RIFORMA FISCALE, STOP ALL’ACCERTAMENTO ETERNO E AD INVENZIONI DI BASE IMPONIBILE

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Arriva la Riforma fiscale e con essa (forse)  maggiore certezza giuridica nell’ordinamento tributario e nel sistema dell'accertamento, poiché il Governo dovrà prevedere che, in relazione ai componenti reddituali a efficacia pluriennale, nonché per le perdite di esercizio, i termini di decadenza dal potere di accertamento decorrano dal periodo d’imposta nel quale si è verificato il fatto generatore. Inoltre, per le società a ristretta base partecipativa, sarà impossibile presumere la distribuzione occulta di utile nero sulla base di presunzioni giurisprudenziali. Sono queste, infatti, alcune delle misure della legge delega per la riforma fiscale, che punta così a evitare pure invenzioni di materia imponibile, termini di eccessiva dilatazione dei tempi del controllo fiscale e un obbligo di conservazione delle scritture contabili in molti casi sine die.

L’art. 17 del disegno di legge delega per la riforma fiscale affronta le prospettive di modifica del procedimento di accertamento tributario e, in alcuni casi, davvero significative risultano le novità che potrebbero entrare a far parte del sistema.
Tra le principali misure volte ad assicurare la certezza giuridica nell’ordinamento tributario, il Governo sarà infatti delegato a prevedere che, in relazione ai componenti reddituali a efficacia pluriennale, nonché per le perdite di esercizio, i termini di decadenza dal potere di accertamento decorrano dal periodo d’imposta nel quale si è verificato il fatto generatore, puntandosi quindi ad evitare termini di eccessiva dilatazione dei tempi del controllo fiscale e un obbligo di conservazione delle scritture contabili in molti casi sine die.

Ad oggi, infatti, l’Amministrazione finanziaria può rettificare componenti pluriennali di reddito anche in esercizi successivi rispetto a quello in cui tali elementi sono iscritti per la prima volta in bilancio ed hanno assunto rilievo fiscale.
In altri termini, l’Ufficio può oggi sollevare tali contestazioni anche in annualità successive alla prima e ben oltre gli ordinari limiti decadenziali previsti per l’accertamento tributario, senza alcun pregiudizio per l’Erario, tanto quanto affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza del 25 marzo 2021, n. 8500.

A seguito, infatti, di detta sentenza in alcuni casi i documenti contabili e fiscali debbono essere conservati per un tempo indefinito poiché, nel bilanciamento tra le norme a tutela dell’accertamento e quelle che fissano termini per la conservazione documentale, i giudici hanno fatto prevalere l’interesse erariale.
Tuttavia, il risultato ottenuto non ha mai convinto producendo, in alcuni casi, effetti addirittura paradossali rendendo quindi necessaria la prospettiva di un intervento legislativo che non consenta all'accertamento tributario di diventare potenzialmente anche eterno.

Se, peraltro, le argomentazioni poste a base della citata sentenza di legittimità, sotto un certo profilo per alcune fattispecie di componenti pluriennali non risultavano certamente peregrine, dove il ragionamento delle Sezioni Unite apparve già da subito sicuramente meritevole di un intervento del legislatore è sicuramente sul tema delle perdite fiscali.
Se, infatti, il Fisco non fosse obbligato ad accertare l’anno in cui la perdita è stata quantificata e indicata come riportabile esso, accertando gli anni successivi, in sostanza potrebbe sindacare anche per diversi lustri i criteri di formazione della perdita riportata e addirittura, per le perdite illimitatamente riportabili, potrebbe paradossalmente farlo addirittura in eterno. Ammettere, quindi, la legittimità nel poter contestare anche in eterno una perdita riportata in avanti rappresenterebbe una vera e propria violazione dei termini decadenziali e accettare che il Fisco possa controllare la perdita dell’anno N in sede di verifica dell’anno N+12 significherebbe, nei fatti, ammettere che l’accertamento dell’anno N+12 riguardi anche l’anno N.

Nondimeno, oltre che per il riporto illimitato delle perdite fiscali, anche per le eccedenze di Rol i termini decadenziali sarebbero, di fatto, illimitati e il contribuente sarebbe tenuto a conservare le proprie scritture sostanzialmente con un obbligo a tempo indeterminato.
Altrettanto importante, inoltre, nel panorama delle novità appare anche la previsione dedicata alle società a ristretta base partecipativa, limitandosi la possibilità di presumere la distribuzione ai soci del reddito accertato nei riguardi delle società di capitali a ristretta base partecipativa ai soli casi in cui sia accertata, sulla base di elementi certi e precisi, l’esistenza di componenti reddituali positivi non contabilizzati o di componenti negativi inesistenti, ferma restando la medesima natura di reddito finanziario conseguito dai predetti soci.

Ad oggi invece, per effetto della presunzione di distribuzione degli utili extracontabili, il principio di trasparenza tipico delle società di persone viene esteso, in sostanza, anche alle società di capitali a ristretta base sociale e per molti lustri nelle società di capitali una presunzione semplice di fonte giurisprudenziale ha introdotto un meccanismo in base al quale vi è l'attribuzione pro quota ai soci, nel corso dello stesso esercizio annuale, degli utili extra bilancio prodotti dalla società di capitali a ristretta compagine sociale.
Invero, già con la ridefinizione dell’istituto dell’onere della prova alla luce della riforma operata dalla legge n. 130/2022, le presunzioni di matrice giurisprudenziale risulterebbero ormai comunque estremamente indebolite, se non del tutto eliminate.

Infatti, con il nuovo comma 5-bis dell’art. 7, D.Lgs. n. 546/1992, da settembre 2022 è stata introdotta una regola generale secondo cui l’onere della prova deve essere assolto dall’ente impositore e quindi, pur non venendo meno le presunzioni legali presenti nel sistema che invertono automaticamente l’onere della prova a danno del contribuente o addirittura, su di un certo fatto, impediscono la prova, ad essere sostanzialmente soppiantate già da questa novità sarebbero proprio le presunzioni elaborate dalla giurisprudenza, quali proprio anche quella di distribuzione degli utili neri ai soci delle società di capitali ristrette.

Annullando, tuttavia, ogni eventuale nostalgia di qualche ufficio e giudice tributario che potrebbero immaginare in qualche modo di provare ad eludere il significato di quello che già la riforma della legge n. 130/2022 ha già indicato con chiarezza, con il definitivo sigillo normativo previsto dalla legge di riforma fiscale la probatio diabolica organica a questa odiata presunzione giurisprudenziale di matrice pretoria, che ha accompagnato per circa 20 anni il sistema dell’accertamento tributario, finirebbe definitivamente negli archivi degli orrori fiscali con i quali per troppo tempo è stato reso possibile contestare invenzioni di materia imponibile, violare il divieto di doppia imposizione e rendere di fatto praticamente impossibile articolare per il contribuente ogni difesa tributaria.

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