Trust: la Cassazione chiarisce il momento dell’imposizione indiretta

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Nel presente approfondimento cercheremo di fare il punto sulle regole di tassazione di un istituto giuridico, come il trust, dal carattere polivalente, in quanto suscettibile di svolgere funzioni economico-sociali diverse a seconda del concreto regolamento prescelto dall’autonomia privata. A tal fine, prenderemo, come imprescindibile punto di riferimento la giurisprudenza di legittimità che, come vedremo, nell’anno appena passato sembra aver confermato un cambio di orientamento, circa il momento impositivo del trasferimento patrimoniale attuato attraverso tale negozio giuridico.

Il trust: struttura e funzione

Come noto, dal punto di vista concettuale, il trust si compone di due distinte attività negoziali rappresentate:

  • dall’atto costitutivo del trust, inteso come il negozio unilaterale mediante il quale il disponente determina il programma e le regole di funzionamento del trust medesimo, nomina il trustee e designa i beneficiari o le regole per individuare tali soggetti;
  • dall’atto di dotazione del trust, inteso come il negozio bilaterale attraverso il quale il disponente attribuisce al trustee il patrimonio, vincolato secondo il programma fissato nel precedente atto.

In ragione della natura neutra, sotto il profilo della capacità contributiva, del primo atto, lo stesso è stato ritenuto non suscettibile di integrare un autonomo presupposto d’imposta, quanto, al contrario, all’atto di dotazione, in considerazione della chiara valenza patrimoniale dello stesso, si è da sempre posta la questione attinente la sua possibile rilevanza fiscale, sotto il profilo dell’imposizione indiretta. Infatti, l’articolo 2, comma 47, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, stabilisce, a chiare lettere, come sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione, si debba applicare l'imposta sulle successioni e donazioni.

In particolare, il punto centrale è rappresentato della questione relativa alla riconducibilità dell’atto di dotazione e del conseguente vincolo di destinazione, al campo di applicazione della predetta imposta di donazione o della sua irrilevanza fiscale o, meglio, del suo differimento al momento del trasferimento patrimoniale in capo ai beneficiari del trust medesimo.

L’impostazione “storica” della giurisprudenza: l’apposizione del vincolo va tassata

La giurisprudenza della Cassazione, chiamata a dirimere tale questione, in quelle che sono state battezzate le ordinanze “gemelle” (nn. 3737/2015 e 5322/2015), ha sposato la tesi formalistica dell’Amministrazione finanziaria, secondo la quale l’atto di dotazione, anche allorquando ad esso non si voglia riconoscere un effettivo arricchimento in capo al trustee, configura pur sempre una fattispecie riconducibile alla costituzione di vincoli di destinazione, espressamente inserita nel campo di applicazione del tributo in parola.

Tutto ciò, in quanto il tenore del citato decreto, che ha reintrodotto l’imposta sulle successioni e donazioni, è chiaro nell’aver esteso la tassazione ad ipotesi, come quelle in esame, dove concettualmente non si assiste a un vero e proprio trasferimento di ricchezza, ma ad una mera segregazione patrimoniale, come nel caso emblematico di cui all’articolo 2645-ter del codice civile, laddove è espressamente prevista la facoltà per le società di capitali di destinare patrimoni ad uno specifico affare.

In altri termini, secondo tale orientamento, nell'imposta in esame, a differenza che in quella “tradizionale”, il presupposto impositivo è correlato alla predisposizione del programma di funzionalizzazione del diritto al perseguimento degli obiettivi voluti e si sostanzia nel valore dell'utilità della quale il disponente, stabilendo che sia sottratta all'esercizio delle proprie facoltà proprietarie, per essere gestita da altri a beneficio di terzi, finisce con l'impoverirsi.

La svolta: il mero vincolo non è sufficiente ai fini fiscali

Come anticipato, nell’anno appena passato la giurisprudenza sembra aver suggellato un cambio radicale mediante decisioni che hanno superato il precedente orientamento.

Vediamo in che termini ed attraverso quali argomentazioni.

Secondo la nuova prospettiva assunta dai giudici di legittimità, l'unica imposta espressamente istituita è stata la reintrodotta imposta sulle successioni e sulle donazioni alla quale debbono ora andare anche assoggettati i vincoli di destinazione; da ciò, consegue come il presupposto dell'imposta del tributo rimane quello “storico”, fissato dal decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, ossia:

  • il reale trasferimento di beni o diritti; e, quindi,
  • il reale arricchimento dei beneficiari.

A giudizio di tale impostazione, pertanto, il legislatore fiscale, con l’introduzione nelle maglie della disciplina fiscale dei vincoli di destinazione, ha semplicemente cercato di evitare che un'interpretazione restrittiva della reintrodotta imposta sulle successioni e donazioni potesse lasciare esenti da tassazione fattispecie di effettivo trasferimento di beni e diritti ai beneficiari, quando lo stesso fosse stato attuato all'interno di un istituto non contemplato dal decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346.

Superato il tal modo il canone letterale, la Cassazione ha aperto la strada ad una lettura costituzionalmente orientata della norma in esame, la quale, se rispettosa del principio costituzionale di cui all’articolo 53 della Costituzione, non può che essere posta in relazione con fatto generatore di un'idonea capacità contributiva.

Sotto tale prospettiva, quindi, il conferimento di beni e diritti in trust non integra di per sé un trasferimento imponibile, rappresentando un atto generalmente neutro, che non dà luogo ad un trapasso di ricchezza suscettibile di imposizione indiretta; a tali fini, pertanto, occorre far riferimento non già alla nozione di utilità economica (evocata dal precedente orientamento), della quale il costituente, destinando, dispone, ma a quella di effettivo incremento patrimoniale del beneficiario.

Ebbene, la novellata struttura del tributo mantiene intatta una disciplina unitaria delle pur distinte ipotesi impositive, le quali, secondo i giudici di legittimità, ruotano tutte intorno all'unico indice di capacità contributiva dato dall'attualità ed effettività dell'incremento patrimoniale, da valutarsi sempre nella prospettiva causale unitaria dell'istituto civilistico del trust, mediante l’individuazione puntuale del momento e del soggetto che manifesta la capacità contributiva, perché l'arricchimento non può dirsi attuale sino a quando il programma del trust non abbia avuto piena e completa esecuzione.

 Normativa

Art. 1 decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346.

Art. 2, comma 47, decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262.

Giurisprudenza

Cassazione, Sez. VI civ., 24 febbraio 2015, ord. n. 3737.

Cassazione, Sez. VI civ., 18 marzo 2015, ord. n. 5322.

Cassazione, Sez. V civ., 17 gennaio 2019, ord. n. 1131.

Cassazione, Sez. V civ., 12 settembre 2019, sent. n. 22758.

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