Se l’azienda è concessa in affitto la società non è mai di comodo

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Non vorrei che il titolo vi faccia arrivare sulla luna per poi costringervi a ritornare sulla terra, però una pulce nell’orecchio devo necessariamente mettervela.

Come a tutti noto la disciplina delle società di comodo per insufficienza di ricavi medi dichiarati nel triennio, rispetto a quelli rivenienti dall’applicazione alle sei classi dell’attivo di stato patrimoniale degli appositi coefficienti moltiplicativi, è particolarmente ingiusta in via generale e lo è particolarmente nel caso di affitto d’azienda.

Se il canone spuntato con il gestore dell’azienda è inferiore a quello richiesto dal test di operatività la strada è quella dell’interpello o della indicazione del codice 2 nella casella 4 del quadro RS - rigo RS116) destinato al monitoraggio ai fini della suddetta disciplina, con esiti peraltro incerti: il tentativo della dimostrazione della non applicabilità della penalizzante disciplina passa attraverso il fatto che il gestore non sia un familiare e che ci sia la crisi del settore.

E comunque, non sempre si riesce a convincere i miopi e preconcetti esponenti dell’Ufficio finanziario di turno.

Come si contabilizza una azienda concessa in affitto

Alcuni anni fa quando l’Assonime in una propria circolare sostenne che il metodo più corretto per gestire contabilmente da parte del proprietario un contratto di affitto d’azienda, era quello di eliminare del proprio stato patrimoniale tutti gli elementi dell’azienda affittata come se fosse stata ceduta (cd. metodo della disponibilità), mentre il gestore doveva caricarsi tutti i cespiti nel proprio attivo patrimoniale, molti si sono chiesti cosa si fossero bevuti la sera prima.

Senonché gli amici di Assonime non sbagliavano affatto!

Oggi che l’avanzata dei principi OIC è diventata trionfale e molti hanno ben chiaro come si compendia il principio della prevalenza della sostanza sulla forma, occorre prendere atto che l’opinione della autorevole Associazione di categoria non era affatto una farneticazione.

Dunque, nel caso di utilizzo del “criterio della disponibilità” che si contrappone allo storico, ben conosciuto e pluriusato “principio della proprietà”, gli articoli in partita doppia sono i seguenti.

Le registrazioni contabili in caso di Affitto di Azienda -  Società affittante

__________________________                   ___________________________

Società Alfa c/affitto d’azienda     a           Tutte le attività cedute in affitto            1.000. 000

___________________________                 ___________________________

Tutte le passività cedute in affitto   a        Società Alfa c/affitto d’azienda                 700.000

___________________________                 ___________________________

Capitale netto azienda affittata        a    Società Alfa c/affitto d’azienda                 300.000

____________________________               ___________________________

Tale impostazione è attuabile quando vi è un completo trasferimento dei poteri gestori all’affittuario al quale spetta la facoltà di decidere in ordine alla cessione e alla sostituzione dei cespiti.

Come evidente, il proprietario dell’azienda concessa in affitto, adottando il “metodo della disponibilità”, non ha più nel proprio bilancio l’evidenza dei cespiti rilevanti ai fini della applicazione dei coefficienti moltiplicativi.

Ebbene, zero moltiplicato per tutto quello che volete da sempre come risultato zero.

Seppure in modo contorto si dovesse affermare che il coefficiente moltiplicativo (quale?) si deve applicare alla Voce “Capitale Netto dell’Azienda Affittata” non vi sfuggirà che in quella voce c’è un saldo tra attività e passività, dunque poca roba!

Viceversa (e qui casca l’asino!) i cespiti sono confluiti nello stato patrimoniale del gestore. Ma è anche vero che il gestore è appunto, quello che gestisce, quindi produrrà, si presume, ricavi sufficienti per sfuggire alla marchiatura d’infamia di società di comodo.

Qualche spunto in più

Parto da un convincimento: l’affitto d’azienda dovrebbe essere proprio escluso dalla disciplina della società di comodo salvo ipotesi elusive di canoni di “comodo” a gestori familiari.

Ciò premesso, cerco allora di argomentare meglio la posizione che sto cercando di difendere.

Come detto il "metodo della disponibilità" suggerito da Assonime è oggi pienamente conforme ai principi OIC che prevedono la prevalenza della sostanza sulla forma; questo comporta lo storno dal bilancio della società concedente dei beni aziendali e conseguentemente non vi è alcuna Voce di attivo di stato patrimoniale a cui applicare i famigerati (e talvolta irrealistici) coefficienti moltiplicativi.

D’altronde la Circolare del ministero delle Finanze n. 48/1997 (Circolarone quadro sulle società non operative) ebbe ad affermare: “Si ritiene innanzitutto utile precisare che la normativa fiscale relativa alla determinazione del reddito d'impresa non prevede alcuna definizione delle "immobilizzazioni" e, pertanto, per queste ultime, occorre fare riferimento, ai fini di cui trattasi, per i soggetti tenuti alla redazione del bilancio, alle immobilizzazioni materiali, immateriali e finanziarie, assunte secondo la disciplina civilistica.”.

Ebbene, visto che il criterio della disponibilità è quello ritenuto più corretto dai principi contabili nell'adoperare il "metodo della disponibilità" da parte dell'affittante non vi è alcuna violazione rispetto a chiarimento fornito dall’agenzia delle entrate.

Peraltro anche in altre fattispecie fiscalmente rilevanti l’Agenzia si è espressa in modo coerente (Circolare n. 18/2006 e Circolare n. 11/2009): “in materia di rivalutazione dei cespiti aziendali, nell’ipotesi di affitto o usufrutto di azienda, ove non sia stata contrattualmente prevista la deroga alle disposizioni dell’art. 2561 del codice civile concernenti l’obbligo di conservazione dell’efficienza dei beni ammortizzabili, la rivalutazione potrà essere eseguita solo dall’affittuario o usufruttuario, quale soggetto che calcola e deduce gli ammortamenti. Al termine dell’affitto o dell’usufrutto, l’azienda sarà trasferita al concedente, comprensiva dei beni rivalutati e della relativa riserva di rivalutazione, sempre che quest’ultima non sia stata già utilizzata per copertura di perdite o distribuita. L’imposta sostitutiva riferibile alla riserva trasferita al concedente costituirà per quest’ultimo credito d’imposta.”.

Io ero già convinto prima che nel caso di affitto d’azienda i beni dell’azienda concessa in affitto non dovessero essere inseriti nel quadro RS – “Verifica dell’operatività e determinazione del reddito imponibile minimo dei soggetti di comodo”.

Ebbene, spero di avervi messo quella pulce nell’orecchio cui accennavo all’inizio di queste mia chiacchiere.

Buon lavoro!

 

 

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