SICAF multi-comparto: ai fini IVA, vige la separazione

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In un recente documento di prassi pubblicato dall’Agenzia delle Entrate (risposta interpello n. 74/2020) , è stata fatta chiarezza in merito al trattamento fiscale ai fini IVA delle società di investimento per azioni a capitale fisso (SICAF), ossia quella peculiare forma di organismo di investimento collettivo del risparmio costituita non in maniera “classica”, attraverso l’istituzione di un fondo comune di investimento gestito da una SGR, ma per mezzo di una società per azioni con un oggetto sociale rappresentato, per l’appunto, dalla gestione del risparmio degli azionisti. Come vedremo, tale parere si è palesato particolarmente utile per inquadrare aspetti-chiave come la soggettività passiva IVA e gli adempimenti strumentali, sia in materia dichiarativa che di versamento del tributo.

Le SICAF come delineate dal TUF

Come noto, l’articolo 1, comma 1, lett. i-bis), del testo unico in materia di intermediazione finanziaria, meglio noto con l’acronimo di “TUF”, stabilisce che per SICAF debba intendersi l’organismo di investimento collettivo del risparmio chiuso, costituito in forma di società per azioni a capitale fisso, con sede legale e direzione generale in Italia ed avente per oggetto esclusivo l'investimento del patrimonio, raccolto mediante l'offerta di proprie azioni e di altri strumenti finanziari partecipativi.

In altri termini, tale particolare società per azioni si caratterizza poiché il suo scopo non è quello di lucro, tipico delle società commerciali, ma quello di gestire il patrimonio raccolto alla stregua di un fondo di investimento, al fine di garantire agli azionisti un rendimento collegato con il loro investimento nella società medesima.

Sotto il profilo del funzionamento del fondo, tali società assumono la qualifica di FIA, cioè fondi di investimento alternativi, in quanto, essendo entità di tipo chiuso, poiché il disinvestimento è possibile solo alla scadenza del fondo, non sono compatibili con i dettami europei in materia di fondi di investimento in valori mobiliari, talché questi veicoli di investimento sono caratterizzati, per il socio, da un rischio sensibilmente maggiore, come nel caso, che a breve vedremo, delle SICAF di tipo immobiliare.

L’inquadramento generale ai fini IVA della SICAF

Ciò chiarito, ai fini IVA, va puntualizzato che le SICAF, avendo la forma giuridica di società per azioni sono soggette alla presunzione assoluta di esercizio d’impresa di cui all’articolo 4, comma 2, n. 1), del decreto del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, essendo, pertanto, sicuramente soggetti passivi e, come tali, tenuti a richiedere l’apertura di una partita IVA.

Tuttavia, apparivano poco chiari aspetti fondamentali di applicazione del tributo quali:

  • le concrete modalità di fatturazione per ciascun comparto;
  • le regole di calcolo, liquidazione e versamento dell’IVA in relazione ai singoli comparti;
  • le modalità di compilazione dei singoli moduli della dichiarazione annuale IVA, anche qui con riferimento ai singoli comparti.

SICAF multi-comparto immobiliare – i chiarimenti dell’Agenzia

Venendo al caso sottoposto ad interpello, la società istante, qualificata come SICAF immobiliare multi-comparto, ha richiesto all’Agenzia un parere in merito alle modalità di applicazione del tributo, se cioè in tali ipotesi, ciascun comparto debba essere gestito fiscalmente come attività separata ai fini IVA, come nell’ipotesi similare di più fondi gestiti dalla medesima SGR.

L’amministrazione finanziaria, nella Risposta n. 74 del 2020, ha innanzitutto posto l’attenzione sulla natura di società di investimento multi-comparto, richiamando l’articolo 35-bis, comma 6, del TUF, il quale stabilisce che nel caso di SICAF multi-comparto ciascun comparto costituisce un patrimonio autonomo, distinto da quello degli altri comparti: sotto il profilo del diritto finanziario, quindi, nessun dubbio sulla perfetta autonomia patrimoniale di tali comparti.

Per quanto concerne, al contrario, gli aspetti più strettamente fiscali, l’Agenzia ha sottolineato come la normativa tributaria applicabile a tali soggetti sia quella attinente:

  • ai fondi comuni immobiliari, qualora la SICAF investa in beni immobili;
  • alle SICAV, nel caso di SICAF diverse da quelle immobiliari.

Premesso ciò, nel caso prospettato, essendo la SICAF di tipo immobiliare, la disciplina di riferimento evocata dall’Agenzia delle Entrate è rinvenibile nell’articolo 8, comma 1, del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, il quale dispone, a chiare lettere, come la SGR è, ai fini IVA, soggetto passivo per le cessioni dei beni e le prestazioni di servizi relative alle operazioni dei fondi immobiliari da essa istituiti; la stessa norma, inoltre, chiarisce che la medesima società deve liquidare l’imposta separatamente dalle operazioni svolte in proprio da essa e distintamente per ciascun fondo gestito.

Da quanto detto, pertanto, deriva l’obbligo di tenere e conservare una contabilità separata per la propria attività e per quella di ciascun fondo, funzionale, come intuitivo, alla liquidazione dell’imposta sul valore aggiunto; ciò nonostante, in forza del principio di unicità del soggetto passivo, la SGR è tenuta alla presentazione di un’unica dichiarazione annuale, composta da un frontespizio e da un modulo per ciascuna liquidazione nel quale devono essere indicati la denominazione del comparto e il numero identificativo attribuito dalla Banca d’Italia (Quadro VA4).

Per quanto concerne poi il versamento del tributo, l’IVA, liquidata nei termini appena descritti, deve essere corrisposta in maniera cumulativa, sommando le somme dovute dalla SGR e quelle dovute da ciascuno dei fondi gestiti.

Tirando le fila del ragionamento, l’Agenzia, assimilando fiscalmente le SICAF alle SGR, ha potuto dichiarare applicabile il medesimo regime in materia di Iva previsto per i fondi comuni di investimento dal citato articolo 8 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351.

Ciò necessariamente implica che le SICAF multi-comparto debbano optare, per ciascun comparto, al regime di separazione delle attività di cui all’articolo 36, comma 3, del DPR n. 633/72, non ostando, in tal senso, la riconducibilità delle attività ad un medesimo codice ATECO, come precisato dalla medesima Agenzia nella Circolare n. 19 del 31 ottobre 2018.

Normativa

Artt. 1, comma 1, lett. i-bis), e 35-bis), comma 6, del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.

Art. 8, comma 1, decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351.

Art. 36, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

Prassi amministrativa

Circolare AE n. 19 del 31 ottobre 2018

Risposta AE n. 74 del 2020

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