Imprese in Contabilità Semplificata (quasi) per cassa

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La legge di bilancio 2017 ha soppresso il regime di contabilità semplificata per competenza e ha introdotto, dal 1° gennaio 2017, il nuovo regime naturale delle imprese individuali e società di persone cd. per cassa, ovvero laddove si intenda optare irrevocabilmente per tre anni per il nuovo regime “per registrazione”. Tale ultimo criterio non sarà ora oggetto di commento.

Dunque, al momento i soggetti che nel 2016 hanno avuto un volume di ricavi (per competenza):

  • non superiore a € 400.000 se operano nel settore dei servizi;
  • non superiore a 700.000 se operano in settori diversi (ossia in pratica vendita di beni)

sono automaticamente nel nuovo regime di determinazione del reddito e dell’IRAP cd. “di cassa”.

Da questo ne possono uscire già dal 2017 optando:

  • irrevocabilmente per tre anni (2007-2009) per l’innovativo regime “per registrazione”;
  • irrevocabilmente per tre anni (2007-2009) per il ben conosciuto regime ordinario (partita doppia).

L’opzione si esercita nella dichiarazione Iva del prossimo anno: nel frattempo occorre assumere un atteggiamento concludente.

Dal 2017 in poi, per comprendere se si ha diritto a rimanere nel regime “per cassa” o “per registrazione”, quest’ultimo come detto opzionale, occorrerà non più fare riferimento al volume annuale dei ricavi per competenza, bensì, a secondo della scelta adottata al volume di ricavi incassati, ovvero registrati.

La contabilità per cassa – l’incesto

Premesso che l’interpretazione dell’agenzia delle entrate sembra si stia indirizzando nel senso di disconoscere completamente il dettato letterale del nuovo articolo 66 del Tuir, come riscritto dalla legge di bilancio 2017, alcune cose sono (quasi) chiare:

  • i ricavi per vendita di beni e servizi (fatture, scontrini e ricevute) formano reddito al momento dell’incasso così come i dividendi e gli interessi attivi;
  • gli acquisti di beni e servizi oggetto dell’attività caratteristica dell’impresa sono deducibili al momento del pagamento, così come gli interessi passivi.

Continuano però ad andare per competenza:

  • plusvalenze, minusvalenze, sopravvenienze attive e passive, ammortamenti, perdite su crediti, perdite di beni, canoni di locazione di appartamenti affittati, il valore normale dei beni assegnati ai soci o prelevati dall’imprenditore individuale per sé e per la propria famiglia, gli accontamenti al TFR, FIRR, IFM, ISC (sin qui è la norma e non si scappa);
  • canoni di leasing (chiarimento Telefisco: tutto sommato ci sta!).

Dove, invece, l’opera creativa dell’interprete ufficiale si è (rectius, si sta: si veda Telefisco e la circolare di prossima pubblicazione) esibendo con voli pindarici di notevole spericolatezza, è nei criteri di deducibilità dei costi e delle spese richiamati nel comma 3 del citato articolo 66 del predetto Tuir che dal 2017 disciplina la determinazione del reddito dei soggetti in “semplificata”.

Trattasi, nell’ordine; di:

  • 56, comma 5 (allevamento di animali): specifica modalità di determinazione del reddito;
  • 65 (beni relativi all’impresa): sono relativi all’impresa quelli annotati nel libro inventari;
  • 91 (proventi esenti da tassazione): se sono esenti restano non tassati anche se li incasso;
  • 95 (spese per prestazioni di lavoro): limiti di deducibilità trasferte Italia/estero; rimborso KM auto entro 15 cf, etc.;
  • 100 (oneri di utilità sociale): deducibilità massima elargizioni liberali; servizi e opere a dipendenti massimo 5 x 1000 del costo del lavoro;
  • 108 (costi pluriennali); leggasi, spese ricerca e pubblicità che, peraltro, a brevissimo verranno espunte da detto articolo perché nono sono più ammortizzabili;
  • 90, comma 2 (indeducibilità costi immobili patrimoniali): visto che precedentemente abbiamo preso atto che l’appartamento affittato forma reddito con il criterio fondiario (si tassa il canone) si ricorda ora che i relativi sosti non si deducono;
  • 99, commi 1 e 3 (le imposte non si deducono e quelle che si deducono vanno per cassa);
  • 109, commi 5 (l’ovvio principio di inerenza), 7 (interessi di mora, vanno per cassa) e 9, lettera b) (indeducibilità compensi ad associati in partecipazione con apporto di capitale o misto)
  • 110, commi 1 (il costo dei beni comprende gli oneri accessori), 2 (Il valore normale si determina in base all’articolo 9 del Tuir, ossia prezzo mediamente praticato, etc.), 5 (se il periodo d’imposta è minore o maggiore di 365 giorni taluni costi si ragguagliano a giorni), 6 (la modifica dei criteri di valutazione va comunicata all’agenzia) e 8 (principio di continuità del periodo d’imposta).

Ora, vi chiedo: in questi articoli sopra elencati trovate da qualche parte espresso il principio di competenza temporale?

No, mai, credetemi!

Purtuttavia, secondo la recente stringata risposta fornita a Telefisco, i costi relativi ai dipendenti (stipendi, salari e contributi) si deducono per competenza. Ecco la risposta: Si ritiene che per effetto dell’espresso rinvio operato dal legislatore (ai sensi del comma 3 del novellato articolo 66 del TUIR) all’applicazione degli articoli 95, 100 e 102 del TUIR i relativi conti siano deducibili per competenza. Infatti, la specifica disciplina ivi prevista per le spese per prestazione di lavoro, per gli oneri di utilità sociale e per gli ammortamenti e canoni di leasing, rende di fatto operante per tali componenti il criterio di competenza.”.

Ora, mentre per gli ammortamenti è il comma 2 del nuovo articolo 66 che (chiaro e tondo) afferma la loro deducibilità, per i canoni di leasing l’interpretazione della deducibilità per competenza per quanto non richiamati ci sta, posto che già in passato si è più volte chiarito che proprietà e leasing devono avere lo stesso trattamento per non creare discriminazioni. Dunque, nulla da eccepire.

Ma francamente l’articolo 95 rubricato “Spese per prestazioni di lavoro” richiamato nel comma 3 (vedi elenco sopra) non afferma affatto che i  costi relativi alle retribuzioni dei dipendenti vanno per competenza come afferma la risposta a Telefisco.

Ed infatti, il principio di competenza è contenuto nell’articolo 109, comma 1 “I ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi, per i quali le precedenti norme della presente Sezione non dispongono diversamente, concorrono a formare il reddito nell'esercizio di competenza”. È sintomatico che il predetto comma 1 del citato art. 109 che vi ora trascritto non è più richiamato nel comma 3 del nuovo articolo 66 del Tuir che disciplina la contabilità per cassa.

Perbacco: se si va per cassa non è possibile lasciare il richiamo alla norma (art. 109, comma 1) che dispone la competenza!

La verità è che gli articoli richiamati dal comma 3 del nuovo articolo 66 del Tuir (vedi elenco sopra), assolutamente presenti anche nella versione della norma applicata sino al 31 dicembre 2016, avevano uno scopo ben diverso da quello di sancire che tali componenti si deducevano per competenza.

Avevano lo scopo:

  • di comprimere la deducibilità di taluni costi e spese: servizi a dipendenti massimo 5 x 1.000, elargizioni alle Onlus massimo € 2.000, trasferte Italia massimo € 180,76; etc., etc.);
  • di stabilire principi di coerenza e salvaguardia: gli immobili sono dell’impresa solo se iscritti a libro inventari, i ricavi se sono esenti non si tassano, etc., etc.

Mi diverte il fatto che ci si stia arrovellando per capire come si deducono le spese di manutenzione, riparazione e ammodernamento posto che la norma nel citare l’articolo 102 del Tuir richiama solo gli ammortamenti e si dimentica le manutenzioni che pure sono ivi disciplinate.

Sembra si tratti del tormentone dell’anno.

Come dire: ci si concentra sulla pagliuzza nell’occhio trascurando la trave. Perbacco e adesso come la risolviamo questa rogna delle manutenzioni?

Se allora stiamo a questo mi chiedo come si spiega che nel comma 3 dell’art. 66 si richiami anche l’art. 109, comma 7 il quale dispone che gli interessi di mora si tassano e si deducono per cassa. Ma se siamo già nel criterio di cassa che senso ha richiamarlo insieme a tutti gli altri articoli che avrebbero il compito di sancire che le citate componenti vanno per competenza, in deroga alla cassa? E perché richiamare l’intero comma 1 dell’art. 99 il quale afferma che le imposte non si deducono ma aggiunge che quelle che si deducono vanno per cassa.

Insomma …un bel pasticcio!

Cosa? Mi sono dimenticato di dire che il magazzino al 31 dicembre 2016 diventa un costo e a fine anno 2017 le rimanenze non vanno portate a ricavo?

Giusto! Ecco rimediato alla dimenticanza.

 

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