Reverse charge, l’Agenzia spiega la “ragionevole” riforma delle sanzioni

Download PDF

Sbagliare la registrazione di un’operazione soggetta ad inversione contabile non costituisce più un incubo. Infatti, l'errata applicazione del meccanismo del c.d. reverse charge è ora soggetta alla sanzione fissa a condizione, però, che si tratti di un errore commesso per una operazione rientrante in tale ambito e senza alcun intento fraudolento.
Con la circolare 16/E/2017, l'Agenzia è intervenuta sul nuovo regime sanzionatorio per le operazioni soggette alla inversione contabile a seguito delle modifiche introdotte con il D.lgs 158 del 24 settembre 2015 al comma 9-bis del Digs 471/1997, all’interno del quale sono ora presenti tre nuovi commi (9-bis.1, 9-bis.2 e
9-bis.3) che disciplinano un ratio normativa che propone una griglia punitiva fondata sul principio di proporzionalità e che intende colpire in modo più grave solo le violazioni compiute con un intento fraudolento, derubricando i profili punitivi con sanzioni più lievi per le fattispecie per le quali l'imposta risulta comunque assolta, ancorché irregolarmente, applicandosi una sanzione fissa da 250
a 10.000 euro nella ipotesi di irregolare assolvimento del tributo.
Si tratta del caso in cui l'operazione è soggetta a reverse ma il cedente / prestatore ha emesso fattura con addebito di Iva come se fosse un'operazione ordinaria oppure, all'opposto, nel caso in cui l'operazione è soggetta ad Iva nei modi ordinari, ma il cedente/prestatore ha applicato l’inversione contabile. In entrambi i casi, se l'imposta è stata versata, si applica solo la predetta sanzione in misura fissa ed è fatto salvo il diritto alla detrazione, fermo restando che la sanzione si applica in via solidale sia a cedente che al cessionario e, si badi bene, essa non scatta per singola fattura errata, ma una sola volta per ogni liquidazione periodica con riferimento a ciascun committente.
Occorre, però, fare grande attenzione perché, secondo l’Agenzia, l'errore deve riguardare ipotesi palesemente dubbie e la circolare citata lascia ipotizzare che la sanzione fissa dovrà essere applicata soltanto nei casi effettivamente controversi sulla applicazione, o meno, del regime di inversione contabile. Una sanzione, invece, più elevata (ancorché ancora fissa da 500 a 20.000 euro) sarà irrogata in presenza di operazioni sempre afferenti al meccanismo del reverse charge, ma per le quali il cessionario (o il committente) non pone in essere totalmente gli adempimenti previsti (autofattura o integrazione della fattura di acquisto).
In questo caso, tuttavia, la sanzione fissa si renderà applicabile a condizione che l'omissione degli adempimenti non occulti l'operazione, la quale risulti quindi nella contabilità tenuta ai fini delle imposte dirette.
In conclusione, per gli errori non fraudolenti e non deliberatamente posti in essere per sviare l'effettivo debitore dell’imposta, si chiude l’epoca delle pesantissime sanzioni proporzionali previste (prima della riforma dal 100% al 200% dell'imposta, ora dal 90% al 180% irregolarmente documentata) e, chiarisce l’Agenzia, per il principio del favor rei le nuove regole trovano applicazione anche per le violazioni commesse fino al 31 dicembre 2015, purché non siano stati emessi atti che si siano resi definitivi anteriormente al 1 gennaio 2016. Si segnalano, infine, come molto interessanti anche le conclusioni a cui approda la citata CM 16/E/2017 sul tema delle sanzioni applicabili e sul comportamento in sede di accertamento per le operazioni avvenute in inversione contabile con fatture false. Il tema investe il recupero Iva in ipotesi di fatture riferite ad operazioni inesistenti in reverse charge. Prima della riforma sanzionatoria, gli Uffici contestavano, in sede di accertamento, anche l'Iva, in quanto, essa nonostante non fosse stata realmente versata al fornitore attraverso la doppia registrazione prevista nell'inversione contabile, l'imposta era detratta dal cessionario, ma, trattandosi di operazione inesistente, tale detrazione veniva disconosciuta costringendo il contribuente a versare un'imposta in realtà detratta solamente sotto il profilo documentale. Cosicché l'utilizzatore delle false fatture, pur non avendo nella sostanza detratto Iva stante il regime del reverse charge, si vedeva contestare sia la richiamata indebita detrazione, sia la relativa sanzione, nonché, ex art. 21, comma 7, DPR 633/72, anche l’importo dell’Iva “cartolarmente” esposta sul versante dell’operazione attiva dell’inversione contabile con relativa sanzione proporzionale.
Il D.lgs. 158/2015 ha ora modificato il regime sanzionatorio in questione, prevedendo che se il cessionario o committente applica l'inversione contabile per operazioni esenti, non imponibili, o comunque non soggette a imposta, in sede di accertamento vanno espunti sia il debito sia la detrazione computati nelle liquidazioni e che tale disposizione trova applicazione anche nei casi di operazioni inesistenti, per i quali è prevista una sanzione tra il 5 ed il 10% dell'imponibile.
La circolare 16/E/2017, a questo proposito, ha precisato che in virtù della nuova norma nelle ipotesi di fattura riferita a operazioni inesistenti sulla quale è stata applicata l'inversione contabile in sede di accertamento vanno eliminati gli effetti Iva dell'operazione contabilizzata ed il contribuente va, tuttavia, sanzionato nella misura compresa tra il 5 e il 10% dell'imponibile.
Appare, infine, il caso di segnalare che nel documento di prassi citato sembra anche chiarito che quanto sopra detto riguarda indistintamente sia i casi di reverse charge sia interno che esterno annotato in fatture astrattamente esenti, non imponibili o comunque non soggette a Iva. L'Agenzia, infatti, su detto punto non ha operato alcun distinguo.

Download PDF

Nessun commento ancora


Lascia un commento

E' necessario autenticarsi per pubblicare un commento