Nuovo OIC e impatti fiscali – Dal 2017 tolleranza ZERO!

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I nuovi principi OIC sono entrati in vigore, come noto, dal 2016. Si è trattato di una messa a punto affannosa perché l’Organismo di contabilità dopo un lungo periodo di consultazione ha approvato le novità solo a ridosso della fine dell’anno.

I nuovi OIC hanno richiesto un coordinamento dal punto di vista fiscale: il legislatore, anch’esso in affanno, è intervenuto con l’art. 13 bis del D.L. n. 244/2016 cd. “Milleproroghe”, ma solo in sede di conversione con la legge 27 febbraio 2017, n. 19.

La predisposizione dei bilanci era dunque già in fase avanzata.

Ebbene, in linea generale, dal punto di vista fiscale, vige la regola (che trova però alcune eccezioni) della cosiddetta “derivazione rafforzata”, vale a dire ciò che l’occhio vede consultando il bilancio, ciò rileva anche ai fini fiscali, senza doppio binario civile/fiscale. Si tratta, è bene sottolinearlo, di una visione comunque assai semplicistica del nuovo rapporto contabilità-fisco che è in verità assai più complesso. Resta ad ogni modo valida l’affermazione di fondo che il doppio binario civile-fiscale si è molto attenuato e se, come sembra, gli OIC stanno andando sempre più nella direzione degli IAS (principi internazionali) con il tempo il divario si ridurrà ulteriormente.

L’anno ibrido 2016 – una falsa aspettativa

Lo scorso anno è stata fatta la grazia poiché con il DM attuativo 3 agosto 2017, emanato quando i bilanci e la imposte delle società erano belle che calcolate, all’articolo 3 è stata prevista una clausola di salvaguardia nel caso di comportamenti non conformi ai contenuti del decreto stesso: a chi non si è fiscalmente comportato ai fini Ires e Irap secondo quanto previsto dal decreto, è stata concessa la grazia.

Ma dal 2017 niente scuse!

Per i soggetti OIC vigono dal 2016 i criteri di:

  • Qualificazione – l’obiettivo è quello di individuare correttamente la natura di una operazione. Ad esempio se vendo un bene e concedo 3 anni di dilazione di pagamento sto realizzando una duplice operazione: da una parte una vendita da una parte un finanziamento seppure indiretto. Stiamo parlando della attualizzazione dei crediti e debiti. O, restando in argomento, del costo ammortizzato il quale prevede che i costi di accensione di una finanziamento (notaio, imposta sostitutiva, istruttoria della banca) non vanno ammortizzati lungo la durata del mutuo ma si tramutano in maggiori interessi passivi. E’ bene dire che i criteri ora esemplificati devono essere adottati obbligat6oriamento da società di grandi dimensioni (bilancio ordinario) e facoltativamente per società di medie e micro dimensioni.
  • Classificazione in bilancio: si tratta di allocare correttamente il componente nel bilancio. Ad esempio, occorre chiedersi: si tratta di una manutenzione ordinaria che deve essere contabilizzata a conto economico, oppure una spesa incrementativa di un cespite che va capitalizzata sul medesimo? Le spese di pubblicità, vi ricordo (altro esempio9 non possono più essere capitalizzate ma vanno contabilizzate direttamente a conto economico.
  • Imputazione temporale: occorre allocare i componenti positivi e negativi non sulla base del contenuto giuridico del rapporto ma sulla base del contenuto economico, riferito al passaggio dei rischi e benefici. Ad esempio, se un fornitore ad un suo potenziale cliente consegna un bene con passaggio della proprietà differito potendo nel frattempo il futuro acquirente utilizzarlo in tutte le sue potenzialità fermo la propria responsabilità in caso di furto o distruzione, è evidente che l’iscrizione in bilancio del cespite (e i relativi ammortamenti) sono calcolati sin da subito senza attendere il passaggio giuridico della proprietà e per il fornitore il ricavo per vendita deve considerarsi già avvenuto.

Il tutto debitamente condito, come corollario, dall’oramai mitico principio della “prevalenza della sostanza sulla forma” che permea della sua presenza tutti e tre i criteri sopra elencati. La predetta triade (qualificazione-classificazione-imputazione) che trova piena applicazione in campo fiscale viene usualmente sintetizzata nella locuzione “principio di derivazione rafforzata”.

Dove l'OIC  non si applica

È, invece, esclusa, in linea generale l’applicazione di criteri di:

  • Valutazione civilistica: se una società possiede degli immobili patrimonio iscritti al costo di 500.000 euro e il valore di mercato è di 300.000 euro, l’OIC mi impone di svalutare, ma fiscalmente tale componente negativo non rileva.
  • Quantificazione componenti di reddito: al di là di ciò che è iscritto in contabilità restano ferme tutte le norme del TUIR che regolano la partecipazione al reddito del componente. Esempio, il compenso amministratore si deduce per cassa, le autovetture si deducono al 20%, i telefoni all’80%, l’IMU su immobili strumentali si deduce per il 20%, le imposte e tasse ove deducibili vanno per cassa, gli accantonamenti ai fondi rischi che il Tuir considera non deducibili sono fiscalmente rilevanti solo quando l’evento si conclama.

Cosa si poteva non applicare nel 2016

Come prima detto, il decreto 3 agosto 2018 ha disciplinato alcune ipotesi in deroga rispetto alla triade qualificazione-classificazione-imputazione, introducendo una deroga al “principio di derivazione rafforzata”.

Ebbene, è quasi la regola che i finanziamenti infragruppo siano infruttiferi di interessi, laddove la controllante eroga gli stessi alla propria controllata. Da qui la necessità, in presenza di contratto che ne preveda la data di restituzione, di attualizzare il finanziamento per individuare la quota di interessi passivi da imputarsi a CE. Fino a qui i criteri generali OIC.

Tuttavia, lo stesso OIC stabilisce che se nella sostanza il finanziamento configura da parte della controllante un versamento a fondo perduto in considerazione della situazione oggettiva della controllata che riceve il denaro (squilibrio finaziario, carenze patrimoniali, etc.), il trattamento contabile segue regole proprie.

Vale a Dire:

  • Controllante - rileva la differenza di interessi (tasso di mercato – tasso applicato) che va portata ad incremento del valore della partecipazione nella controllata riducendo corrispondentemente il proprio credito versoa la controllata;
  • Controllata - rileva la predetta differenza di interessi che va portata ad incremento del patrimonio netto per lo stesso ammontare, riducendo corrispondentemente il proprio debito verso la controllante

I suddetti interessi (attivi per la controllante, passivi per la controllata) matureranno lungo la durata del finanziamento (dal momento della sua accensione al momento della sua prevista estinzione) e di anno in anno incrementeranno:

  • per la controllante, il proprio credito verso al controllata. Ma resta fermo l’importo allocato al momento dell’accensione del finanziamento sulla voce Partecipazione
  • per la controllata, il prprio debito verso al controllante. Ma resta fermo l’importo allocato al momento dell’accensione del finanziamento sulla Riserva di patrimonio netto.

Ebbene il DM 3/8/2017 all’art. 1, lett. b) n. 2, dispone che detti interessi (attivi e passivi) seppure contabilizzati non rilevano ai fini fiscali posto che rilevano solo quelli contrattualmente stabiliti. Si badi bene che quanto detto sino ad ora vale solo se il finanziamento è erogato dalla società controllante e non da un socio che non ha il controllo.

Tanto precisato si osserva che:

  • se il finanziamento è infruttifero, fiscalmente non si ha alcun interesse da considerare;
  • se il finanziamento prevede contrattualmente il tasso, ad esempio, dell’1% mentre il tasso di mercato è del 3%, fiscalmente rileverà solo l’interesse (attivo e passivo) dell’1%, nonostante si contabilizzi l’interesse calcolato con il tasso del 3%.

Il dubbio che nasce è se quanto ora detto rileva anche ai fini Irap ovvero se a questi fini, vigendo la regola della “presa diretta da bilancio”, si debba fare affidamento a ciò che emerge dalla contabilità e, dunque, agli interessi calcolati al tasso di mercato (nell’esempio, 3%)

In assenza di chiarimenti ufficiali il sottoscritto propende per l’interpretazione letterale del DM che così si esprime: “…non assumono rilevanza fiscale…”, dunque detti interessi non rilevano neanche ai fini della determinazione della base IRAP.

Il punto meriterebbe un chiarimento ufficiale.

 

 

 

 

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