Nozione di soggetto passivo stabilito ai fini Iva

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L’art. 7, co. 1, lett. d), del DPR 633/72, fornisce la propria definizione di “soggetto passivo stabilito nel territorio nazionale”, la quale è propedeutica all’applicazione delle corrette regole territoriali. In particolare, secondo la citata disposizione, per soggetto passivo stabilito nel territorio nazionale si intende:

  • un soggetto passivo domiciliato nel territorio dello stato italiano (o ivi residente) che non abbia stabilito il domicilio all’estero;
  • una stabile organizzazione nel territorio dello stato di soggetto domiciliato e residente all’estero, limitatamente alle operazioni alla stessa rese o ricevute.

Secondo quanto precisato dall’ultimo periodo del citato art. 7, co.1, lett. d), del DPR 633/72, per i soggetti diversi dalle persone fisiche:

  • il domicilio coincide con il luogo in cui si trova la sede legale;
  • la residenza è il luogo in cui si trova la sede effettiva.

Diversamente, invece, per le persone fisiche, occorre fare riferimento a quanto prescritto nel contesto dell’art. 43 del codice civile secondo cui:

  • il domicilio è il luogo in cui risulta stabilita la sede principale degli affari e degli interessi;
  • la residenza coincide con il luogo in cui risulta stabilita la dimora abituale, di regola desumibile dall’anagrafe della popolazione residente.

 Concetto di residenza e di domicilio

Come accennato, in virtù di quanto prescritto dall’art. 43 del codice civile, per le persone fisiche, il domicilio è il centro degli affari e degli interessi, mentre la residenza coincide con la dimora abituale: sicché la territorialità dovrà essere determinata in funzione del luogo degli affari e degli interessi, ovvero, se quest’ultimo è collocato all’estero, del luogo di dimora abituale, normalmente inteso come residenza anagrafica. Peraltro, secondo quanto precisato dalla giurisprudenza di Legittimità, sia per le imposte sui redditi sia per l’IVA, si applica la nozione civilistica di residenza di cui all’art. 43 del codice civile, salva l’applicazione, per le sole imposte dirette, del criterio della prevalenza quantitativa temporale (permanenza di 183 giorni in Italia). Ne consegue che, pur accertando la non residenza ai fini delle imposte sui redditi, non si può escludere a priori anche la residenza ai fini IVA, ove il contribuente abbia mantenuto in Italia la sede degli affari e degli interessi (Cass. 27.06.2011 n. 14071).

Secondo l’orientamento comunitario esplicitato negli artt. 44 e 45 della direttiva 2006/112/CE (interpretata alla luce delle disposizioni applicative contenute nel reg. UE 282/2011) se la prestazione di servizi è resa a persona che è un soggetto passivo, il servizio deve essere attratto a tassazione nel luogo in cui ha sede l’attività economica del soggetto passivo destinatario del servizio: in assenza della sede, occorre riferirsi, invece, al luogo dell’indirizzo permanente o della residenza abituale del soggetto passivo destinatario del servizio (artt. 44 della dir. 2006/112/CE; artt. 12,13 del Reg. 282/2011). Diversamente, invece, se la prestazione di servizi è resa a persona che non è soggetto passivo, il servizio deve essere tassato nel luogo in cui ha sede l’attività economica del prestatore del servizio: al ricorrere di tale circostanza, in assenza della sede, occorre fare riferimento al luogo dell’indirizzo permanente o della residenza abituale del prestatore del servizio (art. 45 della dir. 2006/112/CE; artt. 12 e 13 del reg. 282/2011).

Alla luce di quanto appena esposto si evince che, a differenza della normativa interna, le disposizioni comunitarie ritengono che il parametro della residenza abituale sia complementare a quello dell’indirizzo permanente: sicché, al fine di garantire l’imponibilità del servizio nel luogo in cui se ne verifica il consumo effettivo, la residenza anagrafica (indirizzo permanente) conta soltanto se quest’ultima coincide con il luogo in cui si vive abitualmente a motivo di interessi personali e professionali (residenza abituale). In caso contrario, per determinare il luogo impositivo, occorrerà fare riferimento alla residenza abituale, in ottemperanza all’approccio sostanziale diretto a tassare il servizio dove risulta effettivamente utilizzato (artt. 12 e 13 del Reg. 282/2011).

Nel recente passato, dopo aver analizzato il caso di una persona fisica residente nella Repubblica di San Marino, intenzionata ad avviare un’attività professionale in Italia senza trasferire la propria residenza, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che nulla osta all’apertura di una partita IVA in Italia da parte di una persona fisica residente all’estero, ma domiciliata in Italia: secondo l’Amministrazione Finanziaria, infatti, “la circostanza che nel territorio nazionale venga costituito il domicilio fiscale, pur in presenza della residenza in un paese terzo (Repubblica di San Marino) non è di ostacolo a considerare l’istante quale soggetto passivo di imposta alla stregua di un soggetto residente” (R.M. 3.10.2008 n. 369 che richiama la C.M. 2.12.97 n. 304/E). Peraltro, ai fini dell’individuazione del soggetto passivo IVA in Italia, è irrilevante l’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente.

 Sede dell’attività economica

Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza comunitaria “la nozione di sede dell’attività economica ai sensi dell’art. 1, punto 1, della tredicesima direttiva indica il luogo in cui vengono adottate le decisioni essenziali concernenti la direzione generale di tale società e in cui sono svolte le funzioni di amministrazione centrale di quest’ultima” (Corte di giustizia 28.6.2007 n. C-73/06). Inoltre, si legge nella sentenza in argomento, “la determinazione del luogo della sede dell’attività economica di una società implica la presa in considerazione di un complesso di fattori, al primo posto dei quali figurano la sede statutaria, il luogo dell’amministrazione centrale, il luogo di riunione dei dirigenti societari e quello, abitualmente identico, in cui si adotta la politica generale di tale società. Possono essere presi in considerazione anche altri elementi, quali il domicilio dei principali dirigenti, il luogo di riunione delle assemblee generali, di tenuta dei documenti amministrativi e contabili e di svolgimento della maggior parte delle attività finanziarie, in particolare bancarie”. Tale interpretazione giurisprudenziale è stata poi recepita dal legislatore Comunitario nell’art. 10 del reg. UE 282/2011 (che individua il luogo impositivo per i servizi generici nei rapporti “B2B”) a mente del quale il luogo in cui il soggetto passivo ha fissato la sede della propria attività economica rappresenta il luogo in cui sono svolte le funzioni dell’amministrazione centrale dell’impresa. I criteri che permettono di determinare tale luogo sono sostanzialmente i seguenti:

  • luogo in cui vengono prese le decisioni essenziali concernenti la gestione generale dell’impresa;
  • luogo della sua sede legale;
  • luogo in cui si riunisce la direzione.

Tuttavia, se tali i criteri non consentono di determinare con certezza il luogo della sede di una attività economica, prevale il criterio del luogo in cui vengono prese le decisioni essenziali concernenti la gestione generale dell’impresa. In merito all’individuazione della sede dell’attività economica, così come intesa dal legislatore Comunitario, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che “l’articolo 10 del regolamento individua il luogo nel quale il soggetto passivo fissa la sede della propria attività in quello in cui sono svolte le funzioni dell’amministrazione centrale dell’impresa, vale a dire in cui sono prese le decisioni essenziali concernenti la gestione generale dell’impresa o dove si riunisce la direzione. A tale riguardo, si rileva che il luogo individuato dal regolamento coincide, in linea generale, con quello della sede legale, a meno che non emergano elementi in senso contrario” (C.M. 29.7.2011 n. 37). Va segnalato, infine, che, la mera esistenza di un indirizzo postale non consente di accertare che lo stesso corrisponda al luogo in cui il soggetto passivo ha stabilito la sede della propria attività economica.

 Stabile organizzazione

Un soggetto passivo è “stabilito” nel territorio dello stato, anche nel caso in cui quest’ultimo operi per il tramite di una stabile organizzazione intesa come “qualsiasi organizzazione, diversa dalle sede dell’attività economica (…), caratterizzata da un grado sufficiente di permanenza e una struttura idonea in termini di mezzi umani e tecnici atti a consentirle di ricevere e di utilizzare i servizi che le sono forniti per le esigenze proprie di detta organizzazione” (art. 11 del reg. UE 282/2011). Si tratta - come verrà meglio approfondito nel prosieguo - della sede fissa d’affari nel territorio di un soggetto domiciliato e residente all’estero:

  • tramite la quale viene svolta in tutto in parte l’attività imprenditoriale;
  • che presuppone un grado sufficiente di permanenza ed una struttura idonea sul piano del corredo umano e tecnico.
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