LA DISCIPLINA IVA DELLE VENDITE A DISTANZA

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La direttiva 2017/2455/UE prevede, fra l’altro, a decorrere dall’1 gennaio 2021,             l’estensione del regime speciale MOSS alle vendite a distanza di beni, con l’introduzione di un’unica soglia comunitaria di riferimento (pari a 10.000 euro) per l’individuazione del luogo di tassazione nell’ambito delle vendite a distanza. Pertanto, il superamento della soglia di 10.000 euro di cessioni B2C verso Stati UE, a partire dal 2021, comporta l’obbligo di applicazione dell’IVA nel Paese del committente (in luogo di quello del prestatore). In ogni caso, gli operatori ripossono optare per la tassazione a destino anche in presenza di cessioni di beni al di sotto della soglia di 10.000 euro.

Per espressa previsione della direttiva n. 2455/2017, la definizione di vendita a distanza copre anche le ipotesi in cui il venditore interviene indirettamente nel trasporto.

Le regole vigenti

Nell’impianto vigente, fino al recepimento dell’articolo 2 della direttiva n. 2455/2017, alle vendite a distanza si continua ad applicare la disciplina di cui agli artt. 40, co. 3, e 41, co. 1 lett. b), del D.L. n 331/93; si tratta di quelle in cui:

  • gli acquirenti siano persone fisiche non soggetti Iva, o comunque soggetti che non sono tenuti all’applicazione dell’Iva sugli acquisti intracomunitari ai sensi dell’art. 38, co. 6, del D.L. n. 331/1993 (enti, associazioni e altre organizzazioni non soggetti Iva, produttori agricoli esonerati, contribuenti soggetti al pro-rata di indetraibilità totale dell’IVA sugli acquisti);
  • i beni sono trasportati da uno Stato membro ad un altro a cura del cedente o da terzi per suo conto.

A tale ultimo riguardo è necessario fare riferimento all’interpretazione autentica di cui all’art. 11-quater del D.L. 14 marzo 2005, n. 25, la quale ha specificato che non è rilevante il mezzo mediante il quale è effettuato l’ordine di acquisto, quanto, piuttosto, la circostanza che il bene deve essere consegnato dal cedente o per suo conto a destinazione dell’acquirente stesso (in altro Stato membro). In senso conforme anche il Working Paper n. 855 del 5 maggio 2015 del Comitato IVA.

Il trattamento IVA delle vendite a distanza di beni intra-UE

L’articolo 34 della Direttiva IVA prevede che tali vendite scontino l’IVA del Paese del fornitore ma solo fino al non superamento di una soglia che deve essere determinata autonomamente dal legislatore del Paese di destinazione, ma compresa tra 35.000 e 100.000 euro; in caso di superamento, si applica l’imposta del Paese di destinazione (art. 34 della Direttiva 2006/12/CE). Ogni paese ha individuato la propria soglia a cui i cedenti di altri paesi si devono attenere quando effettuano vendite a privati.

La soglia di protezione fissata dall’Italia all’art. 40, co. 4, lett. b), è di 35.000 euro; pertanto, se il cedente è stabilito in altro Stato membro e il consumatore risiede in Italia, la cessione rileva in Italia solo se viene superata la soglia di 35.000 euro su base annua. In questo caso il cedente deve identificarsi ai fini IVA in Italia, tramite la nomina di un rappresentante fiscale ovvero l’identificazione diretta (art. 17, terzo co., e art. 35-ter del D.P.R. n. 633 del 1972), prima di procedere alle cessioni dirette a privati consumatori.

In caso di superamento della soglia nel corso dell’anno, le operazioni già eseguite nel periodo anteriore al superamento si intendono confermate come effettuate nello Stato membro di origine.

L’imposta verrà applicata secondo il principio di destinazione soltanto a partire dalla cessione che ha determinato il superamento della soglia, con effetto per tutte le vendite a distanza effettuate nella restante parte dell’anno e in quello successivo.

Resta il fatto che Il cedente può optare, comunque, per la tassazione nel Paese di destinazione. L’opzione vincola il soggetto passivo per i due anni successivi. Una volta decorso il periodo minimo di permanenza, la stessa può essere revocata.

Fatturazione delle vendite a distanza

Ai sensi dell’art. 22 del D.P.R. n. 633/1972, per le vendite per corrispondenza (nonché le operazioni assimilate a queste ultime) vi è l’esonero dall’obbligo di certificazione dei corrispettivi mediante scontrino o ricevuta fiscale (art. 2 del lett. 00) del D.P.R. n. 696/1996). La fattura va emessa solo se la stessa è richiesta contestualmente dal cliente. Per le cessioni intracomunitarie di cui l’art. 46, co. 2, del D.L. n. 331/1993 vi è l’obbligo della fattura; l’art. 46, co. 3, del medesimo D.L. n. 331/1993 specifica che per le “cessioni di beni in base a cataloghi, per corrispondenza e simili” la fattura non richiede l’indicazione del numero di identificazione IVA del cessionario.

Normativa

  • Artt. 17, 33 e 34 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28novembre 2006 relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto;
  • Artt. 2 e 3 della direttiva (UE) 2017/2455 DEL CONSIGLIO del 5 dicembre 2017 che modifica la direttiva 2006/112/CE e la direttiva 2009/132/CE per quanto riguarda taluni obblighi in materia di imposta sul valore aggiunto per le prestazioni di servizi e le vendite a distanza di beni;
  • Artt. 38, co. 6, 40, co. 3, 40, co. 4, lett. b), e 41, co. 1 lett. b), 46, co. 2 e 3, decreto-legge del 30 agosto 1993 n. 331;
  • Art. 11-quater del D.L. 14 marzo 2005, n. 25;
  • Art. 24, co. 7, lett. b), n. 1), della legge 7 luglio 2009, n. 88.

 Prassi

  • Agenzia delle entrate, risoluzione 25 settembre 2012, n. 90;
  • Agenzia delle entrate, risoluzione 31 marzo 2005, n. 39;
  • Ministero dell’economia, circolare 23 febbraio 1994, n.13.
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