applicata la sanzione da 250 a 1.500 euro per ogni lavoratore interessato, soggetta a diffida ex articolo 13, D.Lgs. 124/2004.

Per quanto riguarda le informazioni che devono essere comunicate dal datore di lavoro al lavoratore con le modalità summenzionate, si precisa che il decreto in commento integra e sostituisce quelle informazioni che fino ad oggi venivano indicate nella lettera di assunzione e che prima della sua entrata in vigore erano disciplinate dall’art.1 del D.Lgs.  26 maggio 1997, n. 152.

Tutto ciò premesso, è previsto l’obbligo di indicare:

  1. le identità delle parti del rapporto di lavoro comprese quelle dei co-datori di cui all’articolo 30, comma 4-ter e 31, commi 3-bis e 3-ter, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276;
  2. il luogo di lavoro. In mancanza di un luogo di lavoro fisso o predominante, il datore di lavoro comunica che il lavoratore è occupato in luoghi diversi o è libero di determinare il proprio luogo di lavoro;
  3. la sede o il domicilio del datore di lavoro;
  4. l'inquadramento, il livello e la qualifica attribuiti al lavoratore, in alternativa, le caratteristiche o la descrizione sommaria del lavoro;
  5. la data di inizio del rapporto di lavoro;
  6. la tipologia di rapporto di lavoro, precisando in caso di rapporti a termine la data di conclusione o la durata dello stesso;
  7. nel caso di lavoratori tramite agenzia di somministrazione del lavoro, l’identità delle imprese utilizzatrici, quando e non appena è nota;
  8. la durata e le condizioni del periodo di prova, se previsto;
  9. il diritto a ricevere la formazione erogata dal datore di lavoro, se prevista;
  10. la durata del congedo per ferie, nonché degli altri congedi retribuiti cui ha diritto il lavoratore o, se ciò non può essere indicato all'atto dell'informazione, le modalità di determinazione e di fruizione degli stessi;
  11. la procedura, la forma e i termini del preavviso in caso di recesso del datore di lavoro o del lavoratore;
  12. l'importo iniziale della retribuzione o comunque il compenso e i relativi elementi costitutivi, con l'indicazione del periodo e delle modalità di pagamento;
  13. la programmazione dell'orario normale di lavoro e le eventuali condizioni relative al lavoro straordinario e alla sua retribuzione, nonché le eventuali condizioni per i cambiamenti di turno, se il contratto di lavoro prevede un'organizzazione dell'orario di lavoro in tutto o in gran parte prevedibile;
  14. se il rapporto di lavoro, caratterizzato da modalità organizzative in gran parte o interamente imprevedibili, non prevede un orario normale di lavoro programmato, il datore di lavoro informa il lavoratore circa:
  • la variabilità della programmazione di lavoro, l'ammontare minimo delle ore retribuite garantite e la retribuzione per il lavoro prestato in aggiunta alle ore garantite;
  • le ore e i giorni di riferimento in cui il lavoratore è tenuto a svolgere le prestazioni lavorative;
  • il periodo minimo di preavviso a cui il lavoratore ha diritto prima dell'inizio della prestazione lavorativa e, ove ciò sia consentito dalla tipologia contrattuale in uso e sia stato pattuito, il termine entro cui il datore di lavoro può annullare l'incarico.
  1. il contratto collettivo, anche aziendale, applicato al rapporto di lavoro, con l'indicazione delle parti che lo hanno sottoscritto;
  2. gli enti e gli istituti che ricevono i contributi previdenziali e assicurativi dovuti dal datore di lavoro e qualunque forma di protezione in materia di sicurezza sociale fornita dal datore di lavoro stesso;
  3. ulteriori obblighi informativi, previsti dall’art. 1 del D.Lgs. n. 152/1997, qualora le modalità di esecuzione della prestazione di lavoro siano organizzate mediante l’utilizzo di sistemi decisionali o monitoraggio automatizzati.

Quest’ultimo punto dell’elenco complica le cose per il datore di lavoro, infatti il decreto fa riferimento ai “sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati deputati a fornire indicazioni rilevanti ai fini della assunzione o del conferimento dell’incarico, della gestione o della cessazione del rapporto di lavoro, dell’assegnazione di compiti o mansioni nonché indicazioni incidenti sulla sorveglianza, la valutazione, le prestazioni e l’adempimento delle obbligazioni contrattuali dei lavoratori”.

Ne deriva che nel caso in cui siano presenti sistemi del genere, il datore di lavoro o il committente deve fornire ai lavoratori delle informazioni aggiuntive, espressamente elencate dal Decreto. Dall’altro lato il Decreto riconosce il diritto al lavoratore di accedere ai dati e di richiedere ulteriori informazioni concernenti gli obblighi informativi suddetti, stabilendo che il datore di lavoro o il committente debbano trasmettere i dati richiesti e rispondere per iscritto entro trenta giorni. Tale diritto può essere esercitato direttamente o per il tramite dei propri rappresentanti sindacali.

La norma in commento, inoltre, introduce un espresso divieto di licenziamento e di trattamento sfavorevole conseguente all’esercizio da parte del lavoratore, dei diritti previsti dal novellato D.Lgs. n. 152/1997.

In aggiunta, nel caso in cui il lavoratore a causa della violazione dei diritti previsti dal presente decreto, esperisca a propria tutela un tentativo stragiudiziale ‒ amministrativo o di conciliazione ‒ ovvero ricorra all’autorità giudiziaria, e per effetto di ciò dovesse subire comportamenti di carattere ritorsivo o che, in ogni caso, possano determinare effetti sfavorevoli nei suoi confronti o di un suo rappresentante sindacale, ferma restando ogni conseguenza prevista dalla legge derivante dall’invalidità dell’atto, è prevista l’applicazione della sanzione amministrativa da 250 a 1.500 euro.

Le disposizioni di cui al presente decreto si applicano a tutti i rapporti di lavoro già instaurati alla data del 1° agosto 2022. Mentre i lavoratori già assunti alla data del 1° agosto possono presentare richiesta scritta al datore di lavoro o il committente, il quale è tenuto fornire, aggiornare o integrare entro sessanta giorni le informazioni al presente decreto. In caso di inadempimento del datore di lavoro o del committente, si applica la sanzione di cui all'articolo 19, comma 2, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. contestualmente, l'assenza della richiesta summenzionata, non preclude al lavoratore i diritti minimi previsti dal decreto trasparenza.

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