Stock option concesse a imprenditori forfetari – L’Agenzia trova la quadra

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Con un interessante documento di prassi l’Agenzia è tornata ad occuparsi del trattamento fiscale dei stock option plan a favore dei soggetti che, a vario titolo, prestano la propria opera professionale a favore dell’impresa emittente. Nel presente approfondimento cercheremo di tratteggiare i caratteri propri dei predetti piani, per analizzare poi il caso sul quale l’Amministrazione si è pronunciata, avente ad oggetto la peculiare ipotesi in cui beneficiario non sia un dipendete, ma un imprenditore individuale in regime forfetario.

Stock option: inquadramento fiscale

Come noto, l’articolo 2349, primo comma, del codice civile stabilisce espressamente che l'assemblea straordinaria può deliberare l'assegnazione di utili ai prestatori di lavoro, dipendenti della società o di società controllate dalla medesima, mediante l'emissione, per un ammontare corrispondente agli utili stessi, di speciali categorie di azioni da assegnare individualmente ai prestatori di lavoro. La medesima disposizione precisa, altresì, che il capitale sociale deve essere aumentato, in misura corrispondente agli utili che la società decide di assegnare ai predetti soggetti.

Nella prassi operativa, qualora l’operazione si attui attraverso lo schema negoziale del contratto d’opzione, il piano di incentivazione si snoda attraverso le seguenti fasi:

- il granting, vale a dire il momento in cui il beneficiario acquista un diritto a divenire azionista della società datrice di lavoro, o di altra società appartenente al medesimo gruppo, a fronte del pagamento di uno specifico prezzo di esercizio (c.d. strike price);

- il vesting period, ossia il periodo intercorrente dall'offerta dell'opzione al termine iniziale per il suo effettivo esercizio;

- l'exercising, cioè il momento in cui viene effettivamente esercitato il diritto di opzione e lo strumento finanziario viene acquistato alle condizioni concordate.

Dal punto di vista fiscale, il momento rilevante ai fini impositivi è costituito dal momento di esercizio di tale diritto, essendo quindi irrilevante la data di emissione o di consegna dei titoli stessi (cfr. Circolare 9 settembre 2008, n. 54/E). Quanto alla base imponibile, essa è costituita dalla differenza tra il valore normale delle azioni, determinato al momento dell'esercizio del diritto di opzione, e quanto corrisposto dal lavoratore dipendente a fronte dell'assegnazione stessa (cfr. Circolare del Ministero delle Finanze 17 maggio 2000, n. 98), vale a dire l’importo corrispondete allo strike price.

I quesiti posti all’Agenzia nella Risposta n. 271 del 2022

Ciò posto in termini generali, nella Risposta n. 271 del 2022 è stato sottoposto a parere un peculiare piano di stock option, predisposto a favore di un soggetto, imprenditore individuale forfetario, consulente di una società non residente localizzata in un Paese extra-UE.

Ebbene, nel citato documento di prassi l’Agenzia ha fatto luce sul trattamento fiscale, sia ai fini delle imposte sui redditi che ai fini IVA:

  • dell'assegnazione delle azioni, con particolare riferimento alla determinazione del valore normale delle azioni ricevute, e alle modalità con cui tale assegnazione concorre alla determinazione del reddito d'impresa del percettore in regime forfetario;
  • della successiva cessione delle azioni così acquisite.

Con riferimento al primo profilo, l’Amministrazione ha stabilito che l’assegnazione delle azioni costituisce un corrispettivo "in natura" per l'attività di consulenza resa alla società, classificabile tra i ricavi di cui all'articolo 85, comma 1, lettera a), del TUIR; quanto, poi, agli aspetti afferenti alla determinazione della base imponibile, l’Agenzia ha puntualizzato che il valore normale delle azioni assegnate, a seguito dell'esercizio dell'opzione, concorre alla formazione del reddito dell'istante nell'esercizio di assegnazione, senza tenere conto di quanto versato a titolo di strike price, applicando su tale valore il coefficiente di redditività, ordinariamente previsto per l'attività esercitata dal contribuente in regime forfetario.

In merito ai profili IVA, l’Agenzia ha concordato con l’istante nel ritenere le azioni, ricevute a seguito dell’assegnazione, come il compenso di una prestazione di servizi resa a favore della società emittente, non essendoci incompatibilità tra il regime forfetario e tale tipologia di operazioni; tuttavia, la medesima ha precisato come, ai sensi dell’articolo 7-ter del DPR n. 633/1972, tali prestazioni non sono territorialmente rilevanti ai fini IVA in Italia, in quanto prestate nei confronti di un soggetto non residente, dovendo comunque il prestatore emettere fattura ai sensi dell'articolo 21, comma 6-bis, lettera b), del decreto Iva per la prestazione eseguita al committente extra UE con l'annotazione "operazione non soggetta ad IVA".

Per quanto concerne il secondo aspetto, cioè quello attinente alla rilevanza reddituale della cessione post assegnazione dei titoli, nel documento di prassi è presa in considerazione l’ipotesi che tale operazione sia posta in essere al di fuori dell’attività d’impresa svolta: in questa eventualità, il reddito prodotto va pacificamente qualificato come reddito diverso, di cui all’articolo 67, comma 1, lett. c) o c-bis), del TUIR e liquidato secondo i criteri fissati dall’articolo 68, comma 6, del medesimo testo unico, il quale dispone che tali plusvalenze sono costituite dalla differenza tra il corrispettivo percepito, ovvero la somma o il valore normale dei beni rimborsati, e il costo o il valore di acquisto assoggettato a tassazione, aumentato di ogni onere inerente alla loro produzione.

Calando tali principi nel caso di specie, l’Agenzia ha precisato che il provento sia pari alla differenza tra il corrispettivo percepito per la cessione e il costo di acquisto, rappresentato dalla somma tra lo strike price e il valore normale delle azioni, che ha già concorso a formare il reddito dell'istante; tuttavia, la soluzione fatta propria dall'Amministrazione appare discutibile, poiché il valore imponibile corretto, da assoggettare a imposta sostitutiva del 26 per cento, non può che derivare dal valore di cessione al netto del valore normale degli strumenti finanziari assegnati, posto che la differenza tra valore normale e strike price ha già concorso a formare il reddito.

Infine, per quanto attiene alla tassazione indiretta, tenuto conto che l’istante ha dichiarato che la vendita delle azioni avviene al di fuori della propria attività economica, l’Amministrazione ha potuto concludere nel senso di ritenere che tale operazione non assume rilevanza ai fini IVA.

Normativa

Art. 2349, primo comma, codice civile.

Artt. 9, comma 4, 85, comma 1, lett. a), TUIR.

Artt. 7-ter e 21, comma 6-bis, lettera b), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

Prassi amministrativa

Agenzia delle Entrate, Risposta n. 271 del 2022.

Agenzia delle Entrate, Circolare 9 settembre 2008, n. 54/E.

Ministero delle Finanze, Circolare 17 maggio 2000, n. 98.

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