NELLE ATTIVITA’ LEGALI I COSTI DEL DISTACCO ILLECITO SONO DEDUCIBILI

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Tra le possibili irregolarità che vengono a volte contestate alle aziende (in particolare operanti in settori industriali o artigianali), succede che venga contestato l’utilizzo illecito di manodopera per impiego di lavoratori somministrati da soggetti non autorizzati - art. 4, comma 1, lettere a) e b), D.Lgs. n. 276/2003 - che si può concretizzarsi anche laddove gli ispettori, per assenza del requisito dell’interesse del distaccante o della temporaneità dello spostamento di sede del lavoratore da un’impresa ad un’altra (art. 30, comma 1, D.Lgs. n. 276/2003), ravvisino gli estremi di un distacco non genuino. Una sorta di pseudo-distacco che concretizza un’interposizione illecita di manodopera anche per il distaccatario.

In altri casi, invece, viene contestata la liceità di un contratto di appalto, ritenendosi insussistenti i requisiti di cui all’art. 29, comma 1, D.Lgs. n. 276/2003.
Ovviamente, le questioni imprenditoriali che infrangono norme giuslavoristiche non si esauriscono solo in tale contesto, in quanto l’Ispettorato Territoriale del Lavoro invia gli esiti delle proprie attività ispettive anche all’Agenzia delle Entrate che, richiamando per relationem i verbali dell’Ispettorato del lavoro, avvia una sua autonoma attività accertatrice. A quel punto, per le imprese che hanno dedotto gli oneri sostenuti per tali prestazioni qualificandoli come costi per servizi, si aprono problemi anche in ambito fiscale.

Alla luce, infatti, dei rilievi in materia di lavoro e con specifico riferimento all’ipotesi di distacco irregolare, alcuni uffici emettono avvisi di accertamento che formulano rilievi tributari per disconoscere il costo ai fini IRAP (qualificandolo come prestazione di lavoro dipendente indeducibile ai fini di tale imposta) e, parallelamente, recuperano anche l’IVA esposta in fattura (in quanto le operazioni per le predette attività non rientrano nel campo di applicazione del tributo). Alcuni uffici, però, si spingono addirittura a contestare anche l’indeducibilità del costo anche ai fini delle imposte dirette.
Le contestazioni mosse dall'Agenzia muovono dall'assunto - erroneo - per cui sarebbe sufficiente la mera illiceità del distacco per determinare in via automatica un’ipotesi di indeducibilità del costo e le motivazioni poste alla base del recupero fiscale richiamano la sua provenienza da delitto non colposo, ipotesi disciplinata dall’art. 14, comma 4-bis, legge n. 537/1993.

Nelle motivazioni di tali avvisi si trova spesso citata una risalente sentenza (Cass. 11 novembre 2011, n. 23626), ove si afferma che il principio di inerenza richiede che, tra il costo in deduzione e l’esercizio dell’attività di impresa, ricorra un nesso di causa ed effetto che, nel caso di costi da reato, non sussisterebbe a causa dell’antigiuridicità penale. Ad avviso della Corte, l’indeducibilità costituirebbe una vera e propria sanzione, una misura afflittiva che consegue a comportamenti consapevolmente e intenzionalmente delittuosi.
Tuttavia, a tacer d’altro, ciò che non dovrebbe sfuggire agli Uffici è che (in ragione delle modifiche apportate all'art. 14, comma 4-bis, legge n. 537/1993 dall’art. 8, D.L. n. 16/2012) la versione attuale della norma stabilisce che tali costi possono essere disconosciuti unicamente se “direttamente” utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo.

Prima del D.L. n. 16/2012, invece, detto articolo sanciva che “non sono ammessi in deduzione i costi o le spese riconducibili a fatti, atti o attività qualificabili come reato, fatto salvo l’esercizio di diritti costituzionalmente riconosciuti”.
Dunque, mentre nel sistema pregresso il recupero poteva riguardare ogni reato ed era sufficiente che il costo fosse riconducibile a fatti, atti o attività qualificabili perseguibili penalmente, adesso il recupero è ammesso solo se si tratta di delitto non colposo, e occorre anche che il costo sia “direttamente” utilizzato per il reato.
In altri termini, in ragione delle modifiche apportate dall’art. 8, D.L. n. 16/2012, non è più consentita alcuna astratta ipotesi di applicabilità della disciplina dell'indeducibilità dei costi, senza aver prima scrutinato con nettezza a quale fine essi siano stati sostenuti.
Se, quindi, un’impresa utilizza illecitamente manodopera per produrre beni o servizi per un’attività legalmente esercitata, per la determinazione dei redditi classificati all’art. 6, comma 1, lettera e), TUIR i costi sostenuti saranno comunque da ritenere deducibili quali spese per prestazioni di lavoro.

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