Dentista abusivo, per la Cassazione è sempre imprenditore

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Una recente pronuncia della Cassazione ci offre l’occasione per fare chiarezza sul regime fiscale delle attività di lavoro autonomo svolte in maniera abusiva, ossia in mancanza di uno specifico titolo abilitante previsto dalla disciplina di settore di tale attività. Nella vicenda oggetto del sindacato della Suprema Corte, infatti, l’Amministrazione finanziaria aveva contestato ad un contribuente l’esercizio abusivo della professione di odontoiatra, recuperando a tassazione i relativi proventi, considerandoli, e qui sta la peculiarità del caso, come afferenti ad attività d’impresa e non all’esercizio di attività libero-professionale.

La libera professione nel TUIR

Come noto, l’articolo 53, comma 1, del Tuir prevede espressamente che sono redditi di lavoro autonomo quelli che derivano dall’esercizio di arti e professioni, ossia l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di attività di lavoro autonomo diverse da quelle d’impresa.

Dal tenore letterale sembrerebbe chiaro che l’esercizio di un’attività libero-professionale vada fiscalmente qualificata come reddito lavoro autonomo, ma cosa accede se il soggetto interessato svolge, nei fatti, una tale attività in assenza di uno specifico titolo abilitativo. In altri termini, il concetto fiscalmente rilevante di esercizio di arti e professioni ha natura giuridico-formale o meramente fattuale?

La Cassazione sposa la tesi formale

La Cassazione, nella sentenza n. 21960 del 12 luglio 2022, ha recentemente risposto a tale interrogativo, verificando la legittimità di un accertamento fiscale di natura bancaria, emanato nei confronti di un odontoiatra abusivo.

In particolare, l’Agenzia aveva rideterminato il reddito di tale contribuente utilizzando le presunzioni fissate dell’articolo 32, comma 1, n. 2), del DPR n. 600/1973, il quale, come noto, stabilisce che sia i versamenti che i prelievi da conti correnti bancari possono essere considerati ricavi, derivanti da attività d’impresa commerciale, non dichiarati al Fisco. Tale presunzione legale ha tuttavia un differente ambito di applicazione se riferibile a soggetti titolari di reddito di lavoro autonomo: la Corte costituzionale, in un’importante pronuncia (sentenza 6 ottobre 2014, n. 228), ha infatti stabilito che, con riferimento a tali ultimi soggetti, vale solo la presunzione afferente ai versamenti, mentre quella relativa ai prelevamenti rimane appannaggio esclusivo degli imprenditori commerciali.

Ebbene, la Suprema Corte ha stabilito che non è configurabile un reddito di lavoro autonomo in assenza di un titolo abilitativo all’attività libero-professionale: invero, tale attività è solo quella il cui esercizio è regolamentato dalla legislazione nazionale, la quale prevede, come condizione legittimante, il conseguimento di un titolo di studio e il successivo superamento di un praticantato abilitante.

Con particolare riferimento all’attività medica del dentista, la legge 24 luglio 1985, n. 409, all’articolo 1, prevede che tale attività "viene esercitata da coloro che sono in possesso del diploma di laurea in odontoiatria e protesi dentaria e della relativa abilitazione all'esercizio professionale, conseguita a seguito del superamento di apposito esame di Stato, nonché, dai laureati in medicina e chirurgia che siano in possesso della relativa abilitazione all'esercizio professionale e di un diploma di specializzazione in campo odontoiatrico".

La conseguenza logica di quanto precisato è che, nei casi in cui manchi il titolo di studio o l’abilitazione post lauream, la professione va tassata secondo il dettato l’articolo 14, comma 4, della legge 24 dicembre 1993, n. 357, in forza del quale, se l’attività ricade nella nozione di illecito civile, penale o amministrativo, i relativi proventi sono assoggettati a tassazione, in quanto devono intendersi ricompresi nelle categorie di cui all’articolo 6 del TUIR.

Nella sostanza, quindi, qualora il libero professionista svolga l’attività professionale in maniera abusiva, il reddito prodotto perde la propria natura di lavoro autonomo, potendosi qualificare, in ragione del regime di chiara natura sanzionatoria che abbiamo appena richiamato, come reddito d’impresa e come tale assoggettabile alla disciplina propria di tale specifica categoria, ivi inclusa quella in materia di accertamenti bancari di cui all’articolo 32 del DPR n. 600/1973.

Normativa

Art. 1 legge 24 luglio 1985, n. 409.

Art. 53, comma 1, decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

Art. 32, comma 1, n. 2), decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.

Art. 14, comma 4, legge 24 dicembre 1993, n. 537.

Giurisprudenza

Cassazione, Sez. V, 12 luglio 2022, sent. n. 21960.

Corte costituzionale, 6 ottobre 2014, sent. n. 228.

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