MORTE DEL SOCIO DI SNC, PERDITE FUORI DALLA SUCCESSIONE

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Una recente ordinanza della Cassazione, n. 2216, del 21 gennaio scorso, affronta un tema frequente nella pratica ma spesso oggetto di incomprensioni e conseguenti errori in sede di dichiarazione di successione e redditi.
La questione è quella della morte del socio di snc e della posizione dei suoi eredi.
Cosa succede alla partecipazione del socio di snc alla sua morte? i suoi eredi subentrano automaticamente nella stessa posizione del defunto?

La vicenda
Il caso esaminato dalla Cassazione è relativo al ricorso contro la sentenza n. 4407/2017 della Commissione Tributaria Regionale di Brescia promosso dalle tre eredi di un socio di snc.
Queste ultime, appunto in quanto eredi, presentavano la dichiarazione di successione e quindi la dichiarazione dei redditi nella quale precisavano che, poiché il de cuius come socio aveva diritto al riconoscimento di determinate perdite fiscali, a loro volta potevano dedurre pro quote le stesse perdite.
Di diverso avviso l'Agenzia delle Entrate, la quale successivamente ha comunicato alle eredi che avrebbe provveduto a variare gli importi delle perdite non compensate, di pertinenza del de cuius stesso.

La morte del socio di snc, art. 2284 c.c.
A seguito della morte del socio, da cui deriva inevitabilmente lo scioglimento del rapporto sociale che faceva capo al defunto, posso verificarsi tre situazioni, alternative tra loro. In particolare i soci superstiti possono decidere:
1) di procedere alla liquidazione della quota agli eredi,
2) di sciogliere direttamente la società (e in tal caso le spettanze agli eredi saranno regolate nell'ambito della generale procedura di liquidazione dell'intera società), oppure
3) di continuare la società con gli eredi del socio defunto, e questi vi consentano.

Del punto 3) diremo tra poco, ma il punto fondamentale della questione è che in caso di partecipazione a responsabilità illimitata, il rapporto sociale non si trasmette mortis causa. Ciò significa che l'accettazione dell'eredità del de cuius comporta, quindi, solo il diritto alla liquidazione della proporzionale quota del capitale sociale spettante e non dà diritto a subentrare nella società al posto del defunto.
Oggetto della successione del socio di snc è, dunque, solo il valore economico della sua partecipazione che viene trasmesso agli eredi mediante l'accettazione dell'eredità. Altra cosa è, invece, l'acquisto della qualità di socio da parte degli eredi.

La continuazione della società con gli eredi del socio defunto
L'ultima ipotesi prevista dall'art. 2284 c.c., ossia appunto la continuazione della società con gli eredi del socio defunto, sembrerebbe richiamare il noto proverbio "morto un papa se ne fa un altro" che, coniugato in termini societari, potrebbe suonare più o meno come "morto un socio subentrano gli eredi (ndr: senza soluzione di continuità)".

Nel nostro caso, però, non è così. Le società di persone, - lo sappiamo tutti fin dai tempi dell'Università -, sono infatti caratterizzate dall'intuitus personae, ossia dalla considerazione personale e soggettiva del singolo contraente. Proprio perchè personale e soggettiva, la posizione del socio non si trasmette agli eredi, ma si trasforma piuttosto in un diritto di credito nei confronti della società.

Fin qui tutto chiaro, "però", direte voi..., "c'è l'ipotesi n. 3, ossia quella della continuazione!".
Certamente, ma la Cassazione chiarisce esattamente la questione: poiché il rapporto sociale è immediatamente e definitivamente estinto con la morte del socio, un eventuale accordo per la continuazione non ha effetto retroattivo, ossia non può riportare in vita e in un certo senso prolungare il rapporto societario stesso.

Ciò significa, e così conclude il provvedimento in esame, che le perdite deducibili del de cuius non possono essere utilizzate dagli eredi, in quanto relative ad un rapporto ormai chiuso: in altre parole, riportare tali perdite nella dichiarazione dei redditi sarebbe errato e, dunque, rettificabile correttamente dall'Agenzia delle Entrate.

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