Le ultime istruzioni dell’Agenzia delle Entrate sul Welfare aziendale

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La recentissima risposta ad interpello n. 311 dall’Agenzia delle Entrate (del 30/04/2021) avente ad oggetto “Welfare aziendale - Esclusione dal reddito di lavoro dipendente Articolo 51, comma 2, del Tuir” si unisce a numerose precedenti istruzioni amministrative alla lunga querelle tra regole normative (Art. 51 c. 2 del TUIR, per l’appunto) ed applicazione pratica dell’welfare aziendale.

Ciascun lettore ricorderà la discussa Risoluzione n. 55/E del 25 settembre scorso quando l’Agenzia “negava” la possibilità del riconoscimento del Welfare Aziendale per riconoscere premialità su obiettivi individuali dei lavoratori.

Senza voler entrare troppo nella questione (mai definitivamente conclusa) l’Agenzia aveva palesemente contraddetto i propri indirizzi forniti con precedenti istruzioni.

In particolare, la precedente Circolare 28/2016 aveva aperto alla possibilità di avvalersi di piani di welfare legati alla premialità, purché offerti alla generalità o a categorie omogenee di dipendenti ed il successivo interpello 904-791/2017 aveva visto la Direzione Regionale della Lombardia riconosceva l’agevolazione di offrire un paniere di servizi legato ad obiettivi individuali e aziendali.

La Risoluzione 55 rispondeva in questi termini: “(…) qualora tali benefit rispondano a finalità retributive (ad esempio, per incentivare la performance del lavoratore o di ben individuati gruppi di lavoratori), il regime di totale o parziale esenzione non può trovare applicazione.  (…) non appare in linea con le medesime disposizioni (finalità del welfare aziendale – ndr) una ripartizione effettuata in base alle presenze/assenze dei lavoratori in azienda oppure una erogazione in sostituzione di somme costituenti retribuzione fissa o variabile dei lavoratori”.

A distanza di mesi una Società, che opera nel comparto della meccanica e applica il CCNL Metalmeccanica Industria, intende introdurre un piano di welfare a carattere premiale rivolto a due categorie di soggetti (Team Direzionale composto da 9 lavoratori e Team CSI composto da 16 lavoratori), mediante un regolamento aziendale che disciplina la categoria dei soggetti beneficiari, le somme, opere e/o servizi riconosciuti.

La Società rappresenta che il piano prevede l'assegnazione di un budget di spesa figurativo, totalmente a carico del datore di lavoro e non rimborsabile, diversificato per categoria, assegnato a ciascun lavoratore sulla base del raggiungimento di specifici obiettivi e modulato rispetto ai servizi, opere e somme stanziate come da regolamento appositamente adottato.

Viene specificato che i benefit individuati in detto regolamento potranno essere utilizzati mediante il ricorso e la messa a disposizione da parte dell'azienda di una specifica piattaforma web personalizzabile che consente la fruizione integrata e flessibile del basket previsto dal piano welfare attraverso l'assegnazione di un budget di spesa figurativo (cd. credito welfare) totalmente a carico del datore di lavoro e non rimborsabile, nei limiti di spesa di quanto previsto dallo stesso regolamento.

I benefit potranno essere fruiti, in particolare, mediante opere e/o servizi di welfare individuati nella piattaforma e attraverso l'assegnazione di borse di studio che potranno essere richieste secondo le condizioni e i limiti previsti nel Regolamento.

Come sopra anticipato i benefit sono rivolti a specifiche categorie di soggetti (Team Direzionale e Team CSI), non sono rivolti ad personam e, aspetto non da poco, non sono in ogni caso convertibili in denaro nel caso di totale o parziale mancato utilizzo.

Il quesito posto dall’istante è volto a conoscere quale sia il corretto regime fiscale applicabile alla fattispecie in esame e, nel caso il lavoratore non utilizzi in tutto o in parte tale credito, se la quota maturata nel primo anno possa cumulata con quanto maturato nel secondo anno.

L’Agenzia, in modalità praticamente automatica inizia la propria tesi ricordando l’ormai assillante principio di onnicomprensività delle retribuzioni previsto dall’art. 51 del TUIR, come una sorta di castigo eterno: Tutto ciò che viene percepito in costanza di rapporto (anche in natura, anche sotto forma di erogazioni liberali) costituisce reddito, e su tutto dovranno essere pagate le relative imposte.

Dopo l’illustrazione del principio di onnicomprensività del concetto di reddito di lavoro dipendente fiscalmente rilevante l’Agenzia ricorda il comma 2 con le relative esclusioni.

Restando in tema di citazioni, “nulla di nuovo sotto il sole” da parte dell’Agenzia sulle condizioni minime previste dal comma 2 del medesimo art. 51. In particolare, viene ricordato quanto segue:

  • i beni e servizi esclusi dalla tassazione (welfare aziendale) devono essere erogati alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti.
  • l'esclusione dal reddito non è riconosciuta qualora i benefit elencati nel comma 2 dell'articolo 51 del Tuir siano rivolti ad personam.
  • l'espressione “categorie di dipendenti” va intesa anche con riferimento a tutti i dipendenti di un certo tipo (ad esempio, di un certo livello o di una certa qualifica), a prescindere dalla circostanza che in concreto solo alcuni di essi ne fruiscano (cfr. circolare 29 marzo 2018, n. 5/E, par. 4.9);

Ma la parte più interessante, che mi terrò ben stretto, riguarda la ri-apertura dell’Agenzia (in un terzo cambio di rotta!) al regime di esclusione dal reddito anche nell'ipotesi in cui il datore di lavoro eroghi detti beni e servizi, senza possibilità di sostituirli con somme di denaro, a titolo premiale. Questo a condizione che l'erogazione in natura non si traduca in un aggiramento degli ordinari criteri di determinazione del reddito di lavoro dipendente, e in una violazione dei principi di capacità contributiva e di progressività dell'imposizione. E' necessario, secondo l’Agenzia, che non siano alterate le regole di tassazione dei redditi di lavoro dipendente atte ad attrarre nella base imponibile qualunque forma di retribuzione, anche erogata in natura.

Un altro aspetto interessante chiarito dalla stessa Agenzia è la conferma che il mancato utilizzo, in tutto o in parte, del credito welfare maturato nel primo anno, possa essere cumulato con quanto maturato nel secondo anno sempre a condizione che tali somme non siano convertibili in denaro.

Sembrano buone nuove dall’Agenzia che pare, finalmente, ritornare su una più condivisibile interpretazione normativa.

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