Le novità del contratto a termine nel DECRETO “DIGNITA’”

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Solitamente, quando qualche funzionario della pubblica amministrazione redige un articolo per una rivista si preoccupa di indicare nelle note “Le presenti considerazioni sono frutto esclusivo del pensiero dell’Autore e non impegnano l’Amministrazione di appartenenza”.

In qualche modo sento di dover fare anche io la mia personale nota prima di iniziare: “Il presente articolo è frutto esclusivo di considerazioni tecniche e giuridiche dell’Autore e nulla ha a che vedere con pensieri o preferenze di tipo politico”.  Lo scrivo perché, nel nostro Bel Paese, quando si analizzano temi legati al diritto del lavoro, sembrano prevalere i ragionamenti di tipo ideologico a quelli di tipo tecnico, ostacolando il dibattito sano e costruttivo.

Fatte queste doverose premesse, il Consiglio dei Ministri riunitosi il recentissimo 2 luglio ha approvato il decreto cosiddetto “Dignità”, ossia il pacchetto di misure fortemente voluto dal Ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico Luigi Di Maio.

I temi considerati urgenti e inseriti nel primo decreto del nuovo Governo sono stati:: l’introduzione di sanzioni per le imprese che delocalizzano entro 5 anni da quando sono stati concessi “Aiuti di Stato”, misure di contrasto al gioco d’azzardo, modifiche al redditometro e allo split payment. Ma ciò che il presente testo vuole analizzare, , è il pacchetto cosiddetto di  “contrasto alla precarietà” e le conseguenti modifiche dell’art. 19 e seguenti del D. Lgs. 81/2015. Non ha pace infatti la disciplina del lavoro a termine.

Se nel 2001 il D. Lgs. 368 aveva introdotto l’obbligo di causali per i contratti a tempo determinato, tristemente diventate famose per la lunga ed infinita coda di contenziosi generatosi in 15 anni di storia e sostituite dal cd. “contratto acausale” dal “recente” 2014, ora sembra di rivivere il passato.

Infatti, la disciplina del lavoro a termine di cui all’art. 19 del D. Lgs. 81/2015 viene completamente riscritta. Se verrà confermato il Decreto, le nuove previsioni di legge saranno le seguenti:

“Al contratto di lavoro subordinato può essere apposto un termine di durata non superiore a dodici mesi. Al contratto può essere apposto un termine avente una durata superiore comunque non oltre ventiquattro mesi solo in presenza di almeno una delle seguenti condizioni:

  1. a) esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività per esigenze sostitutive di altri lavoratori;
  2. b) esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria;”

In sostanza, con le nuove norme, il contratto “acausale” è ammesso per la sola durata di 12 mesi.

Il superamento dei 12 mesi, nel limite massimo di 24, è concesso solo con le CAUSALI. Rispetto al passato, il vecchio causalone (ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo e sostitutivo) è sostituto alternativamente da ragioni “sostitutive” o da ragioni legate ad “incrementi temporanei, significativi e non programmabili” dell’attività.

Quanto alle prime ragioni, le “sostitutive” a parere di chi scrive, non esistono particolari annotazioni.

Abbiamo la necessità di sostituire una collaboratrice in maternità?

E’ possibile assumere per motivi sostitutivi superando, quindi, anche i 12 mesi (si pensi ai casi di congedo di maternità anticipato, posticipato, congedo parentale, etc.). Sarà molto importante, in questi casi, identificare in modo preciso le ragioni sostitutive al momento dell’avvio del contratto.

L’art. 21 c. 01 prevede che il contratto può essere prorogato liberamente nei primi dodici mesi e, successivamente, solo in presenza delle esigenze di cui all’articolo 19, comma 1.

Si pensi a questo caso:

Abbiamo la necessità di sostituire una collaboratrice in maternità, con un lavoratore che nel frattempo è in servizio in azienda a tempo determinato, entro naturalmente i 12 mesi?

E’ possibile prorogare il contratto a termine, da acausale a contratto a termine per ragioni sostitutive, quindi superando anche i 12 mesi. Sarà però necessario specificare in modo preciso le ragioni sostitutive al momento della proroga contrattuale, onde evitare di ricadere in una proroga acausale oltre i 12 mesi di fatto illegittima, con il conseguente diritto del lavoratore al riconoscimento di un contratto a tempo indeterminato.

Se analizziamo invece la seconda categoria di ragioni: -incrementi temporanei, significativi e non programmabili,- non si può nascondere una certa insicurezza. Ciascun lettore avrà il ricordo di quante “vittime del contenzioso”, e non solo tra i datori di lavoro, abbia procurato il vecchio sistema delle causali. Quanto contenzioso, quanti ricorsi, quante vertenze, quanta giurisprudenza, peraltro spesso altalenante, su un tema così generico ed indefinibile come le causali!

Da professionista, ritornano i timori del recente passato. Se prima il contratto era valido in un causalone ora il datore di lavoro ed il professionista dovranno esaminare– caso per caso – se quell’esigenza possa avere CONTEMPORANEAMENTE le caratteristiche della TEMPORANEITA’ (di quanto? 24 mesi possono veramente definirsi temporanei??) della NON PROGRAMMABILITA’ (dimostrabile solo in giudizio!) e della “SIGNIFICATIVITA’” ( Anche in questo caso, rimettendo al Giudice del Lavoro la facoltà di -distinguere tra un incremento significativo e un incremento “poco” o “per nulla” significativo).

Spiace lasciare al lettore sospesi così questi dubbi, ma non si può nascondere che il decreto – se verrà mantenuto inalterato - lascerà più complicazioni che certezze a tutti gli operatori del settore compresa la magistratura… generando così un ampio contenzioso a discapito sia del mondo delle imprese, che dei lavoratori.

Sul contratto a termine si segnala infine un’ulteriore modifica, che anche in questo caso non aiuta certamente la lotta al precariato: la riduzione delle proroghe da cinque a quattro

Sul tema delle proroghe, si sottolinea che già con la norma attualmente in vigore le proroghe si computano a prescindere dal numero dei contratti. (art. 21 c. 1). Ciò significa che, anche in caso di rapporti stagionali e/o comunque rapporti ripetitivi rinnovati dopo il cosiddetto. “stop & go”, le proroghe si cumulano e, così come conclude l’articolo 21, qualora il numero delle proroghe sia superiore, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di decorrenza della quinta (oggi sesta) proroga

C’è da augurarsi davvero che il Parlamento, in fase di conversione del Decreto, apporti delle profonde modifiche al Decreto Dignità affinché diventi un vero strumento di contrasto al precariato, e non una fonte di contenzioso tra aziende e lavoratori.

 

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