Immobile dei coniugi separati o divorziati – che succede se si vende prima dei 5 anni

Download PDF

Come noto, la vendita di una abitazione da parte di una persona fisica privata, se effettuata entro i cinque anni dall’acquisto, comporta l’assoggettamento ad Irpef della plusvalenza realizzata. Nessuna tassazione, invece, se l’immobile è pervenuto per successione ereditaria.

In termini generali, dette plusvalenze tassate in base al principio di cassa sono determinate, ai sensi dell’art. 68 co. 1 del TUIR, come differenza tra:

  • L’ammontare dei corrispettivi percepiti nel periodo d’imposta a fronte della cessione;
  • La corrispondente quota di costo o valore fiscale di acquisto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene.

 Come si contano i 5 anni

Quale termine “finale” per il computo del quinquennio rileva la data in cui viene ceduto l’immobile (atto notarile), a prescindere dal momento in cui avviene il pagamento del corrispettivo.

Con riferimento al termine iniziale occorre distinguere:

  1. Immobile acquistato presso terzi – occorre fare riferimento alla data dell’atto di acquisto ovvero, se diversa o successiva, a quella in cui si è prodotto l’effetto traslativo del diritto reale (es. acquisto della proprietà in capo al cedente).
  2. Fabbricato costruito dal cedente - quale termine iniziale rileva quello di ultimazione dell’edificazione. In questo caso è necessario nuovamente distinguere a seconda che il fabbricato, alla data della cessione, risulti:

a)   già ultimato - si assume quale termine iniziale la data in cui il fabbricato è stato ultimato (dichiarazione di “fine lavori” presentata presso l’ufficio tecnico comunale, a nulla rilevando la data del certificato di collaudo, o anche quella dell’iscrizione in Catasto del fabbricato (Risoluzione Agenzia delle Entrate 6.6.2008 n. 23);

b)  non ultimato ma comunque esistente – vale a dire che presenta almeno il rustico (mura perimetrali e tetto di copertura ex art. 2645-bis co. 6 c.c.). Il dies a quo coincide con la data di ultimazione del rustico, che deve tuttavia essere comprovata, ad esempio, tramite l’accatastamento nella categoria F/3 (immobili in corso di costruzione).

In assenza di tali requisiti formali, la data a decorrere dal quale l’immobile si intende esistente può essere fornita dimostrando che il medesimo è stato concesso in uso a terzi (es. contratto di locazione o comodato), come chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella Risoluzione n. 231 del 6.6.2008.

Pur in assenza di specifica presa di posizione ufficiale sul punto si ritiene di poter sostenere che altra prova valida è quella della presenza di utenze (energia elettrica, gas) con comprovati consumi.

La vendita di immobile adibito ad abitazione propria o dei familiari

Sono però escluse dalla tassazione le plusvalenze derivanti dalla cessione di unità immobiliari urbane adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari per la maggior parte del periodo intercorso tra acquisto e cessione. L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che l’esimente opera sempre che l’unità immobiliare sia stata utilizzata come abitazione principale e sia classificata o classificabile nelle categorie del gruppo A (eccetto gli A/10), che presuppongono e comprovano la sussistenza dell’idoneità all’uso abitativo.

L’esclusione è applicabile anche alle pertinenze dell’abitazione principale (art. 817 c.c.) poiché la sussistenza del nesso pertinenziale “consente di estendere alla pertinenza l’applicazione della medesima disciplina dettata per la tipologia del fabbricato principale” (Agenzia delle Entrate Circolare n. 12 del 1.3.2007). L’agenzia ha chiarito in tema di agevolazioni per l’acquisto della prima casa che tra le pertinenze dell’abitazione principale vi rientrano anche i terreni agricoli (es. giardini, orti), sempre che siano censiti al Catasto Urbano insieme all’abitazione principale (c.d. “graffatura”). Non si tratta di pertinenza se l’area è autonomamente censita al Catasto dei Terreni ancorché durevolmente destinata a servizio del bene principale. Si ritiene che tali principi possano essere utilizzati anche ai fini del presente contributo.

I familiari e il coniuge separato o divorziato

Per quanto riguarda l’individuazione dei familiari, occorre fare riferimento all’art. 5 co. 5 del TUIR, ove si afferma che ai fini delle imposte dirette si intendono come tali:

  • il coniuge;
  • i parenti entro il 3° grado;
  • gli affini entro il 2° grado.

L’agenzia delle entrare, con la Risoluzione n. 82/2008, ha risposto ad un interpello nel quale veniva rappresentato che due coniugi avevano acquistato in comproprietà un immobile andandoci ad abitare. A distanza di sei mesi, in sede di separazione consensuale, detto immobile era stato assegnato solo al marito. Successivamente e prima del trascorrere di 5 anni l’immobile di proprietà dei due coniugi separati è stato venduto. L’agenzia ha chiarito che nessuno dei due coniugi deve tassare la plusvalenza, neanche la moglie che ha abitato l’immobile solo per sei mesi perché per il restante periodo di tempo è stato comunque abitato dal coniuge separato.

In virtù di tale principio riteniamo che si possa affermare che, seppure i due coniugi ottengano il divorzio (restando comproprietari della casa utilizzata solo da uno dei due) all’atto della vendita infra quinquennale non sconti alcuna plusvalenza neanche l’ex coniuge che non ha abitato la casa se in questa vi hanno abitato i figli per la maggior parte del periodo di possesso dell’abitazione, essendo questi parenti di primo grado.

 

Norma: Tuir, articoli 5, 67 e 68

Prassi: Agenzia delle entrate: Risoluzione n. 82/2008, n. 23/2008, 231/2008; Circolare n. 12/0007

Download PDF

Nessun commento ancora


Lascia un commento

E' necessario autenticarsi per pubblicare un commento