La responsabilità patrimoniale dei soci delle società di persone

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I soci delle snc (per le sas apriremo un capitolo a parte) per quanto riguarda gli “impegni” derivanti dalla loro qualifica possono distinguere tra:

  • impegni nei confronti della società (e in fin dei conti nei confronti degli altri soci)
  • impegni nei confronti dei terzi creditori della società.

Il primo impegno (meno conosciuto del secondo) è quello che i soci hanno nei confronti della società in cui partecipano: hanno l’obbligo, ad esempio, di farsi carico delle perdite per la quota di propria pertinenza che si contrappone al diritto di percepire gli utili anch’essi per la quota di propria spettanza. Abbiamo già visto negli scorsi numeri di questa sezione che il socio che non rispetta tale obbligo può essere estromesso in sede di abbattimento del capitale sociale per perdite. E’ vero che nelle società di persone non vi è un capitale minimo, ma se questo viene eroso completamente dalle perdite c’è l’obbligo di ricapitalizzare.

Sul punto va però segnalato che in sede di stipula dei patti societari è possibile prevedere una deroga al principio di proporzionalità e disporre, ad esempio, che fermo restando che il socio Caio ha il 50% del capitale sociale così come il socio Tizio, quest’ultimo risponde per il solo 30% delle perdite, mentre incasserà il 50% dell’utile. Siamo in democrazia: i soci della snc si accordano come credono. E’ ovvio che tale clausola impatta anche a livello fiscale all’atto della imputazione dei redditi e delle perdite per trasparenza ai soci.

Il secondo impegno (maggiormente conosciuto) senz’altro più preoccupante, è che il socio risponde illimitatamente e solidalmente con il proprio patrimonio per tutti i debiti della società insoddisfatti. Questa regola non conosce alcuna eccezione e riguarda anche i soci che non sono amministratori che, dunque, potrebbero essere del tutto ignari dei debiti contratti dalla società.

Il beneficium excussionis

L’unica consolazione è che nelle società esiste il cd. beneficium excussionis (articolo 2304 cod. civ.), vale a dire che i creditori societari possono soddisfarsi sul patrimonio di qualunque socio solo dopo aver inutilmente tentato di incassare dalla società. Insomma, è il caso ad esempio, della società fallita, laddove, giunti al riparto finale, il creditore resta in tutto o in parte insoddisfatto. Il socio (nel frattempo, essendo illimitatamente responsabile è anch’esso contestualmente fallito insieme alla propria società) che subirà l’esecuzione ad opera del creditore della società insoddisfatto si potrà poi rivalere sugli altri soci in proporzione alle rispettive quote di partecipazione al capitale sociale. Magra consolazione, posto che gli altri soci potrebbero essere nullatenenti e, comunque, anch’essi falliti.

Gli atti conservativi sul patrimonio del socio

Ciò detto è bene tenere presente una cosa: il socio illimitatamente responsabile ancor prima che il soggetto terzo abbia tentato di incassare (inutilmente) il proprio credito dalla società, può proporre atti conservativi sul patrimonio del socio. La Cassazione, infatti, ha affermato che il beneficio di escussione previsto per le società di persone (in virtù del quale le azioni esecutive vanno prima mosse contro la società e solo in caso di esito infruttuoso contro i soci), riguarda solo la fase esecutiva in senso stretto e non impedisce la notificazione della cartella al socio (Cass. civ., sez. trib., 03/01/2014 n. 49). Il precedente, dunque, è piuttosto inquietante poiché sembra consentire ai creditori della società di agire a tutela del proprio credito tramite magari l’iscrizione di ipoteca su un immobile del socio sin dal momento in cui ha avviato l’azione esecutiva contro la società, nel presupposto, evidentemente che abbia già compreso che la società non assolverà il proprio debito (leggasi pignoramento infruttuoso sui conti bancari della società o mancanza di beni da pignorare).

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