I piani di risparmio a lungo termine del risparmiatore: opportunità o rischio?

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Fanno il loro esordio nel sistema della fiscalità finanziaria i piani di risparmio a lungo termine. Dal 1° gennaio 2017, infatti, la legge di bilancio per il 2017 ha introdotto un nuovo istituto con finalità agevolative delle forme di risparmio, indirizzate verso attività economiche considerate dal legislatore “virtuose”.

Vediamo quindi, nel dettaglio, quali sono i soggetti destinatari della misura, gli asset che possono essere oggetto di investimento, nonché il funzionamento fiscale di tali piani.

Solo privati - Quanto al primo aspetto la normativa chiarisce che possono usufruire di tale regime fiscale le persone fisiche residenti nel territorio dello Stato, al di fuori dell’attività d’impresa commerciale eventualmente svolta. Pertanto, sono esclusi i soggetti diversi da quelli appena delineati, compresi ovviamente tutti i non residenti. Inoltre, ciascuna persona fisica può essere titolare di un solo piano di risparmio ed investire nel PIR non più di 30.000 euro all’anno, fino ad un limite massimo complessivo di 150.000 euro.

Tipologia di investimento - Con riferimento invece agli strumenti finanziari, che possono essere conferiti nel piano di risparmio, gli stessi sono tassativamente elencati dalla disciplina tributaria, la quale annovera tra essi gli strumenti finanziari emessi da società, residenti nel territorio italiano o negli Stati membri dell’Unione europea o in uno Stato aderente all’Accordo SEE (investimento diretto); nonché le azioni o quote di OICR, istituiti nei medesimi Paesi, i quali investono prevalentemente nei precedenti strumenti finanziari (investimento indiretto). Sono esclusi dall’agevolazione i redditi derivanti dal possesso di partecipazioni qualificate e, più in generale, quelli che concorrono a formare il reddito complessivo dell’investitore.

Composizione del PIR - Gli investimenti, diretti o indiretti, del piano devono rispettare i seguenti bilanciamenti:

  • non meno del 21% del valore complessivo degli investimenti del PIR, deve essere investito in strumenti finanziari emessi da società italiane ed estere (UE e SEE), con stabile organizzazione in Italia, diverse da quelle immobiliari e da quelle appartenenti all’indice FTSE MIB o ad altro indice equivalente;
  • non meno del 49% del valore complessivo degli investimenti del PIR, deve essere investito in strumenti finanziari emessi da società italiane ed estere (UE e SEE), con stabile organizzazione in Italia, diverse da quelle immobiliari;
  • il restante 30% può essere investito in qualsiasi altro strumento finanziario (ivi compresi gli strumenti emessi da società non residenti extra UE o SEE).

Limiti alla concentrazione - Il patrimonio del PIR non può essere investito, per una quota superiore al 10% del suo valore complessivo, in strumenti finanziari emessi o stipulati con lo stesso emittente o con altra società appartenente al medesimo gruppo o, ancora, in depositi e conti correnti.

Vantaggi fiscali - Sotto il profilo schiettamente fiscale, il piano assicura all’investitore retail l’esenzione da tassazione dei redditi di capitale di cui all’articolo 44 del TUIR e dei redditi diversi di natura finanziaria, previsti dall’articolo 67, comma 1, lettere da c-bis) a c-quinquies), del medesimo testo unico, rappresentati essenzialmente dalle plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso dei predetti strumenti finanziari. A tal fine, tuttavia, è necessario che il contribuente apra un rapporto di custodia o amministrazione con un intermediario finanziario abilitato, con opzione per il regime del risparmio amministrato e detenga tali strumenti finanziari per almeno cinque anni, pena la decadenza dell’agevolazione.

In conclusione, a parere di chi scrive, la valutazione di convenienza dell’investimento deve essere fatta ponderando bene costi e benefici: basti tenere a mente che la norma, sebbene preveda un regime, senz’altro appetibile, di totale esenzione fiscale, vincola l’investitore sia dal punto di vista delle scelte di costruzione del piano, sia sotto il profilo temporale, in relazione all’holding period quinquennale degli strumenti acquistati.

Normativa

Art. 1, commi da 100 a 114, Legge 11 dicembre 2016, n. 232.

 

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