Separazione delle attività immobiliari ai fini Iva

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Per evitare che l’effettuazione di operazioni esenti incida sul diritto alla detrazione dell’imposta assolta sugli acquisti, l’art. 36, co. 3, del D.P.R. 633/72 consente ai soggetti che esercitano più attività nell'ambito della stessa impresa la facoltà di optare per l'applicazione separata dell'imposta. Ai sensi dell’art. 36, co. 3 del DPR 633/1973, l'esercizio della predetta opzione:

  • deve essere comunicato nella dichiarazione di inizio attività o barrando l'apposita casella della dichiarazione Iva relativa all'anno in cui è stata operata la scelta (art. 36 co. 3 del DPR 633/72).
  • ha effetto fino a revoca e, in ogni caso, per almeno un triennio.

Se nel corso di un anno sono stati acquistati beni ammortizzabili la revoca non è ammessa fino al termine del periodo di rettifica della detrazione.

Benché, di regola, possano essere separate solo le attività diverse fra loro e individuate da diversi codici della tabella ATECO, l’art. 36 del D.P.R. 633/1972 prevede che le disposizioni in tema di separazione delle attività si applichino “anche ai soggetti che effettuano sia locazioni, o cessioni, esenti da imposta, di fabbricati o porzioni di fabbricato a destinazione abitativa che comportano la riduzione della percentuale di detrazione … (omissis) …, sia locazioni o cessioni di altri fabbricati o di altri immobili, con riferimento a ciascuno di tali settori di attività.

In buona sostanza, per le imprese operanti nel settore immobiliare, la separazione delle attività può riguardare cessioni e locazioni di immobili, in quanto attività contraddistinte da un diverso codice ATECO. È possibile, inoltre, individuare i seguenti sub-settori di attività sulla base della categoria catastale d'appartenenza dell'immobile:

-locazione di fabbricati abitativi esenti e locazione di altri fabbricati o immobili;

-cessione di fabbricati abitativi esenti e cessione di altri fabbricati o immobili.

Con la Circolare n. 22/E/2013, l’Agenzia delle entrate ha chiarito, però, che le locazioni di immobili strumentali esenti non sono separabili ai fini Iva dalle locazioni di immobili strumentali imponibili. Questo perché non rappresentano un’attività autonoma.  In sostanza, secondo quanto affermato dall’Amministrazione Finanziaria, la formulazione dell’art. 36 del D.P.R. 633/1972 impone un criterio di separazione che distingue i due sub-settori non solo in funzione del diverso regime Iva (esenzione o imponibilità) ma anche della diversa categoria catastale di appartenenza del fabbricato (abitativo ovvero strumentale).

Nella risposta ad interpello n. 608 del 18.12.2020 è stato ribadito che, nell'ambito delle distinte attività di cessione e locazione, possono separarsi, da un lato, le cessioni di fabbricati abitativi esenti dalle cessioni di altri fabbricati, e, d'altro lato, le locazioni di fabbricati abitativi esenti dalle locazioni di altri fabbricati. Nel documento di prassi in rassegna è stata ribadita l'impossibilità di effettuare un'ulteriore separazione delle attività basata esclusivamente sul regime fiscale applicato alle cessioni o locazioni dei beni immobili classificabili come immobili strumentali.

Secondo l’Amministrazione finanziaria, infatti, la formulazione letterale dell’art. 36, co. 3, del DPR n. 633/72 presuppone un criterio di separazione basato non solo sul regime Iva (esenzione o imponibilità) applicato all’operazione, “ma anche sulla categoria catastale del fabbricato (abitativo ovvero diverso dall’abitativo)” dove per diverso dall’abitativo si intende strumentale.

Nella recente risposta ad interpello n. 471 dello scorso 9 luglio 2021, è stato affrontato, invece, il caso di un fondo pensione che gestisce un patrimonio immobiliare che intende valorizzare, tra l’altro, con attività di sviluppo e riqualificazione dei fabbricati nell’ottica di una successiva cessione.  A tal fine, il fondo intende procedere all’applicazione separata dell’Iva, su base opzionale, ai sensi dell’art. 36, co. 3 del DPR 633/72, in riferimento:

  • all’attività di locazione e cessione di immobili effettuata su beni propri (Codice Ateco 68.10.00) fatturate in esenzione e;
  • alle attività di cessione effettuate al termine dell’attività di sviluppo e riqualificazione di un complesso immobiliare di edifici residenziali e non residenziali (Codice Ateco 21.20.00) imponibili ai fini Iva.

A questo proposito, coerentemente alla formulazione letterale dell’art. 36 comma 3 del DPR 633/72, l’Agenzia delle entrate ha ribadito nuovamente che, per poter essere separate, le attività devono essere tra loro distinte e obiettivamente autonome.

Secondo l’Amministrazione Finanziaria, ciò si traduce, nell’ambito immobiliare, in un criterio di separazione basato “non solo sul regime Iva (esenzione o imponibilità) applicato all’operazione, ma anche sulla categoria catastale del fabbricato (abitativo ovvero diverso dall’abitativo)”, in coerenza con la circolare n. 22/E/2013.

Ciò che rileva, ai fini della separazione delle attività, è l’uniformità negli elementi essenziali delle predette attività e la sussistenza di criteri oggettivi tesi a distinguere gli acquisti afferenti alle diverse tipologie di attività che devono risultare autonome, ancorché svolte nell’ambito della medesima impresa.

Come già chiarito dalla prassi amministrativa precedente, il riferimento ai codici ATECO costituisce solo uno dei criteri con cui è possibile procedere alla separazione delle attività. Di conseguenza, la riconducibilità delle attività esercitate dal soggetto passivo a un medesimo codice della classificazione ATECO non assume necessariamente carattere ostativo alla facoltà di separazione, sempreché ricorrano “criteri oggettivi volti a distinguere gli acquisti afferenti alle diverse attività”.

Tornando al caso esaminato nella risposta a interpello, le cessioni di immobili abitativi in regime di esenzione Iva rientrano nell’attività di compravendita (Codice Ateco 68.10.00), mentre le cessioni di fabbricati di diversa categoria catastale che si intendono porre in essere (a seguito della riqualificazione degli stessi) rientrano nell’attività di sviluppo e riqualificazione (Codice Ateco 21.20.00).

Viene precisato, infatti, che l’attività di sviluppo e riqualificazione risulta caratterizzata da un codice ATECO diverso da quello di compravendite e locazioni, essendo riconducibile al codice dedicato alla “costruzione di edifici residenziali e non residenziali” che, oltre alla costruzione di edifici in senso stretto, comprende anche lo “sviluppo di progetti immobiliari con costruzione”.

È stata quindi riconosciuta la possibilità per il fondo di separare le attività, trattandosi di attività contraddistinte non soltanto da differenti codici ATECO e da distinti regimi fiscali applicabili (esenzione e imponibilità Iva), ma anche da differenti categorie catastali degli immobili.

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