Il TFM è come il TFR? Sì per l’Agenzia delle Entrate, No (a volte) per i giudici

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Con sempre maggiore frequenza, l’Agenzia delle Entrate accerta in capo alle società l’indeducibilità della quota del TFM accantonata, in quanto ritenuta eccedente l’importo stabilito dal legislatore in materia di TFR all’art. 2120 c.c., in quanto ivi si legge che “il trattamento si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all’importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso divisa per 13,5”. Secondo l’interpretazione della parte erariale, le norme in materia di TFR sarebbero allora applicabili, de plano, anche al TFM.

Invero, in tema di trattamento di fine mandato, il disposto degli artt. 105, commi 2 e 4 e 17, comma 1 lett. c) del TUIR stabilisce che gli accantonamenti siano deducibili nei limiti delle quote maturate nell’esercizio, in conformità alle disposizioni legislative e contrattuali che regolano il rapporto di lavoro degli amministratori societari e la sola condizione che viene posta è che il diritto all’indennità risulti da un atto avente data certa e anteriore all’inizio del rapporto collaborativo.

Capita, tuttavia, che nel cupo panorama di giudicati di merito sempre più appiattiti sulle pretese erariali, ogni tanto accada che emerga un’isola di cultura tributaria in un oceano di superficialità. E’ questo il caso della sentenza della C.T. Reg. Piemonte n. 618/1/20.

Respingendo l’appello dell’Agenzia delle Entrate, i giudici piemontesi hanno statuito che, in tema di TFM, gli artt. 105 commi 1 e 4 e 17 comma 1 lett. c) del TUIR non fondano e non possono cementare un combinato disposto con l’art. 2120 c.c., cosicché l’applicazione della previsione civilistica agli accantonamenti al TFM diviene frutto di un’interpretazione fantasiosa, asseritamente analogica, da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Secondo l’Agenzia, nonostante gli adempimenti formali previsti all’art. 17, comma 1, lett. c) del TUIR siano rispettati, sarebbe comunque possibile una lettura normativa acrobatica che, grazie al rimando, operato dal comma 4 dell’art. 105 del TUIR, al comma1 del medesimo articolo, che, a sua volta, rimanda alla disciplina civilistica statuita per il TFR, sarebbe in condizione di legittimare l’applicazione dei limiti indicati nell’art. 2120 c.c. anche agli accantonamenti per il TFM.

Ora, se è pur vero che i redditi da co.co.co., quali sono i compensi spettanti agli amministratori, sono assimilati dalla normativa fiscale ai redditi da lavoro dipendente (qualora, ovviamente, non siano svolti nell’oggetto della professione esercitata dal contribuente, come nel caso di un dottore commercialista), certamente non esiste nell’ordinamento la possibilità di formulare un’analoga previsione che renda applicabili i limiti di deducibilità previsti per il TFR anche al TFM degli amministratori, dato che il rapporto con la società si fonda sulla norma relativa ad un mandato costituente una diversa disciplina contrattuale.

In definitiva, sebbene l’art. 105 del TUIR disponga che gli accantonamenti siano deducibili in conformità alle disposizioni legislative e contrattuali che regolano il rapporto di lavoro, non deve sfuggire come l’art. 2120 c.c. risulta norma che non può divenire regolatrice anche del rapporto di lavoro degli amministratori di società, rapporto lavorativo che gode di una sua regolamentazione e che rinviene la propria disciplina negli accordi contrattuali tra le parti, rimessi alla libera contrattazione. E ovviamente ciò non può significare, come invece il Fisco sostiene, che in quel rapporto lavorativo gli accantonamenti non siano liberamente determinabili proprio per accordo tra le parti, basati sulle “disposizioni contrattuali”, in conformità all’art. 105 del TUIR.

Alcune pronunce (C.T. Reg. Piemonte 19 febbraio 2020 n. 236/3/20 e C.T. Reg. Lombardia 3 dicembre 2018 n. 5280/18/18) erano già andate in direzione contraria alla pretesa accertatrice del Fisco, mentre altre recenti sentenze sono andate in opposta direzione (C.T. Reg. Piemonte 14 novembre 2019 n. 1221/2/19), avvalorando l’idea delle Entrate secondo cui l'accantonamento al trattamento di fine mandato, operato in misura superiore al compenso annualmente stabilito dall'amministratore diviso 13,5, sarebbe fiscalmente indeducibile.

Gli archeologi dell’accertamento tributario individuano le origini ispiratrici di questa invenzione accertatrice in un risalente commento dell’organo di informazione dell’Agenzia delle Entrate (Merone C. "Trattamento di fine mandato: importi accantonabili e deduzione", Fisco Oggi, 8.6.2009), i cui contenuti sono stati posti a fondamento di contestazioni fiscali accolte in alcune sentenze (oltre a quella già citata, C.T. Prov. Treviso 24.8.2018 n. 268/2/18 e la C.T. Reg. Napoli 1.12.2015 n. 10730).

Valorizzando, invece, il fatto che nessuno ha mai previsto un'apposita norma che indichi le modalità istitutive e i criteri di calcolo dei compensi agli amministratori (incluse quindi le somme accantonate a TFM), stante la mancanza di riferimenti legali contenenti i limiti massimi di spesa e che gli importi accantonati rimangono rimessi alla libera volontà delle parti, altri pronunciamenti hanno negato all'Amministrazione finanziaria ogni arbitrario potere di valutazione sulla loro congruità (tra queste, C.T. Reg. Roma 16.1.2012 n. 25/1/12, C.T. Reg. Venezia 3.2.2016 n. 196/1/1 e C.T. Prov. Lecco 11.7.2017 n. 164/2/17, C.T. Reg. Lombardia 11.9.2018 n. 3749/16/18).

In questa giostra giurisprudenziale e nel disordine giudicante di chi non si arrende alla realtà, un punto fermo lo ha recentemente segnato anche autorevole dottrina (Leo M. "Le imposte sui redditi nel Testo unico", Giuffré, Milano, 2018, p. 1923), che ha chiaramente ricordato che "per quanto attiene alla determinazione delle indennità da corrispondere alla cessazione del rapporto di collaborazione coordinata e continuativa si rileva che allo stato della vigente normativa non esistono parametri analoghi a quelli previsti per il rapporto di lavoro dipendente, e pertanto a tal fine vanno assunte le pattuizioni contenute nell'anzidetto atto scritto".

In conclusione, ai fini della deduzione delle quote di accantonamento al TFM non possono valere i limiti codicistici previsti per il TFR dall’art. 2120 c.c.

Prima o poi, tutti i giudici lo riconosceranno... forse…

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