Partecipazioni qualificate, l’Agenzia si “ravvede” sulla fine del regime transitorio

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Con la pubblicazione al fotofinish del principio di diritto n. 3/2022, l’Agenzia delle Entrate ha messo la parola fine alla querelle afferente al peculiare regime transitorio introdotto dalla legge di bilancio per il 2018, il quale, nell’uniformare il trattamento fiscale dei proventi di natura finanziaria derivanti da partecipazioni qualificate a quello delle partecipazioni di natura non qualificata, ha previsto un’articolata disciplina applicabile agli utili formatisi fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2017.

L’assimilazione fiscale introdotta dalla legge di bilancio per il 2018

Come noto, l’articolo 1, commi da 999 a 1006, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, ha modificato il regime impositivo dei redditi di natura finanziaria, conseguiti da persone fisiche titolari di partecipazioni qualificate detenute al di fuori dell’esercizio d’impresa commerciale. In particolare, a tali proventi è stata estesa la medesima aliquota percentuale, attualmente fissata nella misura del 26%, nonché le medesime modalità di tassazione (ritenuta a titolo d’imposta o imposta sostitutiva), previste per le partecipazioni non qualificate.

In merito alla decorrenza, il comma 1005 ha previsto che tali disposizioni si applicano ai dividendi, e proventi ad essi equiparati, percepiti a decorrere dal 1° gennaio 2018, e alle plusvalenze da cessione a titolo oneroso realizzate a partire dal 1° gennaio 2019.

Il regime transitorio

Tuttavia, il successivo comma 1006 ha introdotto una deroga a tale criterio temporale di tassazione, prevedendo un regime transitorio, con la finalità di non penalizzare i soci detentori di partecipazioni qualificate in società con riserve di utili formatesi fino all’esercizio in corso al 31dicembre 2017.

In forza di tale disciplina, alle distribuzioni di utili, prodotti fino al predetto esercizio, qualora deliberati dal 1° gennaio 2018 al 31 dicembre 2022, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al D.M. 26 maggio 2017, vale a dire il regime di tassazione ordinaria IRPEF, secondo percentuali di imponibilità differenziate in ragione del periodo di maturazione dell’utile (40%, per gli utili formatisi fino al 31 dicembre 2007; 49,52%, per gli utili formatisi dopo il 31 dicembre 31 dicembre 2007 e fino al 31 dicembre 2016; 50,14%, per gli utili formatisi dopo il 31 dicembre 2016 e fino al 31 dicembre 2017).

Il pasticcio della successiva produzione di prassi dell’Amministrazione finanziaria

La disciplina appena richiamata, pur apparente lineare nella sua formulazione, ha tuttavia suscitato un importante dubbio applicativo: nella finestra temporale indicata dal legislatore ricade esclusivamente la delibera di distribuzione del dividendo o anche l’effettiva distribuzione del medesimo in capo al socio?

Le conseguenze, infatti, non sono di poco conto, poiché, in caso di adesione alla tesi che vi ricomprende anche l’effettiva erogazione del provento, per le distribuzioni deliberate in prossimità della fine del periodo transitorio, la possibilità di rispettare la disciplina transitoria si ridurrebbero sempre più, per poi sostanzialmente svanire con riferimento a quelle effettuate negli ultimi giorni del 2022.

Peraltro, tale incertezza è stata alimentata dall’atteggiamento ondivago della stessa Agenzia delle Entrate.

L’equivoco

In particolare, l’Amministrazione finanziaria, nella Risposta n. 163 del 2022, pronunciandosi su tale questione, ha puntualizzato che la disciplina in parola abbraccia tutte le distribuzioni deliberate entro il 31 dicembre 2022. Ciò nonostante, a pochi mesi dalla pubblicazione del predetto documento di prassi, l’Agenzia è tornata ad esprimersi, ribaltando completamente il proprio orientamento: nella successiva Risposta n. 454 del 2022, l’Amministrazione finanziaria ha infatti stabilito espressamente che “l’individuazione normativa dell’arco temporale di vigenza del regime transitorio e l’applicazione del suddetto principio di cassa, porta a ritenere che per i dividendi percepiti a partire dal 1° gennaio 2023 relativi a partecipazioni qualificate si applica la ritenuta a titolo imposta o l’imposta sostitutiva nella misura del 26 per cento”.

Il principio di diritto n. 3 del 2022 pone fine alla diatriba

In tale contesto di oggettivo caos interpretativo, è arrivato il recentissimo principio di diritto n. 3 del 2022, per mezzo del quale l’Agenzia delle Entrate ha affermato, in maniera lapidaria, che il tenore del comma 1006 della legge di bilancio del 2018 è chiaro nell’affermare che gli utili cui si applica il vecchio regime di tassazione sono quelli deliberati fino al prossimo 31 dicembre 2022, indipendentemente dal momento dell’effettivo pagamento del dividendo al socio.

Nell’enunciazione di tale principio interpretativo, tuttavia, l’Amministrazione ha colto l’occasione per ammonire i contribuenti interessati, precisando come resti impregiudicato il potere dell’Amministrazione finanziaria di contestare la natura simulata della delibera di distribuzione dei dividendi o la sua riqualificazione sulla base degli scopi concretamente perseguiti, come ad esempio nei casi di nel caso di delibere accompagnate dalla successiva retrocessione da parte del socio, in tutto o in parte, della medesima provvista di denaro incassata a titolo di utile da partecipazione, o le cui condizioni di pagamento prevedono termini ultrannuali.

Normativa

Articolo 1, commi da 999 a 1006, della legge 27 dicembre 2017, n. 205.

Prassi amministrativa

Agenzia delle Entrate, Principio di diritto n. 3 del 2022.

Agenzia delle Entrate, Risposta n. 454 del 2022.

Agenzia delle Entrate, Risposta n. 163 del 2022.

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