Bonus chef, il fisco entra in cucina

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La legge di bilancio per il 2021, recentemente approvata dal Parlamento, ha introdotto una nuova agevolazione fiscale a favore dei cuochi correlata all’effettuazione di talune spese, sostenute in ragione dell’attività svolta. Come intuitivo, tale misura di aiuto va letta nel contesto della grave crisi del settore della ristorazione, determinata dai provvedimenti di contenimento della pandemia da COVID-19 messi in atto dal Governo; tuttavia, come vedremo, sussistono forti dubbi in merito sia alla coerenza dell’impianto normativo, sia in relazione all’effettiva utilità ed efficacia di questa spesa fiscale.

I soggetti interessati

Come precisato, l’articolo 1, comma 117, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, ha stabilito che il credito d’imposta spetta ai soggetti esercenti l’attività di cuoco professionista, presso alberghi e ristoranti, qualora la stessa sia svolta:

  • come lavoratore dipendente; o
  • come lavoratore autonomo, munito di partita IVA.

E ciò anche qualora tali soggetti non siano in possesso della classificazione ATECO 5.2.2.1.0 (Cuochi in alberghi e ristoranti).

In altri termini, il legislatore ha voluto “abbracciare” sia coloro i quali lavorano alle dipendenze di altri, sia gli chef libero-professionisti con propria partita IVA.

Ciò posto, tuttavia, non appare chiaro il trattamento da riservare a coloro i quali svolgono tale attività all’interno di un ristorante o un albergo di proprietà, ipotesi certamente plausibile per le attività di piccole dimensioni ed a conduzione familiare. Se, infatti, formalmente tali soggetti sembrerebbero esclusi dal novero dei beneficiari, da un punto di vista logico proprio essi sembrerebbero i destinatari ideali, in quanto il credito d’imposta, come vedremo, è correlato all’acquisto di beni strumentali durevoli.

Sempre sul piano soggettivo, appare di difficile giustificazione la limitazione all’attività di chef effettuata in ristoranti o alberghi, poiché tale professione può essere svolta in altri ambiti, quali ad esempio le strutture sanitarie, anche in considerazione del fatto che il legislatore ha svincolato l’erogazione del beneficio alla richiamata classificazione ATECO.

Le spese agevolabili

Per quanto concerne gli acquisti ammissibili, il comma 118 stabilisce che danno diritto al credito d’imposta le spese per:

  • l’acquisto di macchinari di classe energetica elevata per la conservazione, la lavorazione, la trasformazione e la cottura dei prodotti alimentari;
  • l’acquisto di strumenti e attrezzature professionali per la ristorazione;
  • la partecipazione a corsi di aggiornamento professionale;

effettuate nel periodo intercorrente dal 1° gennaio al 30 giugno 2021.

Il credito d’imposta va poi calcolato applicando alla spesa un coefficiente pari al 40 per cento, con un limite massimo pari ad euro 6.000. Così, ad esempio, supponendo una spesa pari a 20.000 per l’acquisto di macchinari da cucina di classe energetica elevata, il beneficio sarà pari ad euro 6.000 (20.000*0,4=8.000 [max 6.000]).

Sotto il profilo fiscale, poi, tale credito non rileva:

  • né alla formazione del reddito imponibile, ai fini IRPEF, e del valore della produzione, ai fini IRAP;
  • né ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 (calcolo pro rata interessi passivi) e 109, comma 5, (calcolo pro ratadeducibilità costi) del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

La fruizione del beneficio fiscale

Circa le modalità di fruizione del credito d’imposta, il legislatore ha previsto, al comma 120, che lo stesso sia utilizzabile esclusivamente in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, ossia in sede di versamento unitario di imposte e contributi tramite modello F24. Ciò nonostante, il successivo comma 121 ha precisato che il medesimo possa formare oggetto di cessione “ad altri soggetti”, in particolare le banche e gli altri intermediari finanziari, potendo quindi il soggetto beneficiario scegliere due distinte modalità di fruizione, a seconda della propria convenienza fiscale.

Infine, va evidenziato come il concreto funzionamento della misura sia subordinato alla predisposizione di un decreto interministeriale, da emanarsi entro il termine di sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge istitutiva (2 marzo 2021), il quale, oltre a stabilire i criteri di attribuzione, dovrà garantire il rispetto del limite di spesa fissato dal comma 119.

Anche tale aspetto, a ben vedere, desta forti perplessità sia con riferimento all’esiguità dello stanziamento, fissato nell’ammontare di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023, sia in relazione al mancato coordinamento tra i predetti esercizi finanziari ed il periodo semestrale di effettuazione della spesa, già in scadenza il prossimo 30 giugno.

Normativa

Art. 1, commi da 117 a 123, legge 30 dicembre 2020, n. 178.

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