Trasformarsi al tempo del COVID 19 – responsabilità e sinergie di terzi

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Il virus, con la tragica crisi economico finanziaria che ha innescato e della quale ancora non si sono manifestati pienamente gli effetti, posto che l’onda lunga la sia attende nel prossimo autunno, obbliga a riflettere su quali siano le soluzioni per la sopravvivenza dell’attività aziendale con un occhio anche, doverosamente, alla ipotesi della cessazione dell’attività nel modo più indolore possibile.

Mai come oggi la scelta della tipologia societaria è argomento di stringente attualità: certo, tutti gli sforzi sono concentrati sulla ripartenza, ma un imprenditore lungimirante e i suoi consulenti devono per forza di cose configurare tutti gli scenari.

Ebbene, l’argomento, buono per tutte le stagioni, ma divenuto di stringente attualità della trasformazione societaria, lo si può affrontare in mille modi: in questo contributo mi limito a rappresentare quelli che sono le motivazioni principali della trasformazione da società di persone in società di capitali.

Limitare la responsabilità dei soci

La principale causa di trasformazione da società di persone in società di capitali risiede nel limitare la responsabilità di soci che nelle società in nome collettivo è solidale e illimitata con riferimento alle obbligazioni contratte dalla società.

Nelle società in accomandita semplice, invece, sono solo i soci accomandatari che gestiscono la società a rispondere solidalmente tra loro con il proprio patrimonio per le obbligazioni contratte dalla società. I soci accomandanti rispondono, invece, nei limiti dei conferimenti eseguiti, da intendersi nell’importo del capitale sociale e dei versamenti a fondo perduto.

Nelle società di capitali i soci non rispondono personalmente delle obbligazioni contratte dalla società e l’unico rischio che possono correre è la perdita del capitale sociale sottoscritto e dei versamenti a fondo perduto eventualmente eseguiti.

Resta, ovviamente, ferma la responsabilità dei soci che hanno rilasciato garanzie personali nell’interesse della società, come spesso succede in caso di indebitamento bancario. Si tratta di un aspetto talvolta trascurato da parte del socio che, non sempre in modo del tutto consapevole, concede la propria garanzia di firma alla banca, alla società di leasing o a quella di factoring, vanificando il risultato della trasformazione. Sul punto, va sottolineato che, soprattutto nelle società di piccole-medie dimensioni di carattere familiare, è di fatto assai difficile sottrarsi a tale pretesa dell’istituto di credito, che condiziona l’affidamento all’ottenimento di tali garanzie.

A parziale mitigazione di quanto ora rappresentato occorre aggiungere che la richiesta di garanzie personali dei soci (i.e. fideiussioni o rilascio di garanzie reali) è limitata all’indebitamento bancario, mentre è assolutamente inusuale nell’ambito dei rapporti commerciali con i fornitori.

I soci di società di capitali non falliscono

Come regola generale il fallimento di una società comporta il fallimento di tutti quei soci con responsabilità illimitata, mentre non falliscono i soci con responsabilità limitata. Il fallimento dei soci illimitatamente responsabili è conseguenza automatica del fallimento della società, non è necessaria una nuova dichiarazione o l'accertamento della loro insolvenza.

Da qui la convenienza a gestire un’attività d’impresa con la forma societaria della società di capitali è evidente.

Tuttavia, occorre tenere presente che il fallimento dei soci illimitatamente responsabili in caso di trasformazione è sottoposto a tre condizioni (art. 147, comma 2, legge fallimentare):

  1. non deve essere trascorso un anno dallo scioglimento del rapporto sociale o dalla cessazione della responsabilità illimitata anche in caso di trasformazione;
  2. devono essere state osservate le formalità previste dalla legge per rendere noti ai terzi i fatti indicati;
  3. la dichiarazione di fallimento è possibile solo se l'insolvenza della società attenga, in tutto o in parte, a debiti esistenti alla data della cessazione della responsabilità illimitata.

Convenienze fiscale

Le problematiche connesse alla convenienza fiscale del tipo di società sono articolate e da valutare in stretta correlazione con il business societario e la composizione della compagine sociale. Sul punto occorre da subito ricordare che il legislatore tributario ha già da tempo introdotto disposizioni volte a traghettare, in taluni casi, la tassazione dei soggetti IRES verso il comparto Irpef. Ci si riferisce, in particolare alla possibilità da parte della s.r.l. nonché s.c.r.l. di optare, ai sensi dell’art. 116 del Tuir, per la tassazione per trasparenza, laddove tutti i soci, in numero non superiore a 15 siano persone fisiche (ancorché dotate di partita Iva). Inoltre, nell’ambito dei gruppi societari la possibilità di optare ai sensi dell’articolo 117 e seguenti del Tuir per la tassazione consolidata di gruppo in ambito nazionale è riservata alle società di capitali. Stesso dicasi per la tassazione di gruppo internazionale disciplinata dall’articolo 130 e seguenti del medesimo Tuir. Non va trascurata la favorevole tassazione dei dividendi percepiti nonché quella delle plusvalenze PEX, laddove la società di capitali possegga partecipazioni con i requisiti richiesti dall’articolo 87 del Tuir: il dividendo (art. 89 Tuir) ovvero la plusvalenza (art. 87 Tuir) scontano l’IRES solo sul 5% dell’importo percepito.  Tali vantaggi nell’ambito di gruppi societari sono particolarmente apprezzabili laddove le risorse derivanti da tali operazioni debba poi essere reinvestite nell’ambito del gruppo e non confluire ai soci e destinati a finalità non imprenditoriali. Da ultimo, concentrandoci sull’attualità, solo le società di capitali, gestendo la fiscalità differita, possono accedere all’articolo 55 del Decreto-legge n. 23/2020 che ha introdotto il credito d’imposta spendibile derivante dalla conversione delle DTA su perdite e eccedenza ACE in presenza di cessione dei crediti scaduti da oltre 90 giorni.

Assecondare la crescita del business

Si nasce piccoli e con il tempo si cresce.

Anche nell’attuale contesto di crisi derivante dalla pandemia, una soluzione ai problemi dell’azienda potrebbe essere quella di consentire l’ingresso di terzi nella società che apportino capitale o mercato. La fiducia ristretta alla sola cerchia familiare, infatti, spesso limita la crescita delle imprese e dell’economia.

L’accresciuta dimensione dell’azienda porta fatalmente a trasformare la società di persone in società di capitali. Non si tratta solo di limitare le responsabilità personali dei soci di fronte a situazioni di default della società che potrebbero comportare ripercussioni notevoli nel patrimonio dei soci, ma anche di strutturare la governance mediante la previsione di organi societari quali il consiglio di amministrazione deputato alla gestione, nonché la necessità che le scelte strategiche del business siano condivise dalla compagine societaria e da queste formalizzate in assemblea.

La crescita del business sovente si accompagna ad un allargamento della compagine societaria e quando l’azienda non è composta solo da membri della famiglia è talvolta necessario formalizzare patti parasociali, eventualmente iscritti nel registro imprese per fissare elementi fondamentali della vita societaria (obbligo di distribuire utili, divieto di particolari operazioni, etc.).

Non trascurabile, inoltre, la circostanza che ai fini dell’affidamento bancario l’opportunità di contenere i costi di gestione indirizzandosi sulla società di persone può essere foriera di alcune criticità. Se, da un lato, la presenza sindaci o revisori può imporre costi non trascurabili, dall’altro essa permette all’impresa di essere percepita come maggiormente trasparente, con potenziali effetti positivi anche in termini di accesso e/o costo del credito.

Non da ultimo, l’evoluzione in società di capitali è anche richiesta sulla base di una diffusa mentalità, obiettivamente provincialistica, richiesta dal mercato.

Ingresso nuovi soci

Connessa a quanto precede, l’apertura nell’ambito societario di nuovi soci, specialmente se non facenti parte della famiglia, nell’ipotesi in cui la società sia di persone, richiede ineluttabilmente la trasformazione della stessa in società di capitali. In primo luogo, si tratta della responsabilità personale dei soci in un ambito societario caratterizzato dal rapporto strettamente fiduciario da parte di coloro che gestiscono in sostanziale assoluta libertà l’attività aziendale: se tra i membri della famiglia ciò è comprensibilmente accettato, nel caso in cui si inseriscono nella compagine societaria soci esterni ciò non è ragionevole, soprattutto se i nuovi soci apportano solo capitale e non sono soci tecnici.

Dunque, in via generale, la governance in una società con soci non omogenei e non familiari richiede una definizione dei ruoli ben definita e un monitoraggio periodico dei risultati, una formalizzazione della distribuzione degli utili.

Tale forma societaria, inoltre, consente, ove ritenuto necessario, inserire manager con incarichi specifici e finalizzati.

I nuovi soci non accetteranno di divenire accomandatari

Certamente le società in accomandita semplice presentano elementi di rischio peculiari posto che solo i soci accomandatari (gli amministratori) rispondono personalmente e illimitatamente con il patrimonio personale per le obbligazioni delle S.a.s.

Consapevole di ciò la famiglia sceglie normalmente un capro espiatorio senza patrimonio da sacrificare in caso di default. Non si intende necessariamente un accomandatario di comodo ma, semplicemente, un membro della famiglia, spesso il genitore, che ha normalmente trasferito ovvero intestato al resto della famiglia magari tramite patto di famiglia il patrimonio personale. Ora, al netto di eventi elusivi (è chiaro che se gli accomandanti si ingeriscono nella gestione diventano accomandatari di fatto con ciò che ne consegue in termini di responsabilità), è evidente che nell’ipotesi in cui la società si dovesse aprire a nuovi soci questi, pretendendo quanto meno di co-gestire l’azienda insieme ai soci storici, non accetteranno di rivestire il ruolo di accomandatario, peraltro, divenendo responsabile anche dei debiti contratti dalla società precedentemente il proprio ingresso.

Da qui la ineluttabile trasformazione in società di capitale.

 

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