Clausola penale, tra Cassazione ed Agenzia delle Entrate…

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Si fa presto a dire clausola penale e altrettanto presto ci si impiega a scriverla. Perché la clausola penale, lo sanno tutti cos'è, è quella clausola che prevede che...
Poi però si scopre che quello che sembra chiaro e, tutto sommato, abbastanza lineare si complica quando, come purtroppo spesso accade, Cassazione e Agenzia delle Entrate danno interpretazioni opposte alla medesima questione.
Quindi, anche se il "contratto perfetto" non esiste (ndr: o meglio esiste fino a quando nessuno va a leggere tra le pieghe dell'accordo...), sapere quali sono gli orientamenti del nostro fisco in tema di clausola penale potrebbe evitarci qualche problema.
Ma andiamo con ordine.

La previsione di una clausola penale nel contratto
Le parti di un contratto possono stabilire che, in caso di inadempimento o di ritardo nell’adempimento, colui che è inadempiente o in ritardo nella prestazione compia una determinata prestazione – generalmente il pagamento di una somma di denaro – a favore dell'altra parte.

Primo punto
Le parti di un contratto "possono"... ciò significa che non c'è nessun obbligo di inserire una clausola penale in un contratto ma piuttosto che le parti sono libere di prevederla o meno. La penale è, quindi, una clausola che si può aggiungere ad un contratto, che però rimarrebbe comunque valido a tutti gli effetti anche senza tale clausola.
Si dice per questo che la penale è un patto accessorio rispetto al contratto principale (Cass., 21 maggio 2001, n. 6927; Cass., 13 gennaio 2005, n. 591; Cass., 26 settembre 2006, n. 18779: “Stante la natura accessoria della clausola penale rispetto al contratto che la prevede, l’obbligo che da essa deriva non può sussistere autonomamente rispetto all’obbligazione principale; ne consegue che, se il debitore è liberato dall'obbligo di adempimento della prestazione per prescrizione del diritto del creditore a riceverla, quest’ultimo perde anche il diritto alla prestazione risarcitoria prevista in caso di mancato adempimento del predetto obbligo”; Cass., 19 gennaio 2007, n. 1183).

Secondo punto
Con la penale le parti stabiliscono preventivamente l'importo del risarcimento in caso di inadempimento o ritardo nella prestazione (Cass., 20 gennaio 2023, n. 11548; Cass., Sez. Un., 25 marzo 2022, n. 9775, secondo cui la clausola penale svolge “la funzione civilistica di determinazione preventiva e consensuale della misura del risarcimento del danno derivante dall’inadempimento o dal ritardo nell'adempimento”).
Dunque, mentre di solito il valore del risarcimento viene determinato dopo che si sia effettivamente determinato l'inadempimento o il ritardo, con la penale si inverte l'ordine logico, e il valore viene stabilito forfettariamente già in sede di contratto (l'ammontare potrebbe essere inferiore o superiore al danno effettivo, ma le parti con la firma del contratto contenente la penale accettano tale possibilità).

Inoltre, la penale, o più precisamente il valore della penale deve essere determinato o determinabile sulla base di criteri predeterminati (così, ad esempio, la Cassazione ha ritenuto valida la penale secondo cui: “in caso di inadempimento saranno applicate a carico della parte inadempiente, penali pari al doppio del valore dell’inadempimento”, in quanto il danno sarebbe determinabile, in funzione di un parametro individuato ex ante).

 

Agenzia delle Entrate VS Cassazione

Abbiamo visto sin qui i due aspetti fondamentali della clausola penale per quanto riguarda la disciplina prevista dal codice civile.
Ma dal punto di vista tributario? E qui arriviamo al punto fondamentale della questione. L’Agenzia delle Entrate, infatti, nell'esaminare la clausola penale riconosce, sì, la natura della stessa quale patto accessorio al contratto principale ma, allo stesso tempo ne evidenzia l'autonoma rilevanza tributaria (v. Ris. 91/E/2004 e Risposta 246/2022) per quanto riguarda l'assoggettabilità ad imposta di registro.

La norma di riferimento è l'articolo 21, comma 1, del Dpr n. 131/1986, secondo cui "se un atto contiene più disposizioni che non derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre, ciascuna di esse è soggetta ad imposta come se fosse un atto distinto" ed importanti indicazioni circa l'interpretazione della fattispecie sono rinvenibili nella nota prot. n. 37916 della Direzione Regionale del Lazio intitolata “Criteri di tassazione di alcune fattispecie di negozi giuridici contenuti negli atti notarili“.

Secondo l’agenzia delle Entrate bisogna distinguere la clausola penale inserita nel contratto per volontà delle parti da quella imposta per legge:

  • nel primo caso, l'AdE non ritiene sussistente la connessione necessaria tra il contratto e la clausola penale, quale pattuizione accessoria con duplice funzione di coercizione all’adempimento e di predeterminazione della misura del risarcimento in caso di inadempimento e, pertanto, si applica la tassazione autonoma delle diverse disposizioni;
  • diversamente, nel caso di penale inserita nel contratto ex lege (come, ad esempio, nei contratti di appalto di lavori pubblici), la clausola si configura come  necessaria e integrante lo schema negoziale principale e, pertanto, il contratto è soggetto all’imposta di registro dovuta per la sola disposizione che dà luogo all’imposizione più onerosa (quindi, con riferimento ai contratti di cui sopra, ai fini dell'imposta di registro la penale dà luogo all'imposizione più onerosa, mentre il contratto di appalto soggetto a imposta sul valore aggiunto è soggetto all’imposta di registro in misura fissa).

Da tenere presente, infine, che la clausola penale produce i suoi effetti solo a seguito dell’inadempimento dell’obbligazione garantita dalla penale stessa. Pertanto, secondo l'AdE, alla penale si applica la stessa disciplina prevista per i contratti sottoposti a condizione sospensiva: in sede di registrazione del contratto si applica l’imposta di registro in misura fissa, mentre una volta verificatosi l’inadempimento si applica la tassazione proporzionale.
Poiché, da questo punto di vista, come detto, la clausola penale è equiparata ai contratti sotto condizione sospensiva, i contraenti devono denunciare l’inadempimento/il ritardo (ossia le circostanze che legittimano la richiesta della penale) entro 20 giorni dal loro verificarsi, così come previsto dall’art. 19 del Testo unico dell’imposta di registro.

E la Cassazione?
Una recente pronuncia, n. 30983/2023, affronta proprio il tema della clausola penale apposta ad un contratto di locazione immobiliare per il caso di ritardo nella restituzione del bene locato (ndr: siamo quindi proprio nel caso della penale di natura volontaria).
La Cassazione conferma ancora una volta il proprio orientamento circa la funzione della penale nella predeterminazione pattizia e forfettaria del risarcimento, da cui consegue necessariamente la natura accessoria della penale rispetto al contratto dal quale sorge l’obbligazione (per cui la clausola penale non può sopravvivere autonomamente rispetto al contratto).
Contrariamente a quanto sostiene l'Agenzia delle Entrate, per la Cassazione la clausola in questione non produce effetti (solo) al momento dell’evento considerato (ritardo o inadempimento), ma “si attiva sin dalla conclusione del contratto in funzione dipendente dall’obbligazione contrattuale”.

Pertanto “ai fini di cui al DPR 131/1986, articolo 21, la clausola penale (nella specie inserita in un contratto di locazione) non è soggetta a distinta imposta di registro, in quanto sottoposta alla regola dell’imposizione della disposizione più onerosa prevista dal comma 2 della norma citata”.

E quindi chi ha ragione...?

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