Ultime notizie sugli ammortizzatori sociali in periodo COVID: Commento a caldo del DL 52/2020

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La tormentata vicenda da cui trae spunto il titolo di questo blog, ha fatto vivere agli operatori del ns. settore un periodo davvero intenso iniziato con il DL 9/2020. Da quel primo testo normativo si sono succeduti decine di provvedimenti normativi ed amministrativi fino all’ultimo (finora) atto datato 16 giugno 2020: il DL 52, oggetto dell’approfondimento in questo articolo.

Tale provvedimento, forse unico nella storia, si definisce come un “Decreto Legge” che modifica un “Decreto Legge” non ancora convertito (!!! - Anche questo a dimostrazione della complesse vicende politiche ed amministrative che stiamo tutti vivendo) in materia di ammortizzatori sociali.

Come si ricorderà, gli artt. 19 e ss. del DL 18/2020, meglio noto come “Decreto Cura Italia”, avevano introdotto per tutti i datori di lavoro uno strumento di ammortizzatore sociale (o meglio, ahinoi, una serie di ammortizzatori sociali) della durata di nove settimane, per sostenere aziende e lavoratori bloccati, sia da DPCM limitativi della libertà di circolare, sia da “crisi di settore”, per effetto delle conseguenze legate alla diffusione del virus Covid-19.

Dal D.L. 19, oltre ad una serie di provvedimenti amministrativi è seguito il DL 34/2020 (Decreto Rilancio) che, estendendo la durata del provvedimento normativo sopra descritto, ha modificato la durata massima di nove settimane per periodi decorrenti dal 23 febbraio 2020 al 31 agosto 2020, incrementandola di ulteriori cinque. Si noti che le quattordici settimane (nove più cinque) dovranno essere fruite necessariamente entro il termine del 31 agosto 2020.

Si evidenzia inoltre che il Decreto Rilancio disponeva che la concessione delle “ulteriori cinque settimane” fosse condizionata all’intera fruizione del periodo precedentemente concesso, fino alla durata massima di nove settimane, da parte dei datori di lavoro.

Non solo: il Decreto Rilancio prevedeva un ulteriore periodo della durata massima di quattro settimane di trattamento, segnatamente contingentato per periodi decorrenti dal 1° settembre 2020 al 31 ottobre 2020, esclusi i datori di lavoro dei settori turismo, fiere e congressi, parchi divertimento, spettacolo dal vivo e sale cinematografiche, per i quali la fruizione era possibile anche consecutivamente (quindi prima del 1 settembre) alle quattordici settimane precedenti (cinque più nove, per l’appunto).

Dal 19 maggio l’attesa per la definizione di quale fosse la reale definizione di settore “Turismo” è stata piuttosto snervante. Anche chi scrive si è trovato spesso in difficoltà nella definizione di aziende che operavano nel turismo, ma che non fossero definite turistiche tout court.

Il Decreto 16 giugno 2020 n. 52 elimina alla radice questo problema interpretativo: l’art. 1 prevede che esclusivamente i datori di lavoro che abbiano interamente fruito del periodo precedentemente concesso fino alla durata massima di quattordici settimane, possono usufruire di ulteriori quattro settimane anche per periodi decorrenti antecedentemente al 1° settembre 2020. Resta ferma la durata massima di diciotto settimane considerati i trattamenti riconosciuti cumulativamente dal Decreto Cura Italia così come modificato ed integrato dal Decreto Rilancio; in altre parole, non sono stati concessi ulteriori periodi ma è stato “semplicemente” rimosso il vincolo temporale per la fruizione delle ultime 4 settimane (prima fissato dal 1 settembre), rimanendo inalterato il termine massimo per la fruizione dello stesso (31 ottobre 2020).

Dalla lettura della norma parrebbe che, trattandosi di settimane distinte, le domande di integrazione salariale debbano essere suddivise (e quindi separate) tra le prime nove (DL 18), le successive cinque (DL 34) e le ultime quattro (DL 34/ DL 52). Tuttavia la “Notizia INPS del 06/06/2020” chiarisce che per la fruizione delle ulteriori cinque settimane successive alle nove (si ricorda come anche queste dovessero essere utilizzate solo dopo la piena fruizione delle nove precedenti) possa essere effettuata un’unica istanza (Per la gestione della quota incrementale, è stato individuato un iter procedurale snello che, nel rispetto del dettato normativo, consente ai datori di lavoro la possibilità di accedere al trattamento - sia residuale che complessivo, fino a un massimo di quattordici settimane - attraverso l’invio anche di un’unica domanda”).

Altra questione modificata dal DL 52 riguarda la tempistica della presentazione della domanda di integrazione salariale. Anche su questo punto si ricorderà che i lunghi termini concessi dal DL Cura Italia (4 mesi dall’inizio della riduzione o sospensione) sono stati fortemente ridotti dal DL Rilancio (entro il mese successivo), con la conseguenza che al 31 maggio sarebbero scaduti i termini relativi alle domande autorizzate per i periodi dal 23 febbraio al 30 aprile. Nel DL in commento si prevede che le domande riferite a periodi di sospensione o riduzione dell'attività lavorativa che hanno avuto inizio nel periodo ricompreso tra il 23 febbraio 2020 e il 30 aprile 2020, il termine è fissato, a pena di decadenza, al 15 luglio 2020.

Ultimo aspetto degno di nota riguarda il termine decadenziale per presentare la domanda per i datori di lavoro che abbiano erroneamente presentato domanda per trattamenti diversi da quelli a cui avrebbero avuto diritto, o comunque con errori o omissioni che ne hanno impedito l'accettazione (si pensi ai casi, forse più comuni, di richiesta di intervento FIS per i datori di lavoro non destinatari di tale ammortizzatore). In tali casi la domanda potrà essere presentata nelle modalità corrette, a pena di decadenza, entro trenta giorni dalla comunicazione dell'errore da parte dell'amministrazione di riferimento.

Non resta che attendere (ancora) conferme ed istruzioni da parte di un Istituto che, sin dalla pubblicazione del (già tardivo) Decreto Rilancio, al momento risulta ancora non pervenuto.

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