“VECCHIO” REDDITOMETRO: IL TEMPO NON SEMPRE E’ GALANTUOMO

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Nel sistema dell'accertamento da "vecchio" redditometro (ante DL 78/2010), il reddito netto complessivo accertabile avrebbe dovuto discostarsi, per almeno due annualità, di un quarto da quello dichiarato per consentire la determinazione sintetica del reddito. Nel sistema attuale invece, come noto, basta lo scostamento per un solo anno, del quinto.
L'Agenzia delle Entrate non ha mai compiutamente, chiarito se, e in quale misura, la "chiusura" (definizione/annullamento di una lite) di uno dei due periodi di imposta potesse riverberare i suoi effetti su un'altra controversia di altro periodo ad essa collegabile, atteso il fatto che un requisito indispensabile per il legittimo ricorso all'utilizzo del redditometro era lo scostamento per "due o più periodi di imposta".
Chi scrive, invece, non ha mai avuto tanti dubbi: infatti, un'eventuale definizione di una delle due annualità accertate avrebbe dovuto caducare (simul stabunt simul cadent) anche la pretesa tributaria dell'altra annualità e, quindi, nessun fondamento legale dell’accertabilità sarebbe potuto persisistere ove, anche post-accertamento, fosse intervenuto un “difetto del presupposto di scostamento biennale”.
All'atto dell'emanazione della circolare n. 48/2011, di commento alla definizione delle liti “minori”, ex art. 39 del DL n. 98/2011, l'odierno estensore di questo sfogo (per gli scettici e diffidenti, si veda "La lite definita può interferire con il «vecchio» redditometro, in Eutekne.info del 19 novembre 2011) affermò il sacrosanto diritto del contribuente di potersi attivare per eccepire nelle vicende processuali che l'eventuale estinzione processuale di un anno avrebbe dovuto esplicare i suoi effetti anche sul resto del contesto pendente, in quanto, tecnicamente e diversamente da un concordato (adesione o conciliazione giudiziale), l’effetto della definizione di una lite su un periodo di imposta (e, ovviamente, ancor meglio un annullamento definitivo della pretesa) non era quello di consolidare l’accertamento di un nuovo reddito sintetico, ma, evitandosi solo un giudicato definitivo sulla lite, ovvero sul merito e sulla legittimità dell’avviso impugnato, si sarebbe  conseguentemente confermato il reddito originariamente dichiarato ante-accertamento, facendo, quindi, venir meno il fondamentale presupposto legale dell'accertamento anche sull'altro periodo.
In questi anni, molti contribuenti, spesso obtorto collo, hanno "oblato" le pretese erariali, anche a fronte del fatto che coltivare liti con valore del contendere non elevatissimo fino in Cassazione, spesso rischia di far economicamente perdere la parte privata nonostante essa pervenga ad successo contenzioso.
Oggi, però, arriva una (magrissima) soddisfazione: infatti con ordinanza del 13 marzo 2018 n. 6075, è anche la Corte di Cassazione ad aver statuito che l’annullamento dell’accertamento sintetico con sentenza passata in giudicato per un periodo di imposta, implica l’inapplicabilità del metodo accertativo per l’altro anno.
Per gli Ermellini, l’improcedibilità dichiarata in altro giudizio, riverbera i suoi effetti anche in altro periodo di imposta accertabile, venendo infatti meno il presupposto del metodo sintetico di accertamento, ex art. 38 comma 4 del DPR 600/73 (secondo la formulazione previgente).
Per la prima volta si trova traccia di una pronuncia di legittimità che sancisce il principio, definito dalla dottrina, di caducazione “a catena” degli accertamenti sintetici relativi a due annualità d’imposta, il quale, ovviamente, potrebbe ancora orientare anche i giudicati dei procedimenti ancora pendenti e soggetti alla disciplina pregressa.
Ad onor del vero, anche nella giurisprudenza di merito si era registrato un "eroico" pronunciamento che, accogliendo in una sentenza la visione accennata da quell'isolato autore nel 2011, ritenne che, anche ove fosse stata definita una lite, ex art. 39 comma 12 del DL 98/2011 avente ad oggetto l’accertamento sintetico per un precedente periodo d’imposta, sarebbe venuto meno lo scostamento biennale necessario per l’accertamento del successivo periodo di imposta (CTR Liguria del 15 giugno 2017 n. 877/3/17).
Da oggi, allora, siamo orgogliosamente almeno in tre a far parte di questo esclusivo club che ritiene che, anche per sopravvenuto difetto di scostamento biennale, gli accertamenti sintetici, ante DL 78/2010, dovessero essere annullati: tra i soci si annovera lo scrivente  fondatore di quel ristretto club fin dal 2011, un giudice ligure, che ha la tessera dal 2017, mentre un togato del Palazzaccio si è iscritto solo da qualche giorno.
Peccato, però, che questo odierno orientamento della Cassazione, che ovviamente avrebbe potuto condizionare sia l'operato del Fisco sia i vari gradi del giudizio di merito su questo tema, giunga solamente oggi, ovvero quando (con certezza) le istruttorie amministrative dei "vecchi" redditometri non sono più sui tavoli delle Entrate e quando (praticamente tutti) i contenziosi pendenti sul "vecchio" redditometro sono stati ormai decisi.
Si è, tuttavia, in questo modo realizzato un grande capolavoro nel bilanciamento tra le esigenze delle casse erariali e quelle della capacità contributiva: si è affermata, infatti, la illegalità della persistenza di un accertamento solo dopo aver comunque assicurato e stabilizzato incassi erariali tendenzialmente indebiti, ma a cui molti contribuenti hanno prestato magari acquiescenza solo per antieconomicità della eventuale difesa.
Ed è, allora, con quel retrogusto amaro in bocca, tipico di chi rinuncia ad avere a suo tempo una ragione che i posteri gli avrebbero riconosciuto, che oggi qualche contribuente scopre che anche il tempo può non essere galantuomo, perché in materia di giurisprudenza tributaria (e non solo) troppo spesso ci si dimentica che "nel lungo periodo saremo tutti morti" e che, quindi, se la giustizia arriva troppo tardi non è mai giusta.

Affido, invece, ad ognuno dei lettori il compito di qualificare il comportamento di chi, facendo spesso consapevolmente leva anche sulla economicamente onerosa (solo per il contribuente) lunghezza dei procedimenti giudiziari, persiste in pretese tributarie anche ingiuste e trascina fino al grado di legittimità questioni che forse potevano e dovevano essere risolte ben prima.

Nella storia degli accertamenti tributari, nessuno strumento meglio del "vecchio" redditometro è stato capace di inventare materia imponibile. Esso, però, è riuscito a farlo non solo con i coefficienti di un DM del 1992 acriticamente utilizzati dal Fisco, ma anche, e soprattutto, tramite una macchinosa giustizia tributaria che ha legittimato quello strumento medioevale, trasformando migliaia di cittadini in evasori fiscali, a meno che non fornissero una (spesso impossibile) prova contraria. Non ci mancherà!

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