AIUTI-TER: IL CONDONO PER IL CREDITO RICERCA E SVILUPPO SLITTA AL 31 OTTOBRE

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L'art. 38 del DL 23.9.2022 n. 144 (decreto Aiuti-ter) ha rinviato al 31.10.2022 la presentazione della domanda, di sanatoria per la compensazione indebita del credito per ricerca e sviluppo, termine originariamente fissato per il 30.9.2022.

Come noto, l’art. 5 commi da 7 a 12 del DL 146/2021 ha introdotto una sorta di sanatoria per coloro i quali hanno usato senza averne diritto il credito per ricerca e sviluppo e se il credito compensato viene riversato il contribuente fruisce dello stralcio intero delle sanzioni amministrative e degli interessi, oltre che della non punibilità penale.

Rimangono tuttavia fermi i termini per il riversamento del credito. Pertanto, i pagamenti continuano a dover avvenire entro il 16 dicembre 2022 anche in tre rate annuali di pari importo maggiorate degli interessi legali.

La procedura in argomento rimane rivolta ai soggetti ammessi al credito d’imposta ricerca e sviluppo ex art. 3 del DL 145/2013 per i crediti maturati a far data dal periodo d’imposta successivo al 31 dicembre 2016 e deve trattarsi di spese realmente sostenute ma non qualificabili, dal punto di vista tecnico, come ricerca e sviluppo. Rientrano anche gli errori commessi “nella quantificazione o nell’individuazione delle spese ammissibili in violazione dei principi di pertinenza e congruità” oppure “nella determinazione della media storica di riferimento” e sono in ogni caso escluse le condotte fraudolente, simulate così come le spese prive di documentazione giustificativa.

La sanatoria di fine ottobre resta preclusa nel caso in cui il credito d’imposta sia già stato contestato “con un atto di recupero crediti, ovvero con altri provvedimenti impositivi, divenuti definitivi” al 22 ottobre 2021.

Molti sono ancora gli aspetti critici che caratterizzano la procedura di riversamento, ma in queste settimane l’Agenzia delle Entrate ha trasmesso un gran numero di lettere di compliance con cui sta invitando coloro che hanno fruito del credito di imposta in questione a riversare lo stesso, evidenziando in esse anche la risoluzione n. 41 del 26 luglio scorso, con cui anche il beneficio fiscale per le imprese del comparto moda, pelletteria, gioielleria, occhialeria è stato oggetto di rivisitazione.

Infatti, pur in contrasto con la precedente prassi amministrativa della stessa Agenzia delle Entrate e del Ministero dello Sviluppo economico (circ. n. 5/2016, circ. MISE n. 46586/2009 e FAQ MISE 29 settembre 2017), in essa è stato affermato che sono da considerare  escluse dal beneficio, in quanto non innovative, le attività di lancio di nuovi prodotti o aggiornamento di precedenti, quando tali attività non siano finalizzate alla risoluzione di specifici ostacoli tecnici, non risolvibili sulla base delle conoscenze attuali.

In altri termini, quindi, quindi, non sarebbero agevolabili i progetti finalizzati a ideare e realizzare nuove collezioni o modelli, denotati esclusivamente da novità “con riguardo ai materiali utilizzati, alla loro combinazione, ai disegni, alle forme, ai colori e ad altri elementi rilevanti, ma il cui unico effetto tecnico riguardi, ad esempio la forma esteriore o l’aspetto estetico del prodotto”.

Ovviamente, posizioni di prassi così contraddittorie hanno ingenerato incertezze giuridiche ed operative, traducendosi così nella possibilità di richiedere al giudice tributario proprio la disapplicazione delle sanzioni tributarie, ai sensi dell’art. 8 del DLgs. 546/1992.

Nondimeno, proprio l’ipotesi di prassi contrastante è una di quelle espressamente individuate dalla giurisprudenza di legittimità per giustificare la disapplicazione delle sanzioni (Cass. 28 novembre 2007 n. 24670 e 21 marzo 2008 n. 7765).

A questo punto, nel valutare nei prossimi giorni se aderire o meno alla procedura sarà possibile fare riflessioni decisive anche alla luce di ciò.

Se, tuttavia, è sicuramente vero che in questi casi anche in caso di soccombenza in giudizio i contribuenti potrebbero comunque ottenere lo stralcio delle sanzioni amministrative a cura del giudice (subendo quindi un effetto finanziario sostanziale simile a quello ottenuto con il riversamento del credito), i costi del contenzioso rimarrebbero comunque a carico del contribuente (in quanto in questi casi la compensazione delle spese del giudizio sarebbe oltremodo certa). E sopportare le spese del contenzioso in tre gradi del giudizio tributario fino in Cassazione, in alcuni casi potrebbe costare più dell’adesione alla sanatoria in argomento ed è questo un non trascurabile aspetto da considerare nel bilanciare la decisione finale.

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