IL QUADRO RH DELLA SOCIETA’ SEMPLICE AL NODO DEL REGIME FORFETARIO E DI VANTAGGIO

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In tema di cause ostative all'applicazione del regime forfetario e, in particolare, di quella di cui alla lettera d) del comma 57 dell'articolo 1 della legge n. 190 del 2014, è previsto, tra le altre cause, che non possano avvalersi del regime agevolato gli esercenti attività d'impresa, arti o professioni che partecipano contemporaneamente all'esercizio dell'attività, a società di persone, ad associazioni o a imprese familiari di cui all'articolo 5 del TUIR.

Con la circolare n. 9/E del 10 aprile 2019 è stato tuttavia chiarito che non costituisce causa ostativa la partecipazione in società semplici, tranne nei casi in cui le stesse producano redditi di lavoro autonomo o, in fatto, d'impresa.

Ciò ovviamente equivale ad affermare, nel caso di società semplici di cui un forfetario fosse socio e che non producesse redditi d'impresa o di lavoro autonomo (qui rammentandosi che le società semplici non possono svolgere attività commerciale in base al disposto dell'articolo 2249 del codice civile e, di conseguenza, non producono reddito d’impresa), che ben possa trovare applicazione con riferimento ad un medesimo periodo di imposta anche il regime dei contribuenti forfettari (e anche di vantaggio).

Come noto, il reddito imputato al socio di società di persone ha natura di reddito di partecipazione, una categoria di reddito che non esiste nel TUIR, per cui per le partecipazioni in società semplici occorre rifarsi alle categorie di reddito corrispondenti alla tipologia di attività e alle operazioni che hanno dato luogo ai redditi. Così la società semplice può imputare:

- redditi di lavoro autonomo, se ha ad oggetto lo svolgimento di attività professionali;
- redditi fondiari, se ha ad oggetto l'attività agricola, o detiene per il mero godimento immobili;
- redditi di capitale, se detiene attività finanziarie dalle quali percepisce i frutti (dividendi o interessi);
- redditi diversi di natura finanziaria o immobiliare, se essa cede partecipazioni o immobili realizzando plusvalenze.

Rispetto allora alla questione dell'applicabilità di regimi agevolati connessa al possesso di partecipazioni in società semplici, una fuorviante interpretazione della norma in alcuni casi porta erroneamente l'Amministrazione finanziaria a ritenere che la mera partecipazione in una società semplice debba automaticamente integrare una causa ostativa (salvandosi solo un eventuale natura fondiaria del suo reddito imponibile), senza invece ulteriormente ed adeguatamente valutare anche altre tipologie di reddito (e, semmai, anche la stessa significatività dell'ammontare di reddito imputato al socio dalla società partecipata).

Tale contestazione dell'Agenzia delle Entrate non può essere allora certamente condivisa nella misura in cui una partecipazione ad una società semplice determinasse l’attribuzione al socio-contribuente forfetario non solo di un reddito fondiario, ma anche di capitale o diverso nonché, a parere di chi scrive, anche di un reddito esiguo e banale.

Infatti, come già precisato dalla ris. Agenzia delle Entrate n. 146/2009, anche con riferimento all’analoga causa ostativa prevista nel regime dei contribuenti minimi ex L. 244/2007 (poi regime di vantaggio ex DL 98/2011), per l’Amministrazione finanziaria la ratio della causa di esclusione in argomento è sicuramente quella di evitare che redditi appartenenti alla medesima categoria, d’impresa o di lavoro autonomo, siano assoggettati a due regimi di tassazione differenti.

Sebbene allora la finalità della causa di esclusione punti genericamente ad evitare che redditi conseguiti nello stesso periodo d'imposta e imputabili al medesimo contribuente siano assoggettati a due diversi regimi di tassazione, non può però sfuggire che l’autentica ratio della norma possa essere invece meglio ravvisata nell’introduzione di una causa ostativa che intende rispondere soprattutto alla finalità “di evitare artificiosi frazionamenti delle attività d’impresa o di lavoro autonomo svolte” e non già solo ad evitare che nel medesimo anno in cui è applicato il regime di favore non siano contemporaneamente compilati i quadri LM e RH della dichiarazione dei redditi.

Qualora, allora, detta autentica ratio venisse elusa ben potrebbero generarsi casi in cui la contestazione di decadenza da regimi di fiscalità forfetaria e/o di vantaggio, più che un aggravamento dell'obbligo impositivo andrebbe a costituire una vera e propria sanzione impropria e sproporzionata nei confronti di soggetti che non avevano certamente alcuna volontà di aggirare le condizioni prescritte dalla legge vale a dire quelle, nell'assumere una posizione di socio di società semplice, di generare artificiosi frazionamenti delle attività d’impresa o di lavoro autonomo svolte.

Si pensi, allora, ad un contribuente in regime di vantaggio e socio di una società semplice amministratrice statica di società fiduciarie al quale, in un medesimo periodo di imposta (ad es. il 2017), fosse pervenuta un’imputazione reddituale per trasparenza, correlata alla percezione di dividendi da tale società (priva di partita iva e con mero codice fiscale). Redditi, peraltro, alquanto esigui e dichiarati al quadro RH quali redditi di partecipazione.

In una posizione fiscale come quella prospettata,  qualora l’Amministrazione finanziaria proponesse una contestazione del regime agevolato incontrerebbe i limiti non solo dell'illegittimità ma anche dell’irragionevolezza, andando infatti a colpire un contribuente minore tramite una declaratoria di decadenza dall’agevolazione fiscale derivante non solo dall'abbaglio di aver qualificato reddito di impresa o di lavoro autonomo quello che invece è un reddito di capitale, ma anche da un’’applicazione di una causa ostativa azionata in maniera contraria allo stesso spirito della legge.

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