Senza contraddittorio preventivo, è nulla la contestazione IVA

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Quando un avviso di accertamento contiene rettifiche ai fini Iva (anche unitamente ad altri tributi), gli obblighi procedimentali del contraddittorio obbligatorio validi per il detto tributo armonizzato si rendono necessari e si estendono anche alle altre imposte.

Per la sentenza 85/1/2016 della CTR Puglia, il Fisco deve, infatti, attivare il contraddittorio con il contribuente prima dell’emissione dell’atto impositivo, pena l’invalidità dell’atto stesso.

Nel caso specifico, a seguito di alcune richieste documentali formulate tramite questionario, ex art. 32 DPR 600/1973 e 51 DPR 633/1972, l’Agenzia delle Entrate aveva emesso nei confronti di una società di commercio al dettaglio un avviso di accertamento contenente rettifiche ai fini Ires, Irap e Iva.

Il contribuente aveva impugnato l’avviso di accertamento lamentando, tra gli altri motivi, l’illegittimità del procedimento accertativo seguito dall’ufficio, dato che l’avviso di accertamento era stato emesso senza attivare alcun contraddittorio preventivo con il contribuente.

Sebbene i giudici di primo grado avessero respinto le doglianze del contribuente, la CTR pugliese ha ribaltato il verdetto, uniformandosi a quanto affermato dalla Corte di cassazione a Sezioni unite (Sentenza n. 24823/2015), secondo cui, in materia di tributi armonizzati, il contraddittorio preventivo deve costituire un obbligo per l’Amministrazione finanziaria, trattandosi di un principio dichiarato indispensabile dalla Corte di giustizia Ue.

Come, quindi, statuito dalla Suprema Corte la violazione di tale obbligo comporta l’invalidità dell’atto, purché, afferma la giurisprudenza, il contribuente dimostri, in concreto, le ragioni che avrebbe potuto far valere se il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato.

La pronuncia risulta di particolare interesse perché, secondo i giudici di appello, affinché vi sia un effettivo contraddittorio l’ufficio deve esporre al contribuente al termine del controllo istruttorio i rilievi che intende formulare, così che questi possa replicare sulle specifiche contestazioni.

Diversamente, invece, tutta l’attività svolta dall’ufficio e dal contribuente prima della formale contestazione dei rilievi (invio di questionari, esibizione di documenti, ai sensi dei citati art. 32 DPR 600/1973 e 51 DPR 633/1972) non costituisce contraddittorio, trattandosi la stessa di una mera attività istruttoria.

La citata sentenza pugliese si inserisce, quindi, nel filone delle pronunce che si soffermano sull’opponibilità delle “serie” ragioni che il contribuente avrebbe potuto far valere in un eventuale contraddittorio e sulla loro valutazione, tanto quanto già stabilito dalla C.T. Reg. dell’Aquila, con la sentenza n. 861 del 28 settembre scorso, che aveva annullato l’avviso di accertamento “a tavolino” emesso, ai fini IVA, senza contraddittorio preventivo, perché il contribuente avrebbe potuto far valere in tale confronto argomentazioni che avrebbero potuto/dovuto condurre a diverse conclusioni accertative, non già per la loro fondatezza, ma per la loro sufficiente  “serietà” argomentativa, attesa la circostanza che la violazione dell’obbligo di contraddittorio comporterà sempre l’invalidità dell’atto, purché, in giudizio, il contribuente sappia assolvere l’onere di enunciare ragioni non pretestuose che egli avrebbe potuto far valere qualora il contraddittorio fosse stato attivato (in senso conforme, più recentemente della stessa citata Sentenza delle SS.UU., anche Cass. nn. 11773 e 17426 del 2016).

Ciò che, quindi, distingue la necessità del contraddittorio preventivo per accertare la sussistenza dell’eventuale vizio di legittimità non è la fondatezza delle argomentazioni adducibili dal contribuente (anche perché in questo caso egli vincerebbe comunque la causa nel merito), ma la loro non banalità o dilatoria fittizietà.

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