Reato “amministrativo” – la società è salva se il modello organizzativo è adeguato

Download PDF

La Cassazione è tornata ad occuparsi di uno dei profili di responsabilità sanzionatoria più delicati nella vita dell’impresa, vale a dire quella amministrativa per il reato commesso da soggetti muniti di specifici poteri gestionali dell’azienda e nell’interesse o a vantaggio della medesima. Vediamo quindi quali i nodi sciolti dalla Suprema Corte e quale utile “insegnamento” ricavare da tale pronuncia, per cercare di attenuare i rischi che tale disciplina ha inevitabilmente comportato per l’ente di appartenenza del reo.

La responsabilità degli enti da reato

Come noto, l’articolo 5 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, stabilisce espressamente che l'ente è responsabile per i reati commessi, nel suo interesse o a suo vantaggio:

  • da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale;
  • da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso;
  • da persone soggette alla direzione o alla vigilanza di uno dei predetti soggetti.

Tuttavia, questa peculiare come forma di responsabilità non ha un carattere rigidamente oggettivo, in quanto il decreto istitutivo ha fissato delle condizioni, al verificarsi delle quali l’ente non è comunque assoggettabile a sanzione. In particolare, se il reato è stato commesso da soggetti apicali (amministratori delegati, direttori generali, gestori di fatto etc.) l'ente non risponde del reato se prova che:

  • prima della commissione del fatto, l'organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato modelli di organizzazione e di gestione, idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;
  • il compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli, nonché di curare il loro aggiornamento, è stato affidato a un organismo dell'ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo;
  • le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione;
  • non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell'organismo di cui al secondo punto.

La Cassazione alle prese con il caso Impregilo

Ciò posto in termini generali, la Cassazione ha recentemente affrontato, nella sentenza n. 23401 del 15 giugno 2022, un interessante caso di applicazione della disciplina sanzionatoria che abbiamo appena tratteggiato.

In particolare, alla società Impregilo era stata contestata la responsabilità amministrativa per il reato di aggiotaggio commesso dal presidente del consiglio di amministrazione e dall’amministratore delegato (articolo 25-ter, comma 1, lett. r), decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231), in quanto autori di un comunicato price sensitive in cui erano riportate informazioni non veritiere circa la situazione economico-finanziaria di una società controllata.

Ebbene, la Suprema Corte ha scandagliato, una ad una, le condizioni esimenti fissate dall’articolo 6 del decreto istitutivo, pervenendo alle seguenti conclusioni:

  • il modello organizzativo poteva ritenersi idoneo ad evitare la commissione di reati come quello del caso di specie, in quanto il regolamento interno affidava, agli uffici tecnici, il compito di predisporre le bozza di comunicati “sensibili” e, a quelli di vertice, il compito di approvazione e comunicare all’esterno le informazioni riservate, con l’espressa previsione per cui la divulgazione dovesse essere completa, tempestiva e adeguata;
  • la competenza a vigilare sul funzionamento del modello di prevenzione risultava affidato ad un organo, denominato compliance officier, posto sotto le dirette dipendenze del presidente del consiglio di amministrazione, al quale non poteva essere comunque attribuito un controllo preventivo sul testo dei comunicati stampa, la cui responsabilità era prerogativa dei massimi organi amministrativi della società;
  • peraltro, anche ipotizzando una collocazione connotata da maggiore indipendenza, la stessa non avrebbe potuto impedire, per i motivi appena accennati, la commissione del reato di aggiotaggio da parte dei predetti soggetti apicali;
  • quanto all’ultima condizione, quella della c.d. elusione fraudolenta, la Cassazione ha specificato che la stessa implica una condotta subdola e falsificatrice, idonea a vanificare l’efficacia del modello di prevenzione posto in essere dall’ente, poiché in una tale eventualità il reato dipende esclusivamente dalla scelta personale dell’autore dell’illecito penale e non da un difetto di organizzazione dell’ente di appartenenza.

In sostanza, quindi, la Suprema Corte ha ritenuto adeguata la procedura prevista dal modello Impregilo per la predisposizione delle comunicazioni price sensitive: la stessa affidava, infatti, ai vertici societari il compito di approvare il testo definitivo delle comunicazioni, predisposte dalle competenti strutture tecniche, rendendo palese l'abuso intenzionale da parte dei vertici del patto di fiducia tra l'ente e i suoi rappresentanti legali.

Normativa

Artt. 5, 6 e 25-ter, comma 1, lett. r), del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.

Giurisprudenza

Cassazione, Sez. VI penale, 15 giugno 2022, sent. n. 23401.

Download PDF

Nessun commento ancora


Lascia un commento

E' necessario autenticarsi per pubblicare un commento